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Un paniere di golosità

Può essere d'acacia, di castagno, millefiori e di melata, ma il miele varesino finisce per la maggior parte nei vasetti dei grandi produttori all'ingrosso. Eppure il nostro territorio ospita migliaia di arnie ed è considerato tra le zone nettarifere migliori d'Europa.

Serve più marketing per imporre in Italia (e, perché no?, in Europa) l'immagine del miele varesino, un business non abbastanza sfruttato dai nostri apicultori. E ci vorrebbe una cooperativa che unisse le troppe associazioni oggi esistenti con un responsabile unico per studiare iniziative, feste, degustazioni e una moderna comunicazione. Lo dice Guido Brianza, 45 anni, presidente dell'Associazione dei produttori apistici della provincia di Varese. Un comparto che nel 2004 ha sviluppato un giro d'affari di 600mila euro, con una produzione di quaranta chili per alveare (4.800 quintali l'anno).
"Bisognerebbe imparare dai viticultori piemontesi o dai produttori d'olio toscani - aggiunge il presidente - Il miele varesino sta per ottenere la denominazione d'origine protetta (Dop). Il Disciplinare di produzione è già stato presentato a Roma, ora la pratica deve passare l'esame di Bruxelles. Ma la metà di questo 'tesoro' è venduta all'ingrosso e finisce nelle confezioni di grandi operatori nazionali come Rigoni di Asiago, Vangelisti di Arezzo (che vende ad etichetta Terre d'Italia) ed Apicultura Casentinese".
Perché i nostri apicoltori non ottimizzano il profitto con vasetti a proprio nome o con il marchio Miele Varesino? "Perché al momento se vendi all'ingrosso hai meno costi, non perdi tempo a cercare clienti e non devi fare mercatini e sagre paesane - risponde Brianza - Certo, data l'eccellenza del nostro miele, è vero che potremmo venderlo meglio".
La produzione è diffusa in tutta la provincia. Le punte di diamante sono il miele d'acacia, di castagno (o di montagna), il millefiori e la melata, una specialità del basso Varesotto particolarmente richiesta da chi fa sport, perché è ricca di sali minerali.

AMBRA E LILLA'
Da noi operano 406 apicoltori, di cui 98 con partita Iva. Trentacinque sono professionisti e gestiscono 11.369 alveari, ottanta semi-professionisti, gli altri sono apicoltori per hobby (con 3.170 arnie). "Tra aprile e giugno alle dodicimila cassette dei nostri apicoltori se ne aggiungono altrettante di operatori che vengono da fuori, soprattutto dall'Emilia e si spostano secondo le fioriture - spiega il presidente - il Varesotto è letteralmente preso d'assalto perché è una delle zone nettarifere migliori d'Europa".
Vediamolo allora più da vicino, questo gioiello. Il miele d'acacia si ricava dai fiori di robinia, una pianta molto diffusa in quasi tutto il Varesotto sino a 1300 metri d'altitudine. La fioritura quasi solitaria della robinia nel particolare clima prealpino e la scarsità del sottobosco, fanno si che le api raccolgano soltanto il polline d'acacia e ciò conferisce al miele una particolare purezza. Il nettare è di colore bianco-giallo paglierino, trasparente, leggermente ambrato, con aroma leggero di lillà, gusto dolce e profumato. E' energetico e disintossicante. In gastronomia è adatto per dolcificare il the, il caffè e lo yogurt.
Il miele di castagno, molto saporito, deriva dalla fioritura estiva di questa pianta diffusa tra i 600 e i 1.000 metri intorno al lago Maggiore, nei boschi del Luinese, del Brinzio e del Sacro Monte. Il nettare è compatto, di colore bruno scuro, aroma intenso, sapore forte, leggermente amarognolo. Gli è riconosciuta la proprietà di stimolare la circolazione del sangue. In cucina è ottimo con le costolette di maiale o con il formaggio grana.
Il millefiori è ricavato dalla linfa di diverse piante e dalle fioriture estive di castagno, tiglio, more di rovo, ecc. Di colore rossiccio, ha un aroma forte e un sapore gradevole. Gusto e profumo variano però in base alla zona di produzione. I boschi di latifoglie della Valceresio, per esempio, forniscono un ottimo miele di tiglio. Le arnie sono collocate persino nel parco di villa Cigogna, a Bisuschio.

