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L’Europa che verrà, verrà?

La Convenzione è un momento fondamentale per l’evoluzione della Comunità Europea. Una tappa importante in un percorso che si presenta certamente difficile ma necessario per la realizzazione di una Costituzione comune che rappresenti la “missione”di tutti i paesi.

Ha mosso i primi passi la Convenzione che dovrà definire - insieme con una rilettura dei diritti dell’uomo nell’Unione Europea - il futuro costituzionale dell’Europa. Faticosamente: i componenti, tra titolari e supplenti, sono ben 207 e dovranno prima di tutto trovare un amalgama (oltre alle regole di funzionamento) fra di loro, divisi e distinti per preparazione, mentalità, ideologia, rappresentatività.
Eppure questa Convenzione è un passaggio decisivo: da essa dovrà necessariamente uscire l’indicazione delle missioni dell’Unione Europea e altresì - ed è forse il lavoro più difficile - la definizione compiuta degli strumenti (istituzionali e politici) per realizzarle. Se, infatti, non dovrebbe essere difficile trovare l’accordo intorno all’indicazione della pace, dei diritti umani, della stabilità, della coesione economica e sociale, della solidarietà, della necessità di una politica estera e di sicurezza comune, nel rispetto del principio di sussidiarietà, che potrebbero essere indicati quali “grandi missioni” per l’Unione, assai più difficile ci sembra riuscire a mettere d’accordo in tempi brevi tutti i soggetti interessati sulla questione degli strumenti, che nell’eurolinguaggio viene definita come questione delle competenze.
Infatti la Convenzione dovrebbe riuscire a trovare il consensus di una quantità di soggetti svariata e variopinta: intanto il presidente, Valéry Giscard d’Estaing, e i due vicepresidenti, fra i quali l’italiano Giuliano Amato; poi occorrerà sentire i governi non solo dei Paesi che attualmente fanno parte dell’Unione, ma altresì di quelli che sono “candidati” (più o meno ventotto); dovranno dire la loro anche gli organi attuali dell’Unione (Europarlamento, Commissione, Comitato delle Regioni, Comitato economico sociale, Mediatore Europeo); da ultimi, ma non per importanza, dovranno essere sentiti i soggetti sociali, i sindacati, le organizzazioni degli imprenditori, varie organizzazioni non governative.
Alla fine di tutto questo, dovremmo avere una bozza di Costituzione Europea: si è facili profeti nel dire che, a patto che ne rimanga la volontà politica, la Costituzione Europea arriverà fra non pochi anni.
E invece sarebbe importantissimo averla. Lo richiede il cammino prima di tutto culturale dell’Europa in questi decenni passati (come, ricordando personalmente Alcide De Gasperi, ha ripreso così a Roma Helmudt Kohl, forse l’ultimo europeista “classico”); ma lo richiedono anche le condizioni economiche, sociali, politiche, istituzionali del “vecchio continente”. L’Europa oggi è un cantiere, aperto per una miriade di lavori di cui, forse, non si vede la coerenza ma che, presi ciascuno per se’, influiscono decisamente e necessariamente sui più svariati settori della vita dei nostri Paesi. Se la politica, oggi, non può prescindere dall’Europa; se l’economia, oggi, non può prescindere dall’Europa; se oggi, le norme, gli atti, gli interventi dell’Unione Europea incidono - lo si sappia o no - sulla vita del più sperduto villaggio e sull’attività del più piccolo artigiano, l’impegno culturale - una cultura del diritto, delle istituzioni, ma altresì una cultura della politica - è quello di fare in modo che neppure il “cantiere-Europa” possa mai prescindere dal più sperduto villaggio, o dal più piccolo artigiano.
Lo sanno bene gli imprenditori, che, ormai, non possono non “pensare in Europa”, e non solo per ragioni formali o legali, ma altresì - e soprattutto - perché ormai l’Europa è il mercato di tutti, ma soprattutto è la piazza di tutti. Lo sanno bene gli imprenditori, per i quali l’Europa - la sua legislazione, i suoi progetti, i suoi interventi - è pane quotidiano e interlocutore principale.
Occorre che sempre di più lo sappia anche la politica, che deve meglio prepararsi e mandare in Europa e nelle sue istituzioni persone sempre più consapevoli ed esperte nel “pensare europeo” e nell’“agire europeo”; occorre che sempre di più lo sappia la gente, ancora informata poco e male; occorre che si indichino con sempre maggiore chiarezza le ragioni (necessarie) a favore dell’Europa, contro le ragioni (talvolta suggestive, ma inesorabilmente superate dalla storia e dai bisogni) “contro” l’Europa.
Una Costituzione Europea è, allora, una necessità: è l’ambiente istituzionale in cui tutte le diverse attività, i diversi progetti, le diverse espressioni del “cantiere- Europa” possono trovare una loro coerenza e una loro missione. Certo in nome dei diritti dell’uomo, ma altresì e soprattutto in nome di una posizione dell’Europa e dei suoi popoli che deve rimanere centrale e decisiva nelle prospettive degli equilibri del mondo in trasformazione.

06/20/2002

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