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Sacro Monte, gran teatro montano

Fede, storia, arte, natura. La montagna varesina è un unicum divenuto Patrimonio dell'Umanità. E che attende di essere riscoperta.

"Patrimonio", cioè "segno". Qualcosa di "piccolo" che rimanda a qualcosa di "grande".
Di molto più grande. Il Sacro Monte di Varese rientra dal luglio scorso nel sostanzioso (più di 600 siti) e sostanziale (dalle Piramidi d'Egitto ai Sassi di Matera) novero del Patrimonio Culturale e Naturale dell'Umanità gestito dall'Unesco. Testimonianze della natura, della storia, dell'arte da additare al mondo intero, alle generazioni presenti e future.
Ma, nel nostro caso, c'è qualcosa in più.
Il "gran teatro montano", come mirabilmente ebbe a definirlo a metà degli Anni Sessanta Giovanni Testori, è certo un concentrato singolare, un unicum in cui la rigogliosità dell'ambiente e la genialità dell'espressione artistica si sono date la mano inventando un'armonia di forme e di colori che non ha eguali.
Sacri Monti delle Alpi
Eppure tutto ciò, che pure è già molto, sembra non bastare a definire l'essenza del Sacro Monte. Anzi dei Sacri Monti, perché l'Unesco ha concesso contemporaneamente il proprio benestare all'intero sistema sacromontino che, come i grani d'un rosario, copre il sistema morfologico delle Alpi e Prealpi occidentali. Caso unico al mondo.
L'agenzia delle Nazioni Unite per la Cultura ha riconosciuto più ancora l'origine, la radice, l'essenza da cui anche il "nostro" Sacro Monte è scaturito. Che è, con tutta evidenza, religiosa dopo che l'intuizione di suor Tecla Maria Cid e di padre Aguggiari si unirono ad inizio Seicento nel tentativo di proporre al contempo un cammino del corpo e dello spirito. Come se la memoria dei suoi natali fosse tanto palese da non poter più essere sottaciuta, da non dover essere dimenticata. In un trionfo di bellezza che non può essere fine a se stesso e che, infatti, rimanda a Qualcosa di più che il credente scrive con la Q maiuscola.
Un angolo di Varese nel mondo
E' evidente la soddisfazione di tutti coloro che hanno a cuore quest'angolo di varesinità; ad iniziare dalla Fondazione Paolo VI cui è affidata la cura dell'intero complesso, con alla testa l'artefice della rinascita sacromontina, monsignor Pasquale Macchi; per proseguire con l'amministrazione civica (che ha promesso di riaprire anche il secondo tronco funicolare), gli enti, le associazioni (prima fra tutte gli Amici del Sacro Monte), semplici cittadini che da generazioni ripetono il gesto della salita lungo il Viale delle Cappelle, cammino sacro dedicato ai Misteri del Rosario. Gesto semplice, invito aperto a tutti e a ciascuno.
Grazie all'Unesco riscopriamo di avere dietro l'angolo di casa una testimonianza culturale, variamente intesa, che l'umanità ci invidia, fatta di cappelle, di statue, di dipinti, di natura, di silenzio, di musei che hanno da poco riaperto i battenti (il Baroffio e del Santuario, particolarmente dedicato alle opere d'arte mariane) e di altri che si accingono a farlo (fra un anno e mezzo sarà al volta del Pogliaghi). Per di più inserita in un parco naturale regionale, quello del Campo dei Fiori.
"Segno" per tutti gli uomini
Certo i problemi non mancano e non vengono cancellati di colpo grazie all'Unesco; da decenni si parla di parcheggi insufficienti, di esercizi pubblici di base inesistenti, di una vita sociale che langue e si rinvigorisce solo nei fine settimana e durante la bella stagione, di iniziative culturali che bisognerebbe prendere e che sarebbe stato meglio non prendere. Se ne parlerà ancora, complice il duplice anniversario ormai prossimo del novembre 1604 con l'inizio dei lavori per il Viale e del 25 marzo 1605 con la posa della prima pietra alla Cappella dell'Annunciazione. Quattro secoli più tardi, il "nostro" Sacro Monte sfida il tempo e continua ad essere "segno" per tutti gli uomini. Nessuno escluso.

La "Fuga in Egitto" di Renato Guttuso (1912-1986) alla terza cappella del Sacro Monte è una delle opere d'arte più celebri del complesso e compie quest'anno il suo ventesimo compleanno. Non solo si tratta di un'opera di grande impatto, ma è anche testimonianza dell'amore dell'artista per le nostre zone. I lunghi soggiorni estivi a Velate del pittore sono ricordati anche dallo splendido tramonto molto amato da Testori.
Il ventesimo anniversario di quest'opera non è, tuttavia, l'unico compleanno illustre al Sacro Monte: l'anno prossimo il Viale delle Cappelle celebrerà, infatti, il 400esimo anno dalla costruzione.
Un buon piatto tra affreschi liberty e dolci paesaggi

