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Regio Insubrica: le economie di confine

Un rapido raffronto tra le province confinanti che compongono la Regione Insubrica, ovvero Verbano-Cusio-Ossola, Comasco e Varesotto, per comprenderne affinità e differenze anche in vista degli Accordi bilaterali tra Svizzera e Unione Europea.


Un fatto risulta subito evidente già da una prima sommaria scorsa alla realtà economica della Regione Insubrica: da un lato il prevalere delle attività industriali e di uno spiccato orientamento produttivo nell'area italiana, dall'altro la rilevante evidenza delle attività di servizio e la spinta terziarizzazione dell'economia nella parte svizzera della stessa regione.
Tutti gli indici industriali presentano medie superiori nelle regioni italiane considerate rispetto all'economia elvetica; addirittura in alcune province del versante italiano tali dati mostrano valori del tutto rilevanti, evidenziando vere e proprie specializzazioni produttive: alcuni settori industriali, come quelli del tessile-abbigliamento, dell'aeronautica, degli elettrodomestici e delle macchine utensili mostrano la presenza consolidata di forti sistemi produttivi locali e addirittura di riconosciuti distretti industriali.
Viceversa, il settore dei servizi appare nettamente più forte in Svizzera: indici rilevanti si possono evidenziare soprattutto nel comparto alberghiero e della ristorazione in rapporto con la grande importanza del turismo nel Cantone Ticino, ma anche naturalmente una forte presenza di attività legate alla finanza e una spiccata presenza di servizi alle imprese.
Un'analisi più approfondita delle economie della Regione Insubrica ci aiuterà a comprenderne le differenze ed i punti di contatto.

VERBANO-CUSIO-OSSOLA: UNA GIOVANE PROVINCIA DI TURISMO E DI ATTIVITA' TRADIZIONALI
Tra le ultime nate in Italia, la provincia del Verbano Cusio Ossola ha sottratto al territorio della provincia di Novara 77 comuni per un totale di 160.674 abitanti, inseriti in poco più di 2.275 chilometri quadrati. La provincia del VCO denuncia già nel nome stesso la sua natura policentrica e differenziata: una zona di Verbania che ha chiuso con il suo passato industriale per puntare sul turismo, che tuttavia non garantisce sufficienti posti di lavoro, un Cusio industriale riunito intorno al polo dei casalinghi e soprattutto delle pentole dove è leader mondiale ed, infine, una Val d'Ossola che poggia sui due pilastri della logistica e del turismo.
L'economia del territorio nel suo complesso vede una prevalenza di piccole e medie imprese (in media una ogni 13 abitanti) per un totale di 12.300 imprese, con circa 37.000 addetti (in media tre per ciascuna azienda), attive soprattutto nel settore manifatturiero, che occupa il 33% degli addetti totali e in particolare nei casalinghi. Notevoli il comparto turistico, legato soprattutto ai suoi laghi, che assorbe il 10% delle imprese e il 7% degli occupati, quello commerciale, con il 28% delle imprese e il 20% degli addetti, infine da non dimenticare l'industria e l'artigianato. Il 40% dell'occupazione stabile è assorbita nell'industria, caratterizzata da un lento ma continuo sviluppo delle attività produttive, da una crescita costante, priva di repentine decelerazioni forse grazie ad un sistema industriale articolato sulla diversificazione settoriale.
Nel complesso una provincia giovane, che ha saputo valorizzare le proprie risorse naturali, che ha saputo sfruttare le sinergie e le integrazioni produttive tipicamente locali, creando un territorio diversificato nel quale emergono il turismo e le attività tradizionali.

