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Tutti contro Malpensa. A chi giova?

La realtà ha superato l'immaginazione: non solo le nostre autorità nel settore del trasporto aereo mostrano mancanza di strategia di lungo periodo ma, addirittura, farebbero uso del proprio potere per fini del tutto estranei agli interessi di chi, per lavoro o per svago, intende volare.

Che molte compagnie di navigazione aerea non avessero mai visto di buon grado Malpensa 2000 lo si era capito da tempo. Il trasloco dei voli da Linate all'aeroporto della brughiera era stato vissuto di malavoglia e aveva perciò contribuito a far rivedere la distribuzione delle rotte tra i due aeroporti, grazie alla quale Linate aveva recuperato parte dell'operatività perduta dopo l'apertura dello scalo varesino. La circostanza fece subito pensare ad un tentativo di boicottare il nuovo hub del Nord Italia; un tentativo plausibile per le compagnie straniere perché si trattava di difendere gli altri hub del Continente, quelli localizzati nei paesi di appartenenza. Hub che, dopo l'apertura di Malpensa 2000, si sarebbero visti erodere quote di mercato. Anche Alitalia, peraltro, non ha sempre mostrato una linea di comportamento decisa a favore di Malpensa e questo è meno comprensibile visto che si tratta della compagnia di bandiera italiana, tuttora fortemente nelle mani del ministero del Tesoro. E' significativo, al riguardo, che Alitalia, ancora oggi, a distanza di due anni dall'apertura di Malpensa 2000, non vi abbia messo radici: non c'è traccia di attività di manutenzione degli aeromobili, che viene effettuata esclusivamente a Fiumicino, nonostante in provincia di Varese ci sia una presenza industriale ragguardevole nel settore aeronautico, che potrebbe utilmente collaborare. Non c'è traccia neppure di foresteria per piloti e assistenti di volo, che riempiono i voli Milano-Roma per farsi riportare nella capitale a fine giornata mentre, per quelli che devono rimanere su Milano, vengono ogni notte opzionate centinaia di camere di albergo, nel capoluogo lombardo. Una spesa, a quanto si è letto, di centinaia di miliardi all'anno, che contribuisce anch'essa a peggiorare il deficit cronico di una compagnia che, da anni, non riesce ad impostare strategie vincenti per essere competitiva sul mercato. L'accordo con KLM è saltato e ora sembra che possa andare in porto quello con Air France.
Nel frattempo, dal 12 novembre scorso è iniziata la collaborazione commerciale con la compagnia transalpina, che prevede la soppressione dei voli Alitalia per Parigi da tutti gli aeroporti del Nord con esclusione di Linate e Malpensa. Il "code sharing" prevede che i voli abbiano il codice di entrambe le compagnie e che i proventi di tali voli siano suddivisi tra le stesse in misura pari al 60% per Air France e al 40% per Alitalia. Inoltre, sui 582 voli previsti nell'accordo, 415 sono effettuati da aeromobili ed equipaggi francesi e 165 da quelli italiani.
Insomma, prima ancora che sia stato perfezionato l'accordo di collaborazione strategico tra le due aviolinee, Air France mostra di avere intenzioni molto chiare sui futuri equilibri, ma ciò che appare evidente in questa vicenda non è solo il ruolo subordinato di Alitalia, è anche il rischio di forte ridimensionamento di Malpensa nel suo ruolo di aeroporto hub. E' chiaro, infatti, che la rinuncia ai voli di Alitalia su Parigi finisca per portare acqua inevitabilmente agli aeroporti della capitale francese per spiccare poi, da qui, il volo verso altre destinazioni volando ancora, prevedibilmente, con Air France.
Quando, ai primi di ottobre, Alitalia annunciò di voler diminuire i propri voli su Malpensa per concentrarsi su Fiumicino, emerse subito il sospetto che si trattasse di una manovra collegata all'accordo con la compagnia d'oltralpe e non, secondo la versione ufficiale, motivata dalla necessità di contenere i costi dopo la brusca frenata della domanda di trasporto aereo a seguito dei fatti dell'11 settembre. Il sospetto si è confermato dopo l'avvio del "code sharing".
D'altro canto, le difficoltà in cui si dibatte Alitalia sono molto serie. C'è la necessità di essere ricapitalizzata per la copertura delle perdite di esercizio, ma c'è anche, a questo riguardo, un'oggettiva difficoltà per il Tesoro a far autorizzare l'operazione dall'Unione Europea. Ecco allora la più semplice alternativa di ritirarsi in buon ordine per realizzare risparmi sui costi di esercizio. A farne le spese, come si vede, sono gli aeroporti del settentrione e, tra questi, più di ogni altro Malpensa proprio perché viene ad essere ridimensionato il proprio ruolo di hub del Nord Italia. E, con Malpensa e più ancora di Malpensa, è l'intero bacino economico del Nord a subire le conseguenze delle scelte di Alitalia. Scelte che sono ancora più pesanti in questo momento, perché finiscono per acutizzare la situazione di isolamento del Paese dopo la chiusura dei trafori del Monte Bianco e del Gottardo.
Ad aggravare ulteriormente la situazione dello scalo varesino è intervenuta poi, alla fine di ottobre, la decisione dell'Enav, l'ente nazionale di assistenza al volo, di sospenderne l'operatività quando la visibilità scenda sotto i 550 metri. Il provvedimento dell'Enav ha interessato inizialmente gli aeroporti di Malpensa, Linate, Orio al Serio, Bologna, Trieste e Fiumicino, nei quali è stato riscontrato un tempo troppo lungo, da parte del sistema di sicurezza, a segnalare eventuali guasti ai segnali luminosi sulle piste.
Da notare è che, a Malpensa, Linate e Orio al Serio, il tempo di segnalazione va da 30 secondi a 1 minuto; a Bologna e Trieste, 4 minuti; a Fiumicino, 10 minuti. La media annuale delle giornate con nebbia è di 85 per Linate, 40 per Malpensa, 80 per Orio al Serio, 65 per Bologna, 10 per Trieste, 20 per Fiumicino.
Nel primo giorno del blocco è stato cancellato un centinaio di voli, altri sono stati dirottati. Quasi 10.000 passeggeri sono rimasti a terra. Il secondo giorno ha visto 170 voli cancellati e 17.000 passeggeri impossibilitati a partire.
Dopo qualche giorno l'Enav ha revocato le misure per Malpensa, Orio al Serio, Trieste e Bologna - dove il limite di visibilità è stato portato da 550 a 75 metri - mantenendo invece il limite più severo per Linate e Fiumicino. Successivamente, anche Linate è stato riabilitato.
Qualche giorno dopo, il vertice dell'Enav è stato incriminato per interruzione di pubblico servizio: sembra che il declassamento degli aeroporti fosse stato una manovra per depistare l'attenzione sulle proprie responsabilità nell'incidente drammatico verificatosi a Linate qualche settimana prima.
E così, la realtà ha superato l'immaginazione. Non solo le nostre autorità nel settore del trasporto aereo mostrano mancanza di strategia di lungo periodo ma, addirittura, farebbero uso del proprio potere per fini del tutto estranei agli interessi di chi, per lavoro o per svago, intende volare.

11/15/2001

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