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Impresa, quanto mi costi...

In una ricerca condotta da LIUC e Gruppo Formula, un quadro delle diverse modalità di calcolo dei costi delle imprese. Vecchi e nuovi strumenti a confronto.

Un richiamo ad innovare i metodi di calcolo e gestione dei costi nelle imprese italiane, mettendo da parte strumenti ormai desueti per "sposare" la strada della complessità e della personalizzazione del prodotto.
E' il contenuto di una ricerca condotta nel 2006 dalla LIUC in collaborazione con il Gruppo Formula, principale produttore italiano di Enterprise Resource Planning: coordinatori il prof. Alberto Bubbio e l'Ing. Umberto Rubello, docenti LIUC, che ne hanno recentemente reso noti i risultati.
Obiettivo era valutare come le imprese italiane procedono nel calcolo dei costi, a partire dall'osservazione di una serie di casi aziendali.
Uno studio, quello della Cattaneo, che ha un precedente solo negli anni '60 e che fotografa in maniera esaustiva le tendenze presenti nel business italiano.
Decisamente eterogeneo il campione analizzato, comprendente ben 350 imprese, prevalentemente di piccole e grandi dimensioni, appartenenti a diversi settori merceologici: industria (69%), distribuzione (13%), servizi (16%), edilizia (2%).
Un primo dato significativo è quello inerente la diffusione della Contabilità Analitica (CO.A).: l'85% del campione la utilizza, mentre il rimanente 15% risulta sprovvisto di un sistema strutturato di costing.
Ma su quali oggetti vengono elaborate le informazioni della CO.A.?
Anzitutto sui prodotti (25%) e sui centri di costo (26%), ma anche su nuovi oggetti di calcolo quali i clienti (10%) e le attività e i processi (10%).
L'impresa inizia quindi a comprendere, se pur con una certa lentezza, che i costi non sono generati tanto dai volumi di produzione e di vendita, driver tradizionalmente considerati determinanti, quanto dalle richieste dei clienti e dalla complessità dei prodotti.
Anche i progetti (11%) diventano un oggetto rispetto al quale rilevare le informazioni, insieme ai centri di responsabilità (13%) e a oggetti quali aree di business e canali di vendita (5%).
Quanto alle modalità e ai tempi di rilevazione, la larga maggioranza (64%) delle imprese coinvolte nell'indagine effettua un controllo mensile; nel 97% dei casi l'attività di rilevazione è demandata all'area Amministrazione e Controllo di Gestione.
La ricerca mette a fuoco con precisione i metodi utilizzati per il calcolo dei costi: il più diffuso è certamente quello del calcolo a costo pieno (full costing), in cui il driver è ancora rappresentato dai volumi, applicato dal 63% del campione e che attribuisce all'oggetto di calcolo tutti i costi di lavorazione.
Seguono il metodo del calcolo a costi specifici (traceable costing o direct costing evoluto), applicato invece dal 28% delle imprese che hanno una CO.A e il metodo a costi variabili (direct costing semplice), utilizzato dal 9% delle imprese.
La ricerca ha teso ad evidenziare l'interesse mostrato dalle imprese italiane per l'Activity Based Costing e Process Costing.
Chi sceglie questo metodo lo fa perché cerca una maggiore accuratezza nel calcolo del costo dei prodotti, per la possibilità di calcolare il costo della gestione della clientela, dei canali di vendita e dei marchi, per acquisire una maggiore consapevolezza del consumo di risorse da parte delle attività e dei processi aziendali o per esplicita richiesta della casa madre.
Altre ricerche condotte in Paesi come l'Inghilterra o la Germania hanno evidenziato la necessità di passare definitivamente dalle vecchie logiche del cost control alle nuove del cost management, da un sistema in cui si pone l'accento sul "dove" si consumano le risorse ad uno focalizzato sul "perché".
La ricerca ha messo in luce un panorama in cui molti imprenditori continuano a fare scelte sbagliate in materia di calcolo dei costi, tarpando le ali alle loro aziende specie sul versante della creatività, senza tener conto in maniera adeguata dell'evoluzione della clientela, di come siano richiesti prodotti sempre più personalizzati, in grado di generare prima di tutto emozioni.
Tutti i settori merceologici devono mettersi nell'ottica di una definizione dei costi che parta dal prezzo di mercato per determinare il prezzo di costo, attraverso un listino di optionals che non deve essere più patrimonio esclusivo di alcuni settori, come quello automobilistico.
La limitata diffusione di strumenti innovativi di calcolo è riconducibile principalmente a una scarsa conoscenza degli stessi e dei connessi strumenti informatici e al fatto che i volumi di produzione e vendita vengano ancora considerati come le principali determinanti dei costi.
Tuttavia, si registra un ampio potenziale di miglioramento e uno sforzo in atto da parte delle imprese nel porre sotto stretto controllo i costi aziendali.
Un impegno collegiale necessario per rimanere competitivi in un contesto quanto mai dinamico e imprevedibile quale è il mercato.

09/21/2007

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