Varesefocus.
Unione degli Industriali della Provincia di Varese
Varesefocus

 
 

Lo chiamavano "sancarlin"

Dall'antica tradizione dello spalmabile dal carattere aspro e piccante come il Santo Borromeo, rifiorisce nel Varesotto la produzione di formaggi tipici locali. Lo stracchino va a ruba nei supermercati, nascono nuovi caseifici, nei mercatini si assaggiano la formaggina, le tome e i caprini di Valcuvia e Val Veddasca e si prospetta di tornare a produrre il taleggio.

Varese scopre il business dei suoi formaggi. Dai caprini della Valcuvia al gorgonzola Dop, lo dicono le vendite, soprattutto nei supermercati. Prima c'era solo la vaschetta confezionata, ora l'Iper mette in vetrina al banco della gastronomia la forma intera di gorgonzola fresco e cremoso, fatto con il latte di Varese e avvolto in fogli d'alluminio con la G del Consorzio di tutela. E' profumato e invitante: la gente lo vede, lo prova e lo compra. "Il gorgonzola sviluppa un business di 100mila euro senza contare la produzione di crescenza e mozzarella - spiega Carlo Crosti, direttore commerciale della Prealpina Latte (fatturato 11milioni di euro) che mette il marchio al gorgonzola varesino - Abbiamo iniziato in punta di piedi in un centinaio di negozi, ma i volumi si fanno nella grande distribuzione e una grossa mano ce la danno proprio l'Iper, Esselunga e, forse, prossimamente il Tigros".
Il mercato risponde bene. In pianura e nelle valli nascono nuovi caseifici, nei negozi e nei mercatini rionali si riassaggiano dopo molto tempo la formaggina di Osmate, le tome e i caprini della Valcuvia, la formaggella e la ricotta del Luinese e si parla di tornare a produrre il taleggio: "E' vero - conferma l'assessore provinciale all'agricoltura, Bruno Specchiarelli - negli anni '30 il gorgonzola veniva stagionato nelle Grotte di Valganna e la Prealpina Latte, che allora si chiamava Pascoli Prealpini, produceva il taleggio. Stiamo facendo ricerche storiche in Camera di Commercio e negli archivi di Villa Recalcati per trovare la documentazione. Poi potremmo imboccare la strada della Dop per il taleggio come abbiamo già fatto per la formaggella di Luino".
Amministratori pubblici, associazioni, imprenditori artigianali e industriali: c'è voglia di rilancio. Un'azienda di Rancio Valcuvia, la Formaggeria Aristeo di Paolo Satta - un ex veterinario datosi all'arte dei sieri e delle cagliate di latte - negli ultimi mesi ha fatto incetta di premi. L'ultimo risale all'Exposapori di Milano. Una giuria di gastronomi ha incoronato la sua robiola di crosta fiorita, assegnandogli il 1° premio tra i prodotti in gara da tutta la Lombardia.
Il formaggio premiato si chiama Bedura, betulla in dialetto. Profuma di foglia e di corteccia bagnata, un aroma muschiato, autunnale, tipo il francese Camembert. Con un altro capolavoro, la Capriola a pasta molle invecchiata in foglia di castagna, l'ex veterinario ha vinto il 1° premio al Mipam 2004 di Luino.
NUOVI IMPRENDITORI
Paolo Satta ha una storia curiosa, pionieristica. Da apprezzato veterinario a Germignaga si è trasformato un paio d'anni fa in formaggiaio, dopo aver girato in lungo e in largo la Francia, a caccia di profumi e sapori nei caseifici che producono Roquefort, Camembert, Caprice des Dieux e Brie. Quarantaquattro anni, sposato e padre di quattro figli, in meno di un anno ha messo in piedi con il socio Paolo Carcano un modernissimo caseificio artigianale di 200 mq, sfruttando un finanziamento per avviare un'attività produttiva nella zona depressa "Obiettivo 2" (il fondo di rotazione comunitario, gestito dalla Regione Lombardia, che presta soldi per creare lavoro).
Gli servivano 500mila euro per acquistare il capannone, ristrutturarlo e attrezzarlo, comprare due furgoni con i serbatoi in acciaio inox che all'alba vanno a prendere il latte fresco di capra dai produttori e, dopo la lavorazione, consegnano i formaggi ai clienti. Poi centrifughe, caldaie, celle frigorifere, impianto di condizionamento dell'aria, materiali isolanti, stampi e attrezzi di lavoro. Tutto molto moderno, in linea con le norme d'autocontrollo igienico-sanitarie Haccp.
Oggi la Formaggeria della Valcuvia produce ghiottonerie per negozi specializzati e ristoranti: morbidi caprini dal sapore piacevolmente acidulo o speziati con erba cipollina, lauro, ortica, pepe e prezzemolo; e ancora la ricotta di solo siero, la dolce e aromatica toma, il piccante tronchetto di capra e la cremosa capriola dalla crosta fiorita.
"Il nostro obiettivo è di creare un business interessante, ma anche di dare impulso alla cultura dei prodotti del territorio - spiega Satta. - Lavoriamo 300 litri di latte crudo al giorno, senza pastorizzarlo e senza uccidere i batteri. Nel latte restano i fermenti lattici che esprimono al massimo la complessità dei sapori e degli aromi. Sulla crosta si creano muffe naturali che si possono mangiare, ad eccezione della toma. La produzione è di 50 chili di formaggi, ma il caseificio potrebbe produrre cinque, sei volte tanto. Fino a 500 chili al giorno".
ALPEGGI E TRINCEE
Fra alpeggi e trincee della Linea Cadorna, nelle valli luinesi è fiorente la produzione di tome, caprini e robiole, caciotte, tomini e il piccante sancarlino. Le aziende allevano capre di razza nera Verzasca e trasformano il latte. Spesso si trovano in luoghi magici e isolati, dove si possono ancora gustare prelibatezze d'altri tempi: come Monteviasco, l'unico borgo del Varesotto che non si può raggiungere in auto. Per arrivarci bisogna scarpinare lungo una scalinata di 1440 gradini. Celebri i suoi tomini, su cui puntano l'Unione provinciale degli agricoltori e la Camera di Commercio di Varese per ottenere la Dop, con il contributo della facoltà d'agraria dell'Università Statale di Milano.
Al Lago D'Elio, mille metri d'altitudine sopra Maccagno, il caseificio Manali produce caciotte e gustosi caprini al peperoncino, alle erbe di montagna, alla menta, all'uva e al castagno. L'azienda agricola Caprivalcuvia di Paride Peloso, a Rancio, è invece famosa per la ricotta di latte di capra. Il siero che resta lavorando la formaggella viene ricotto fino all'ebollizione. Si mangia dolce o salata, oppure si utilizza in cucina per preparare ripieni, ravioli, tortelloni o torte.
Il segreto di questi formaggi sta nell'allevamento degli animali. L'alimentazione a base d'erba che cresce sui pascoli arricchisce il latte di profumi e aromi e dà vita a saporite varietà di caprini a pasta fresca e stagionata, facili da digerire e ricchi di sali minerali e di vitamine. Il consumo è consigliato addirittura ai bambini e agli anziani.
ATTENZIONE ALLE REGOLE
Ricca è la gamma dei prodotti. La formaggella è fatta con latte intero di capra, con aggiunta di caglio e di sale. E' gradevole e aromatica, adatta all'alta ristorazione. I caprini si lavorano invece con latte di capra crudo, senza fermenti e senza caglio. A tavola sono versatili, si mangiano lisci o conditi con un filo d'olio e pepe, oppure aromatizzati con la cipolla. Si usa anche stagionarli in vasi di vetro sott'olio, con foglie d'alloro e pepe nero. In questo caso acquistano, in quattro-sei mesi, un sapore originale.
"La richiesta di questi formaggi cresce di giorno in giorno ma, con essa, deve aumentare il rispetto per le regole da parte di chi produce - ammonisce Ignazio Bonacina, direttore della Coldiretti di Varese coinvolta anche nel progetto per il rilancio del taleggio. - E' necessario, per esempio, che i produttori di formaggella del Luinese si attengano scrupolosamente al disciplinare. Basta nulla per perdere la fiducia dei consumatori".
D'estate si può trovare in vendita sulle bancarelle delle sagre paesane la specialità di Angera, la formaggina di latte vaccino, una prelibatezza che si gusta con la cipolla rossa tagliata fine, pepe, sale ed olio extravergine. E' un delicato ed aromatico formaggio spalmabile, che a Travedona chiamano burrino per l'aroma che ricorda il profumo del burro. Fatta maturare con sale e pepe per quattro settimane, assume un gusto deciso e forte e diventa il mitico sancarlino, aspro e piccante come il carattere del santo da cui prende il nome. E' ottimo con il pane o con la polenta.
Uno degli ultimi produttori di formaggina è l'azienda Norden della famiglia Ribolzi a Osmate, cinque dipendenti con caseificio e spaccio che trasforma 60-70mila litri di latte proveniente dalle stalle varesine. Il caseificio è specializzato in formaggi molli. Produce anche tome nostrane di latte intero e la formaggella giovane tipo Belpaese, morbida e cremosa. Ancora, prepara la crescenza, la ricotta, il caciocavallo e la mozzarella fatta a mano (bocconcini, nodini, treccia e burrata farcita con panna fresca e mozzarella sfilacciata). A Natale, vende mascarpone e "maialini" di scamorza.

