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Splendide ville "industriali”

Continua il viaggio di Varesefocus alla riscoperta delle più belle ville del Varesotto. A Gallarate e Busto Arsizio, due giardini un tempo di proprietà di imprenditori che hanno avuto larga parte nell'economia della nostra provincia.

Nel 1769, nella zona di Busto Arsizio, Gallarate, Legnano, patria dell'industria cotoniera che assorbiva l'abbondante manodopera che la sterile brughiera non richiamava all'agricoltura, un'inattesa rivelazione: 600 ditte con 7.000 addetti alle fabbriche di fustagno che esportavano i prodotti negli Stati Sardi. Poco più tardi (1791), il tedesco Giovanni Adamo Kramer introdusse per primo in Italia le macchine per "filare il bombace”, subito seguito dal compatriota Federico Schmutz che nel 1795 fece giungere a Milano le prime autentiche macchine tessili. L'industria del cotone, nata in Inghilterra, approdò in modo stabile in Italia agli inizi del XIX secolo, trovando condizioni di sviluppo particolarmente propizie in terra lombarda. Sfruttando abilmente una felice situazione ambientale - fatta non solo di un particolare clima socio-politico, ma anche di un complesso di favorevoli fattori geografici, quale ad esempio l'energia idrica dei corsi d'acqua - alcuni coraggiosi imprenditori svizzeri e lombardi diedero vita a un'attività in grado di far compiere un balzo in avanti all'intera economia della regione. Fra i pionieri in terra varesina e alto milanese vanno ricordati fra gli altri: Andrea Ponti a Gallarate, Pasquale Borghi a Varano, Costanzo Cantoni a Legnano, i Bassetti a Gallarate, membri di solide famiglie di industriali del cotone, oltre che promotori di grandiose residenze private con giardini allora all'avanguardia in Italia.

GIARDINO BASSETTI DI GALLARATE
Giovanni Bassetti, nato nel 1851, acquistò la fabbrica che era stata dei Baroncini nel 1885. La famiglia dei Bassetti era originaria di Arnate (oggi frazione di Gallarate) e possedeva fondi nella cosiddetta "Costa”, vicina all'attuale "Istituto Filosofico Aloisianum”, nato grazie al mecenatismo della famiglia. Qui sorgeva, fin dal Settecento, una bella residenza estiva dei nobili gallaratesi Rosnati, denominata appunto "La Costa”, che sul finire del secolo scorso fu acquistata e poi ampliata dai Bassetti, da quel momento detti appunto "Bassetti della Costa”. Fu poi di Giovanni Bassetti l'idea, nel 1979, di donare al Comune di Gallarate gran parte del giardino di famiglia, posto nella ridente località "Ronchi”. L'anziano cavaliere del lavoro, nato a Crenna di Gallarate nel 1893, addivenne appunto alla determinazione di alienare il giardino "senza pattuizione di alcun corrispettivo... a vantaggio della collettività ed a fine pubblico, essendo vincolato a verde pubblico”. Da quel momento l'area - della superficie di 3,56 ettari - diventò di proprietà pubblica. L'insolita varietà floristica, che tuttora caratterizza il giardino, riflette una precisa volontà espressa dai Bassetti in un'epoca - la seconda metà del secolo scorso - in cui la ricerca di un raffinato esotismo vegetale contagiò più di un ricco industriale, come era avvenuto nel caso dei Ponti a Biumo Superiore di Varese. Un lungo e alto muro di recinzione nasconde, lungo la via Carlo Noè, l'area che, estendendosi dapprima su un largo pianoro, sale poi sulle falde della collina che ancora oggi appare disseminata delle più belle ville e giardini della città di Gallarate. Accanto all'ingresso principale inferiore, sulla sinistra si sviluppa una serie di aiuole irregolari prevalentemente decorate con essenze arboree: conifere e caducifoglie (Quercus rubra, Fagus sylvatica f. purpurea, Tilia tomentosa, Ulmus minor), cui fa seguito una bella macchia arbustiva di spiree che in primavera si colora di bianco. Frontalmente verso l'ingresso si allarga l'aiuola centrale, dalla superficie più vasta, che ospita una fitta macchia di alberi di ogni tipo, tra i quali spicca un filare di tigli americani messi qui a dimora per delimitare un'area destinata ai giochi per i bambini più piccoli. In questa zona, accanto a specie anche piuttosto comuni - come alcuni bei castagni - si possono notare esemplari decisamente insoliti, come ad esempio un alto e imponente esemplare di Liriodendron tulipifera "Aureomarginatum”, alcuni arbusti di Staphylea trifolia e gli ornielli (Fraxinus ornus), rari sia allo stato spontaneo sia come piante coltivate in tutta la provincia di Varese. La caratteristica che lascia piacevolmente stupito il visitatore di questo sito è costituita, appunto, dalla varietà delle essenze che in alcuni casi rappresentano autentiche rarità. Non lontano dall'area-giochi, ad esempio, è radicato in posizione abbastanza isolata un esemplare di Gymnocladus dioica, che nella sua patria d'origine, nel centro degli Stati Uniti, fu chiamato "Kentucky Coffee Tree” perché ai tempi della guerra di Secessione le popolazioni locali tostavano i suoi semi come succedaneo del caffè. Più a ovest la successione delle aiuole, tutte irregolari nella forma, prosegue sino al limite del giardino con una serie di arbusti da fiore e da foglia: Liquidambar styraciflua, Tamarix gallica, Ligustrum lucidum "Aureovariegatum” in filare, insieme ad alberi d'alto fusto (ippocastani, soprattutto, che addirittura creano un viale) e poi ancora bagolari (Celtis australis), alcuni Fagus sylvatica f. purpurea, due splendidi Fagus sylvatica "Asplenifolia” e numerose altre specie.

