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Due ville in collina

Varesefocus continua la sua panoramica dei giardini più belli della provincia. Due parchi a ridosso della Città capoluogo, appartenenti a prestigiose residenze di importanti personaggi della storia varesina, accomunati dalla loro collocazione collinare.

Villa Cagnola - Gazzada
Tra i paesi che nel Settecento facevano parte del feudo della cosiddetta Valodia, no dei più vasti e fiorenti era quello di Gazzada, dove i Perabò, un casato che vantava lontanissime origini in terra varesina, possedevano terre e case. I fratelli Giuseppe e Gabrio Perabò, fra il 1740 e i 1767, ricoprirono nella città di Milano importanti uffici pubblici, che giustificavano ampiamente il loro desiderio di dotarsi di una residenza di prestigio, in cui villeggiare e ricevere ospiti di riguardo, per la cui edificazione, avvenuta verso il 1740-44, fu logico scegliere il territorio di Gazzada. Poiché non è credibile che essi ordinassero di fare tabula rasa delle proprietà preesistenti, l'ignoto progettista dovette predisporre un vasto piano di ristrutturazione, che trasformò gli antichi edifici rurali in una bella villa e i terreni agricoli in un vasto e ben delineato giardino formale. Tuttavia, i Perabò non risiedettero a lungo a Gazzada, poiché già nel 1839 la villa fu venduta al duca Lodovico Melzi conte d'Eril, i cui geometri e agrimensori stesero una mappa che rappresentava con la massima precisione tutti gli immobili oggetto dell'atto. Questo documento depone in favore di una precisa impostazione architettonica e decorativa realizzata già dai Perabò, come evidenziato anche nel famoso quadro di Bernardo Bellotto, intitolato appunto "Veduta dalla Gazzada". Un'importante variazione successiva consisté in un considerevole arretramento dell'ala occidentale della villa, con lo scopo di creare un secondo ingresso dalla strada, in modo che le carrozze vi potessero passare più agevolmente in direzione del portico a tre archi aperto su questo lato. L'impianto generale del giardino era già molto ben delineato secondo un modello settecentesco, con palese ricerca di uno stretto rapporto fra le zone ornamentali e le aree agricole. Là dove ancora oggi permangono aiuole formali in bosso, cioè lungo il fronte occidentale della villa aperto verso il lago di Varese, erano allineate cinque grandi aiuole quadrate, sotto al le quali si sviluppavano terrazzamenti, probabilmente decorati non più con piante erbacee, ma con prati punteggiati da arbusti e alberelli. Un periodo davvero cruciale per il sito fu quello che intercorse tra il 1839 e il 1860 circa: solo un ventennio, ma probabilmente con diverse novità e "aggiustamenti". Il duca Lodovico Melzi, infatti, già nel 1850 vendette il complesso a Giuseppe Cagnola, figlio di un ricco appaltatore dell'esercito austriaco, il quale nel 1853 iniziò ad ampliarlo. Nel 1856 la proprietà passò in eredità al figlio Carlo, deputato al Parlamento e senatore del Regno. Anch'egli provvide ad allargare l'estensione del grande complesso con ulteriori acquisti entro il 1886, anno in cui donò il tutto al figlio Guido, diplomatico, Sindaco di Gazzada e uomo di grande cultura e dai profondi interessi artistici. Guido Cagnola non ebbe figli e fu così che, nel 1946, donò la grande proprietà, con tutto il patrimonio artistico e storico raccolto in tanti anni, alla Santa Sede, che vi ha insediato la "Fondazione Paolo VI", un Istituto di studi superiori per l'evangelizzazione e la promozione umana. Fu Carlo Cagnola a ordinare trasformazioni sia strutturali che decorative sull'edificio, incaricando a tal fine l'architetto Luigi Chierichetti. E' facile immaginare che questo professionista - autore fra l'altro della villa e del giardino Mirabello di Varese - intervenisse anche sulle aree esterne, probabilmente sistemando e confermando le aree formali "all'italiana", ma forse impostando almeno in parte il vasto parco romantico, che tuttora ci stupisce con i suoi vasti spazi e le sue magnifiche presenze arboree. Di grande effetto sono i coni ottici e i sesti d'impianto, studiati in modo da consentire la crescita di alberi imponenti e dal portamento ineccepibile. Splendidi, fra gli altri, il vecchio cedro del Libano, l'altissimo cedro d'Atlante (Cedrus atlantica), il gruppo di faggi (Fagus sylvatica "Pendula"), l'enorme albero dei tulipani (Liriodendron tulipifera), isolato nel vasto prato, e il filare di querce rosse (Quercus rubra) lungo il confine sud-orientale.