Varese capitale del burro

Se sempre più spesso si leggono notizie riguardanti la produzione artigianale di formaggi tipici nella provincia di Varese, forse non tutti sanno che le nostre imprese industriali del settore lattiero-caseario primeggiano, in Italia, nella produzione del burro destinato al consumo diretto. Questo mercato, infatti, vede come indiscusso leader nazionale la Prealpi di Varese, con oltre il 10% di quota in volume, seguita dalla Campo dei Fiori di Daverio; a completare il quadro non vanno dimenticate altre realtà locali come la Norden di Osmate. Si tratta di una sorta di polo che prende origine addirittura nei lontani anni '20, e che negli anni del dopoguerra aveva visto nascere diverse altre aziende (Lago Di Monate, Burpanna) oggi non più operanti. Quelle rimaste, però, dimostrano una notevole vitalità ben testimoniata dalle quote di mercato e dal livello di occupazione (più di 200 addetti), e portano anch'esse il "made in Varese" in tutta Italia.

02/25/2005

Editoriale
Focus
Economia
Inchieste
L'opinione
Territorio

Politica
Vita associativa
Formazione
Case History
Università
Storia dell'industria
Natura
Arte
Cultura
Costume
Musei
In libreria
Abbonamenti
Pubblicità
Numeri precedenti

 
Inizio pagina  
   
Copyright Varesefocus
Unione degli Industriali della Provincia di Varese
another website made in univa