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Lo snowboard è una cultura

Non è un gioco, e nemmeno una disciplina sportiva insolita, dato il numero dei praticanti e degli snowpark esistenti in Italia. Alla base ci sono una tecnica indispensabile, dei materiali necessari - ma anche esteticamente irrinunciabili - infine usi e costumi, musica e gergo, che devi conoscere se vuoi appartenere davvero a questa "cultura”.

"Lo snowboard è una cultura”. Lo sostiene Alessandro, uno dei fondatori di Apocalypse(S)now l'associazione sportiva che ha organizzato Railbattle2007, il contest che si è tenuto a Varese a metà ottobre: un'occasione imperdibile per conoscere lo snowboard assistendo ad una gara spettacolare. Per ore una ventina di rider professionisti si sono esibiti su una struttura innevata artificialmente lunga 36 metri, larga 10, con un'altezza massima di 7 metri e mezzo e una pendenza del 45%-25%-0%, lasciando col naso per aria chi ha avuto la fortuna di passare in piazza della Repubblica e farsi un'idea di quello che si può fare con una tavola ai piedi e tutto il resto per aria. La forza della dichiarazione di Alessandro è condivisibile, ma proprio perché generalmente si guarda questo mondo dall'esterno, come molti lettori di Varesefocus, è il caso di parlarne meglio.
Lo snowboard non è un gioco, né una disciplina sportiva insolita, dato il numero dei praticanti e degli snowpark esistenti in Italia; alla base ci sono una tecnica indispensabile, dei materiali necessari - ma anche esteticamente irrinunciabili -, infine usi e costumi, musica e gergo, che devi conoscere se vuoi appartenere davvero a questa "cultura”. Partiamo con ordine, perchè molti, soprattutto i genitori e gli sciatori, pensano che lo snowboard sia uno sport pericoloso. E dato che i pregiudizi sono duri a morire, va detto che come in tutte le discipline sportive, lo snowboard è anche una disciplina olimpica, si inizia piano-piano prendendo confidenza con la tavola facendo qualche scivolata in back, per passare in seguito alle scivolate in front. Meglio prendere qualche lezione con un maestro FISI e per maggior sicurezza usare caschetto, paraginocchia e paraschiena imparando prima di tutto a cadere senza farsi male, il che è essenziale, perché solo cadendo si impara ad andare e perchè, come in ogni altra cosa, solo chi non fa niente non sbaglia. Afferma un rider, e può definirsi tale chi è abbastanza pratico di tavole e salti, che "solo chi striscia non inciampa”. Quindi, tenetevi pronti ai ruzzoloni a pelle di leone, o bipedi interessati! Certamente occorre essere un po' coraggiosi, molto precisi, ma soprattutto occorre un pizzico di voglia di buttarsi per continuare dopo le prime inevitabili infarinature, quando a fine giornata si torna a casa umidicci e stravolti. Gradualmente però arriveranno le soddisfazioni e presto si sarà pronti a girare negli snowpark e a chiudere - che significa completare - i primi salti e passare ad imparare quelle evoluzioni che affascinano sempre chi resta a bordo pista. Perché questo sport, a un certo livello, è davvero stupefacente, come tutte le discipline sportive che portano gli uomini a liberarsi dal peso del corpo per una manciata di secondi e volare con un'eleganza apparentemente libera dalla gravità. Oltre alla tecnica, e al coraggio, lo snowboard è soprattutto questione di fantasia. Nato come disciplina invernale che inizialmente prende in prestito i movimenti e le tecniche dagli skater californiani degli anni Settanta - che a loro volta nascono come alternativa al surf quando l'oceano è una tavola piatta -, nello snowboard molti campioni di oggi sono venuti fuori dal niente, allenandosi quasi esclusivamente da soli, girando le località che offrono le strutture e le condizioni migliori. Di fondo il rider è fedele e se si è trovato bene in una località tende a tornare, a frequentarla con assiduità insieme al gruppo che si è creato. Lo snowboard infatti è uno sport ad alto tasso di socializzazione, decisamente meno individualista dello sci da discesa, ma ugualmente competitivo: ci si trova nello stesso posto, ci si guarda l'un l'altro, si prova, si sbaglia, si riprova, ci si prende in giro e si impara dagli altri. Abbiamo nominato molte volte gli "snowpark”, ma di preciso non abbiamo detto di cosa si tratta: in sostanza sono quelle aree separate dalla piste da sci, e soggette a un regolamento, riservate solo allo snowboard, ma ultimamente ben disposte anche verso il freestyle (praticamente è un'evoluzione acrobatica dello sci alpino). In Italia gli snowpark sono, a detta degli interessati, ancora troppo pochi e troppo poco considerati per investimenti e strutture, fatta eccezione di alcuni che, per chi abita a Varese e dintorni, si riducono ad essere quelli di Livigno, Madesimo, Cervinia e Piancavallo. La situazione però sembrerebbe in via di miglioramento: i park censiti ufficialmente sono 59, allo stato attuale, ma dovrebbero essere 14 quelli nuovi per l'anno a venire.
La giornata di un rider inizia ovviamente la sera precedente alla partenza, con la preparazione di tutto l'armamentario: si spostano gli attacchi da una tavola all'altra, si prendono calzamaglia, pants, giacca, calze, maschera, protezioni, etc. Naturalmente si dorme poco la notte, con la morosa (o il moroso) che altrettanto naturalmente non è troppo d'accordo con quello che si farà il giorno dopo, a meno che non condivida la stessa passione. La sveglia suona puntuale alle 6, o comunque molto presto, perchè la strada da fare è lunga prima di poter raggiungere qualsivoglia snowpark ed emergere dalle immancabili code agli impianti che portano in quota. Dato che i rider normalmente usano solo pochi impianti, e dato che non usano nemmeno molto le piste - potendo, scelgono sempre la via più divertente zigzagando a bordo pista in neve fresca - alcune località hanno pensato bene di fare uno sconto sullo skipass a chi si serve solo dello snowpark e degli impianti per raggiungerlo. Finalmente si entra nel park: si valuta il landing (l'atterraggio), i kicker e i jump (due diversi tipi di rampa per i salti), i funbox e le slide (strutture di neve e metallo dove eseguire i tricks, cioè le evoluzioni), la shapatura degli halfpipe (che sono quelle enormi sezioni di tubo di neve dove si salta in continuità) e con ordine, aspettando il proprio turno, si dimostra quello che si dice di essere mettendo alla prova la tecnica, lo stile e la fantasia su difficoltà sempre crescenti. Inizialmente tutto sta nell'avere il coraggio di saltare, ma è ancora poco, perché un salto può essere solo uno slancio passivo, magari prendendo una gobba e semplicemente staccando la tavola da terra. Il rider comincia a girare davvero nel park solo quando prende una posizione attiva rispetto all'ostacolo. L'ollie è la base, il punto di non ritorno: si tratta di quel gesto tecnico che ti fa saltare senza prendere la tavola con le mani (grabbare), per disegnare una bella parabola dopo aver spinto bene con le gambe sul dente del kicker, distendersi e atterrare. In aria si trattiene il respiro. Poi si tocca terra e si prosegue sereni. Pronti per il prossimo giro, per una nuova difficoltà e nuovi voli, metaforici e non. E parafrasando i Rolling Stones: it's only ride&roll, but I like it!

11/21/2007

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