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Gottardo e Bianco, le Alpi di nuovo barriera

Pesantissime le conseguenze della tragedia ticinese con il transito verso Nord in tilt. Per il tunnel italo-francese decisivo il vertice previsto il 27 novembre.

Le ipotesi più ottimistiche parlano della Pasqua 2002. Altre opinioni - fra cui quella espressa poche ore dopo la tragedia dello scorso 25 ottobre dal progettista, l’ingegner Giovanni Lombardi - diradano nel tempo, fino addirittura a oltre un anno, la riapertura definitiva, compresi i Tir, del traforo del San Gottardo. Una cosa, comunque, è certa: le pesanti ricadute negative determinate dalla chiusura di una porta verso il Nord attraversata, nel corso del 2000, da due milioni di veicoli pesanti. Basti pensare che dalla galleria inaugurata nel 1981 passava ormai cinque volte il traffico del San Bernardo, del San Bernardino e del Sempione messi insieme.
Una situazione pesantissima, che va ad aggiungersi ai tentennamenti sulla riapertura del tunnel del Monte Bianco. La decisione italo-francese di istituire il senso unico a giorni alternati nei trafori del Fréjus e dello stesso Bianco ha suscitato più di una perplessità. Perfino il Ministro Lunardi ha ammesso che si tratta di un compromesso, di una "soluzione alla latina”.
Secondo Andrea Pininfarina, Presidente dell'Unione Industriali di Torino, comporta costi e strozzature eccessivi. Le sue parole trovano conferma nell'analisi di Aldo Gatti, Presidente di Confetra, la federazione degli autotrasportatori: "Il senso unico rallenta il ciclo dei viaggi, con un incremento dei costi che può oscillare tra il 10 e il 18%".
Una decisione definitiva è attesa per martedì 27 novembre, quando il problema verrà riesaminato durante un nuovo vertice governativo italo-francese. In quella sede si discuteranno i particolari dei transiti nelle due gallerie e si dovrà scegliere se consentire la circolazione alle auto in entrambe le direzioni almeno il sabato e la domenica. Sul fronte geograficamente a noi più vicino, intanto, il grido d'allarme per l'economia dell'intera area insubrica è già stato lanciato a più voci.
"L'industria ticinese è isolata. Specie le imprese che operano sul mercato nazionale. Può seguirne un isolamento economico insostenibile". La lettera che Sandro Lombardi, Direttore dell'AITI (l'Associazione degli Industriali del Cantone Ticino) ha scritto al Governo Federale elvetico denuncia con chiarezza le pesanti conseguenze della chiusura del San Gottardo. Le merci della zona faticano a raggiungere i compratori della più ricca Svizzera Tedesca. L'attività industriale del Cantone (fatturato di quasi 10 mila miliardi di lire) è in pericolo per mancanza di sbocchi.
La vecchia strada del passo non è praticabile: solitamente chiudeva alla fine di ottobre, con le prime nevicate che possono raggiungere anche i due metri. Quest'anno gli spazzaneve possono allungare il periodo di apertura di qualche settimana; non oltre, perché il pericolo vero è costituito dalle valanghe, non controllabili.
Resta il percorso del San Bernardino, la cui galleria di quasi 6 chilometri (senza vie né di fuga, né di soccorso) nei primi giorni dell'emergenza ha visto passare fino a 620 mezzi pesanti, contro i 200 soliti. La conseguenza è che questa arteria a scorrimento rapido - non può essere definita autostrada, dal momento che manca perfino dello spartitraffico - è andata più volte in tilt. La pendenza della salita e della relativa discesa, eccessiva per questi mezzi, ha causato troppi incidenti. In alcuni casi con conseguenze anche mortali, bloccando la circolazione.
Sul versante italiano del confine, la situazione non è meno grave. Tutt'altro.
"I costi per il trasporto delle merci potrebbero subire un'impennata di 400/500 mila lire, pari a 206/258 euro, a viaggio. Con questi aumenti, quante aziende e quanti prodotti saranno fuori mercato?" si chiede Lorenzo Trombetta, Segretario della Fit Cisl Lombardia Nord-Ovest, esprimendo la grande preoccupazione degli addetti ai lavori. "Tante aziende che già procedono sul filo del rasoio potrebbero accusare un colpo letale".
L'ipotesi su cui si basa il calcolo di un danno di mezzo milione a trasporto è stata fatta considerando i chilometri e le ore in più necessari per raggiungere il Brennero e il Fréjus, ora che è fuori gioco il Gottardo.
Nel frattempo alla dogana commerciale di Como-Brogeda si è registrato un calo del 60% del transito dei Tir. E nella sola città lariana operano 1.700 imprese di trasporto, di cui 500 lavorano esclusivamente con la Svizzera. Molti camionisti sono a riposo forzato.
Pur con cifre diverse, la realtà non è dissimile nel Varesotto e nell'Alto Milanese.
Il trasporto intermodale, d'altro canto, continua ad avere delle potenzialità compresse, nonostante la presenza, proprio a Busto Arsizio di uno scalo tra i principali: quello gestito dalla società Hupac. Gli operatori sottolineano come stenti a decollare in Italia a causa del mancato adeguamento delle nostre linee ferroviarie. Ciò costringe i convogli a mantenere bassa la velocità, finendo per rendere ancora poco attrattivo questo sistema. La Svizzera, peraltro, sembra decisa a dare impulso al suo programma per le merci su rotaia. Il Ministro Leuenberger ha lasciato intendere il parere negativo di Berna a un potenziamento del traffico su gomma con il futuro raddoppio della galleria del San Gottardo. Al contrario, si punta ancora sul rafforzamento delle trasversali ferroviarie alpine (Alptransit), confermando investimenti per 30 miliardi di franchi entro il 2015. E per il Varesotto - con i suoi gravissimi ritardi infrastrutturali anche per quanto riguarda il settore dei treni - i disagi e le difficoltà economiche non potranno che aumentare.

11/15/2001

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