SFRUTTARE LE FIERE
Il miele di melata, infine, si produce nella fascia compresa tra Gallarate, Lonate Pozzolo, Sesto Calende, Laveno e Malnate. E' la secrezione prodotta dal metabolismo degli afidi, della metcalfa e d'altri piccoli insetti, che suggono la linfa dalle foglie delle piante. Le api raccolgono la sostanza zuccherina e la elaborano trasformandola in miele. Il sapore è corposo, poco dolce, con retrogusto di malto. Il colore scuro, quasi nero. E' molto richiesto in Germania.
"Proprio la melata era salita da 1600 lire al chilo degli anni '80 fino a 3,50 euro nel 2004 - spiega Brianza - Adesso è precipitata a 1,50 euro + Iva perché è crollato il mercato tedesco e gli importatori hanno trovato fornitori più convenienti in Turchia, Sudamerica e Brasile".
Come rilanciare i nostri vasetti? Per Riccardo Speroni, direttore dell'Unione Agricoltori, un forte aiuto lo darà il riconoscimento della denominazione d'origine: "Ottenere la Dop è già fare marketing - osserva - La Dop è una garanzia di qualità e di sicurezza. Ed è un buon risultato che il 50% del nostro miele sia venduto direttamente dal produttore al consumatore. Certo, i professionisti vorrebbero aumentare le esportazioni all'estero, soprattutto in Germania, un mercato che già apprezza il miele delle Prealpi".
Sull'eccellenza del prodotto made in Varese insiste Ignazio Bonacina, direttore della Coldiretti: "Il nostro miele ha un gusto più marcato e fresco di quello delle altre province - dice - Bisognerebbe farlo conoscere di più in Italia e all'estero con adeguate campagne di comunicazione e dare più rilievo al Consorzio di qualità. I fondi si possono trovare. Si tratta di sfruttare al meglio la quindicina di fiere che si tengono ogni anno nella nostra provincia. E di farlo gustare insieme al gorgonzola, ai caprini e alle pesche di Monate".

ASPETTANDO LE DOP
Un'ipotesi su cui lavora il Consorzio di qualità: "Stiamo studiando un paniere di prodotti con cui presentarci sui mercati esteri attraverso gli uffici internazionali della Camera di commercio - annuncia il presidente del consorzio, Fernando Fiori - Il miele ha i numeri per fare da capofila con il gorgonzola, i caprini, il vino e i fiori. Ma prima bisogna aspettare che arrivino le denominazioni d'origine per le nostre specialità agroalimentari. Per sfondare all'estero ci vogliono prodotti con riconoscimenti di qualità".
Il prezzo suggerito dall'Associazione dei produttori apistici è di 8 euro per il vasetto di miele d'acacia da un chilo e 4,30 euro per la confezione da mezzo chilo, di 7 euro per il vasetto di castagno da un chilo e 4 euro per mezzo chilo. Il Consorzio (cui aderiscono una quarantina di soci) vigila sulla qualità. Le ispezioni delle Asl sono frequenti e regolari.
In cucina il miele è ottimo per la prima colazione, con il pane o sulle fette biscottate, con il burro o la ricotta. E' delizioso nel latte o nel the e per dolcificare le tisane. Particolarmente felice è l'associazione con lo yogurt. Apicoltore per hobby ed ex presidente di un'associazione apiaria è il sindaco di Varese Aldo Fumagalli, che ha ereditato l'alveare dallo zio. Il primo cittadino è arrivato a possedere 350 arnie. E' un esperto assaggiatore, sa riconoscere oltre quaranta tipi di miele italiano e le miscele. Sua una ricetta del composto di miele, polline e pappa reale da mescolare con lo yogurt.
Nella gastronomia lombarda sono rimaste tracce dell'impiego del miele in alcune ricette dolciarie della tradizione medievale, la mostarda, i cupétt di Busto Arsizio, i mostaccioli, il torrone e il croccante della Valveddasca. I cupétt sono dolcetti alle mandorle. La ricetta di Busto utilizza cialde, miele, gherigli di noce, nocciole sgusciate, scorze d'arancio e di cedro candite.
Mostazzit è il termine dialettale per indicare i biscotti che anticamente si dolcificavano con il mosto cotto. Bartolomeo Scappi, nel 1570, li chiamava morselletti, cioè piccoli morsi, bocconcini. Si trattava di piccola pasticceria, come diremmo oggi, ottenuta con farina bianca, miele, acqua e spezie a piacere, semi d'anice, cannella, chiodi di garofano, semi di coriandolo e noce moscata, da equilibrare tra loro. Celebre la ricetta dei mostaccini delle monache, preparata dalle romite del Sacro Monte di Varese.

Api regine Doc delle Prealpi

Il Varesotto produce miele da secoli, ma solo all'inizio dell'800 l'apicoltura si diffuse in modo razionale prima nei latifondi e nei conventi delle valli e della pianura, poi presso gli agricoltori. Le nuove tecniche si svilupparono inizialmente sui monti del parco del Campo dei Fiori, una zona particolarmente ricca di boschi di robinie, castagni e tigli. Il censimento del Dipartimento del Lario del 30 marzo 1812 rivelava che i trentadue alveari esistenti nel capoluogo avevano prodotto l'anno precedente 128 libbre di cera e 136 di miele. Il business prese corpo con lo sviluppo dell'industria. Nel 1870, Amabile Morandi propose di estendere l'apicoltura in tutto il circondario e, all'Esposizione agricola e industriale di Varese del 1871, un intero padiglione fu riservato alle attrezzature per l'allevamento delle api e per la produzione del miele e della cera. Quarantadue produttori presero parte all'Esposizione del 1886. Intorno al 1920 le api regine e gli sciami dell'Alto Varesotto della varietà "apis ligustica" erano molto ricercati all'estero.

06/17/2005

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