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Testori e i tramonti di Varese Varese, sesta tappa della mostra itinerante dedicata a Testori, scrittore e pittore, critico d'arte e opinionista, attore e sceneggiatore. Una vita all'insegna della curiositas. "…è uno dei posti del mondo dove ci sono i più bei tramonti che abbia mai visto. Non c'è volta che attraversi la zona del Varesotto, verso il lago, che io non venga colpito, lacerato da quelle incredibili sere." Tra i tanti giudizi positivi espressi da Giovanni Testori verso la tranquilla e riservata Varese, è questo certamente il più ricordato. E non fu forse un caso se, al tramonto della propria esistenza, dopo l'annuncio di un male che non l'avrebbe più lasciato, Testori venne a rifugiarsi proprio qui, cercando pace e sintonia in quei suoi celebrati e lontananti crepuscoli. Per questo non poteva non esserci Varese - sesta tappa tra le città designate da una mostra itinerante partita nel marzo del corrente anno da Bergamo - a ricordare, dieci anni dopo la morte (16 marzo 1993), la grande, ricca personalità di un uomo che ha saputo essere interprete del suo tempo a pieno titolo: vivendolo da artista e da intellettuale (difficile dire se in lui abbia prevalso l'uno o l'altro aspetto) e rappresentandolo contemporaneamente con gli strumenti della critica, della scrittura, della pittura, dell'arte teatrale. Fu Testori tante cose insieme: narratore e critico d'arte, pittore e attore, regista e sceneggiatore, giornalista e commentatore controcorrente. Allievo prediletto di Roberto Longhi e scoperta letteraria di Vittorini debuttò nei Gettoni di Einaudi con "Il dio di Roserio" - in teatro fu compagnon de route di Mario Missiroli e Luchino Visconti, di Franco Parenti e Branciaroli, con cui fondò la Compagnia degli Incamminati. E dopo la tragica morte di Pasolini, ne prese il posto sulle pagine del Corriere. Ci si accorge, scorrendo il libro della sua esistenza, come i numerosissimi interessi fecero sì che fosse di casa un po' ovunque. Ecco perché la mostra itinerante dedicata a Testori può ben evidenziare la ricchezza di un uomo, infaticabile viaggiatore della vita, il cui passaggio seppe toccare e arricchire molti luoghi della semina del suo ingegno e della sua curiositas di individuo autenticamente colto. Il suo primo interesse fu per la critica d'arte, esercitata con grande passione verso il Seicento Lombardo, e soprattutto verso quei "pestanti" (la definizione fu sua) pittori della peste. Ma dall'apprendistato con Longhi erano venuti ampi studi sull'arte lombardo piemontese - dal cinque al settecento: Gian Marino Spanzotti e Gaudenzio Ferrari, Cerano e Tanzio da Varallo, Daniele Crespi e Cairo, Ceruti e Fra' Galgario. | ||||||||
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