Cercano il rilancio di qualità, gli esercizi alberghieri del Sacro Monte. E per dare il buon esempio, il Borducan della famiglia Bianchi ha rinnovato da un paio d'anni in qua tutto l'arredamento, rifatto le camere, rinvigoriti gli affreschi avendo a cuore il rispetto dello stile liberty originario. Un'impresa economica e culturale non di poco conto, ma che fa del piccolo esercizio sacromontino una struttura di charme e pertanto adeguato anche nel prezzo. Le cose belle, fatte salve le dovute eccezioni, come sappiamo, si pagano. Ma per una colazione leggera, uno spuntino energetico che non pesi né sullo stomaco né sul portafoglio, la famiglia olandese che lo ha preso amorevolmente in gestione, sa offrire le portate giuste, "condite" da un'atmosfera unica rappresentata dalla sala rotonda e dalla balconata aperta sulla valle, i laghi, le montagne.
Sull'altro lato del borgo, direttamente lungo l'ultimo tratto del Viale delle Cappelle e con il Monte Generoso a fare da sfondo, ancora un locale storico del Sacro Monte è rappresentato dal ristorante Montorfano, noto anche per l'ampia e soleggiata terrazza disposta sopra la valletta della Rasa; prezzi contenuti e cortesia rendono piacevoli piatti tipici della cucina altolombarda, tra pastasciutte, risotti e polenta. Il resto è un paesaggio splendido, dolcissimo tra fine estate e primo autunno, da assaporare assieme ad un calice di buon vino.
Pagine di fede, storia, arte, cultura

Molto vasta si presenta la bibliografia riferita al complesso monumentale sacromontino. Troppo per poter essere ricordata in questa sede, dove infatti ci limitiamo a cinque titoli tra gli ultimi pubblicati, tutti di notevole spessore culturale e ricchi di splendide immagini in parte firmate da Vivi Papi.
Di Franco Restelli (per le fotografie) e Paola Viotto (per i testi) è "Sacro Monte di Varese. Il Santuario, il Monastero, le Cappelle", edito da Macchione nel 1997, di cui scrive monsignor Macchi in presentazione: "Queste pagine aiutano a una nuova visitazione della ricchezza estetica e spirituale che Varese offre al suo Sacro Monte a chiunque voglia lasciarsi commuovere".
Tre anni più tardi Nicolini ha pubblicato "Affreschi del Sacro Monte di Varese", analisi accurata di Roberta Corsini sulle testimonianze che decine di artisti fra Sei e Settecento hanno lasciato nelle Cappelle, in Santuario e nei locali del Monastero di clausura. Apporto niente affatto secondario eppure poco noto, per il quale si addice la domanda sull'intero Sacro Monte riportata in fase di presentazione da Dante Isella: "Questo monumento di una storia tanto antica, che ci riguarda così da vicino, non merita forse di essere meglio conosciuto, da noi e da tutti?".
Nel settembre 2000 ha visto la luce "Santa Maria del Monte sopra Varese. Il monte sacro Olona e il Sacro Monte del Rosario", che fin dal titolo rivela come Carlo Alberto Lotti abbia inteso proporre una storia concepita in modo diverso dal consueto, partendo da riferimenti singolari (ma scientificamente accertati) e di eccezionale ricchezza. "Alla consultazione tematica per una consultazione più agevole - scrive lo stesso Autore in premessa - si aggiunge una differenziazione nel corpo del testo e nel colore per evidenziare ciò che è indispensabile sapere e ciò che potrà essere letto come approfondimento".
Un'autentica chicca è rappresentata da un cofanetto comprensivo di quattro fascicoli che le Romite Ambrosiane e Nicolini Editore diedero alle stampe per l'Annunciazione, la Pasqua, l'Addolorata e il Natale 2001, dedicandole rispettivamente alle ancone lignee della Crocifissione e della Flagellazione, alle statue lignee del Calvario e alle terrecotte dipinte del Presepio: opere comprese tra la fine del XV e l'inizio del XIX secolo, conservate nello stesso Monastero. "Segno dell'irrinunciabile sguardo - scrivono le Romite - al mistero salvifico di Cristo che accomuna quanti a lui guardano: credenti o ricercatori della Verità, amanti della Bellezza che salva o semplici cultori d'arte".
Ancora un titolo curioso o perlomeno accattivante ha scelto infine Silvano Colombo per il suo "Sculture dei Sacri Monti sopra Varese", uscito nel 2002 ancora per i tipi di Nicolini. Laddove il plurale indica la presenza, in origine, di più luoghi di devozione popolare. Un atto d'amore, come in fondo ammette lo stesso Autore fin dalle prime pagine, non soltanto verso "il tema principale della Fabbrica, quello attraverso il quale si svolgeva (perché al passato?, ndr) il vero e proprio messaggio di propaganda della Fede e di accensione della devozione popolare", ma verso l'intero Sacro Monte. Una presenza che, per dirla con lo stesso Colombo, "modella" la vita.

09/25/2003

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