VILLA ARESE - CANTONI, UNIVERSITA' CARLO CATTANEO DI CASTELLANZA
Fin dal Seicento si ha notizia della realizzazione in Castellanza di giardini signorili, ma fu nel XVIII secolo che la presenza di aree ornamentali di una certa dignità si accompagnò all'erezione di ville non meno prestigiose. Una di queste sorse, non lontano dall'Olona, per opera della ricchissima famiglia Arese, una casata che aveva annoverato gli omonimi signori della pieve di Seveso (XVI secolo), i conti di Barlassina (1666) e i conti di Castel Lambro (1627). Fu appunto il conte Francesco Benedetto Arese che a metà Ottocento vendette la villa settecentesca di Castellanza all'imprenditore Costanzo Cantoni, intenzionato a porvi la sua residenza privata, così da poter controllare da vicino gli opifici fatti costruire sulla riva destra dell'Olona. Il Cantoni - figlio di quel Benedetto che alla fine del Settecento aveva lasciato la natia Vercelli per cercare fortuna nel Gallaratese - iniziò la propria attività di industriale del cotone appunto a Gallarate, nel 1820, ma la estese poi a Legnano (1834) e infine a Castegnate, dove nel 1847 comprò quattro mulini ai quali, l'anno dopo, aggiunse il primo opificio. Fu in seguito il figlio, il barone Eugenio Cantoni, ad aumentare decisamente le dimensioni del grandioso centro industriale, quando lo ereditò congiuntamente alla sorella Virginia nel 1876 e poi, da solo, nel 1878. Il giardino, ovviamente, fu impostato secondo i modelli post-romantici dell'epoca. Entrando dall'ingresso principale e lasciando alle spalle gli immensi opifici, si abbraccia subito con lo sguardo il grande prato-parterre che fronteggia la villa settecentesca a destra. Su questo lato, così come su quello opposto, il progettista delineò due aiuole di forma irregolare, orlate da basse bordure in roccaglia, con alberi di una certa dimensione, tutti sempreverdi a prevalenza di tassi e magnolie (Magnolia grandiflora). Accanto all'aiuola di sinistra si innalzano gli edifici, anche modernissimi, del Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo (LIUC), la cui fondazione, nel 1991, ha consentito il restauro dell'intero complesso storico e quindi anche del giardino. Frontalmente, invece, la vista corre verso il punto di fuga costituito da una montagnola artificiale, che il progettista previde in questa posizione con lo scopo evidente di spezzare la monotonia del paesaggio pianeggiante. Il dosso è quasi interamente ricoperto di grossi esemplari arborei, alcuni dei quali forse nati in modo casuale, poiché un tempo sulle strutture di questo tipo il manto vegetale si limitava a piante tappezzanti o ricadenti, inserite in apposite tasche. Esternamente, sui fianchi della collina si inerpicano sentieri e scalinate il cui intricato sviluppo è ombreggiato, nella parte bassa, da arbusti e alberelli da fiore e macchie di bambù, mentre più in alto sono radicati numerosi esemplari di ippocastani, bagolari, querce, agrifogli, tassi e altre magnolie. Nel contesto della composizione, un posto di primo piano rivestono anche il grande prato-parterre e la serra. Il primo fronteggia l'edificio storico e con ogni probabilità fu sempre lasciato sgombro e pressoché privo di alberi, al fine di dare respiro tanto alla montagnola quanto alla villa. Di grande interesse è pure la serra, un elemento introdotto non solo per scopi floricoli, ma anche con intenti di arredo architettonico, se si osserva la sua collocazione spaziale non celata ma in piena vista, a strettissimo contatto con la villa, per essere ammirata da chiunque. Costruita in ferro e vetro, su un basamento in pietra, e con una porta sormontata dal monogramma "EC” (Eugenio Cantoni), il suo interno a spugna con pavimentazione in ciottoli di fiume dovette ospitare meraviglie botaniche dell'epoca. Al di là della montagnola, in direzione ovest, la restante parte del giardino si sviluppa secondo uno schema ottocentesco ormai ben conosciuto, impostato su un gioco a incastro di aiuole irregolari e curvilinee, separate fra loro da tracciati altrettanto sinuosi. Quasi sul limite occidentale di una lunga aiuola, sulla destra, è radicato l'albero più bello del complesso, un gigantesco bagolaro (Celtis australis) dalla chioma compatta e regolare.

06/20/2002

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