Villa Toeplitz - S. Ambrogio di Varese
Nel 1901 l'ingegner Alfredo Speroni ricevette dalla famiglia Frey l'incarico di progettare una villa in Sant'Ambrogio Olona, a nord di Varese. Prima che divenisse di proprietà di Giuseppe Toeplitz, nel 1914, la villa, caratterizzata da facciate in mattoni a vista, era al centro di un complesso comprendente giardino, frutteto e bosco con rustici vari. L'acquisizione da parte del fondatore della Banca Commerciale Italiana segnò l'inizio di un periodo di rifacimenti e ampliamenti. Negli anni tra il 1920 ed il 1926 si realizzarono la mansarda, la sopraelevazione della torretta esistente e una cupola metallica per la collocazione di una specola astronomica. Negli stessi anni, con la collaborazione dello studio d'architettura "Adam e Collin" di Parigi fu ridisegnato il giardino-parco che nel frattempo era stato ampliato con l'annessione di alcuni terreni confinanti sino a raggiungere l'estensione di quasi otto ettari. La nuova sistemazione comportò il trasferimento del frutteto in un fondo contiguo, per raggiungere il quale fu necessario costruire un ponticello tuttora esistente, nelle vicinanze del cimitero. L'impianto fu realizzato secondo i principi del giardino "all'italiana" per quanto riguarda la zona centrale e quella adiacente agli edifici, mentre a oriente fu lasciata un'ampia area a con viali ad andamento sinuoso e quindi "all'inglese", accanto ad un bosco misto. Dal viale d'ingresso principale si apre il giardino che, a sinistra, sale verso la collina del belvedere, contrassegnato da fontane tra loro collegate mediante scalinate, con disposizione simmetrica.
Furono creati giochi d'acqua, ruscelli e fontane che, con l'aggiunta di giochi di luce realizzati con appositi filtri colorati, dovevano dar vita ad uno spettacolo serale davvero fantastico. Sulla sommità del colle furono messi a dimora cipressi in bella simmetria, anche per contornare un belvedere da cui è possibile ammirare il sottostante disegno di aiuole formali e fontane, nonché il maestoso fondale realizzato con conifere e faggi. La ricca e varia vegetazione del parco fu fortemente voluta sia da Giuseppe Toeplitz sia, soprattutto, dalla moglie Edvige Mrozowska, che nei suoi lunghi viaggi in oriente aveva affinato i propri gusti paesaggistici. Di quel patrimonio sono ancora presenti una sequoia (Sequoiadendron giganteum) lungo il lato sud-ovest della villa, diversi cedri del Libano e dell'Himalaya e soprattutto magnifici faggi, fra i quali spicca un imponente esemplare a foglia di felce (Fagus sylvatica "Asplenifolia"). Con la morte di Giuseppe Toeplitz, il complesso fu ereditato dalla moglie e dal figlio Ludovico che, dopo la seconda guerra mondiale, lo vendettero ai fratelli Mocchetti di Legnano. La proprietà passò infine, nel 1972, al Comune di Varese, che volle aprire il parco al pubblico e destinare l'edificio ad una funzione scolastica.

05/09/2002

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