VARESE: LA GRANDE CULLA DELL'INDUSTRIA INSUBRICA
Istituita nel 1927, raggruppando aree comasche e dell'alto Milanese, la provincia di Varese comprende 141 comuni in poco meno di 1.200 chilometri quadrati, con una popolazione di 820.575 abitanti, ossia quasi il 40% del totale della regione insubrica.
L'economia della provincia varesina è da tempo consolidata su posizioni di eccellenza: vanta un tasso di attività superiore al 50% e un livello di disoccupazione del 5,2%, dati, quelli appena descritti, che la rendono una delle province più importanti non solo della regione insubrica, ma dell'Italia.
Le sue specializzazioni produttive sono numerose, ma quattro in particolare la contraddistinguono: metalmeccanica (5 mila imprese e 56 mila addetti), tra cui ricordiamo la fiorente produzione aeronautica, la produzione di elettrodomestici, con nomi importanti, la produzione di macchine utensili; tessile-abbigliamento (3.300 imprese e 34 mila addetti), con forti specializzazioni nella tessitura, stampaggio e tintura dei tessuti, maglieria e ricami, confezioni di abbigliamento; materie plastiche e gomma (790 imprese e 11.500 addetti) specialmente con prodotti calandrati ed estrusi, infine chimica-farmaceutica (170 imprese e 9 mila addetti) settore composito, caratterizzato da prodotti farmaceutici, da prodotti chimici ad utilizzo industriale nei vari settori.
Nel complesso, una provincia sempre all'avanguardia nel processo di innovazione, con una forte propensione all'iniziativa economica che si rinnova con le generazioni e che assicura quindi una certa stabilità del fenomeno imprenditoriale.
Da sottolineare infine come le istituzioni siano da sempre interessate allo sviluppo ed al sostegno delle imprese operanti sul territorio: le forze sociali e le istituzioni locali hanno promosso la costituzione sul territorio di università, centri di formazione e centri di servizio per favorire la crescita e l'innovazione delle imprese.

COMO: UN'AREA DI PRODUZIONI LEGATE ALLA TRADIZIONE
La provincia comasca (1.288 chilometri quadrati, 163 comuni e 542.606 abitanti), dopo la secessione del “lecchese”, ha vissuto solidamente sino a pochi anni fa sull'onda delle proprie specializzazioni produttive: il metalmeccanico, il legno-arredo e, soprattutto, la produzione e commercializzazione della seta, che l'ha resa famosa in tutto il mondo. Oggi i distretti industriali comaschi, in particolare quello serico, soffrono la concorrenza internazionale, anche se continuano a mantenere la loro solidità. Il comasco è una delle aree protagoniste nel processo di industrializzazione italiana fin dal 1800, un polo del triangolo industriale di Milano-Varese-Como, che ha lasciato il segno nel settore manifatturiero in Italia. Ancora oggi infatti il 50% delle attività sono artigiane o industriali, scarsa è l'agricoltura, mentre terziario, servizi e turismo stanno aumentando la loro consistenza. All'interno del sistema industriale il 32% delle attività è concentrato nel tessile-abbigliamento, il 29% nel metalmeccanico e il 15% nel legno-arredamento, anche se non mancano altre realtà quali il chimico e l'agro-alimentare. Grazie alla tradizione e alla competenza, il Comasco ha raccolto nel suo territorio intere filiere produttive, fatto che ha reso la sua struttura economica fatta soprattutto di piccole imprese (il Comasco ha il più alto numero di imprese pro capite).

IL CANTONE TICINO: RITRATTO DI UN TERRITORIO COSMOPOLITA
Il Ticino, pur simile alla media degli altri cantoni elvetici in termini di popolazione, di dimensione, di reddito pro-capite e peso fiscale, ha diversi caratteri particolari, che derivano dalla sua vicinanza all'Italia.
Con una popolazione di 311.356 abitanti, su una superficie di 2.812 chilometri quadrati, il Ticino è il cantone con la più alta percentuale di stranieri, il 26%, ossia un residente su quattro, è straniero, fatto che rende la Svizzera lo stato più cosmopolita al mondo. Ma non sono solo i residenti stranieri a rendere il Cantone Ticino un'area così eterogenea: anche i frontalieri, che quotidianamente si recano in Ticino per lavorare, sono numerosi: oltre 32.700, per il 47,4% provenienti dalla sola provincia di Varese, l'11,6% dalla provincia del Verbano-Cusio-Ossola, e il 40,8% dalla provincia di Como. Interessante è notare come la maggior parte di questi lavoratori abbia una propensione maggiore a lavorare nel settore secondario (edilizia, costruzioni, industria), mentre l'attività principale del cantone sia concentrata nel terziario. Se si guarda al mercato del lavoro, oggi il Ticino conferma infatti una fortissima vocazione terziaria: con quasi 100 mila posti di lavoro nel comparto dei servizi (il 72% dei posti di lavoro), poco meno di 10 mila posti di lavoro nel mondo della finanza, più o meno quanto il resto del terziario avanzato, ossia assicurazioni, consulenza e informatica. Molto più importante, per quanto riguarda l'occupazione, il terziario classico del commercio (13.800 lavoratori nel ratail e 6.500 nell'ingrosso), seguito dalla ristorazione-alberghiera con 8.800 posti. Di rilievo anche il ruolo pubblico nell'occupazione: la pubblica amministrazione dà lavoro a 7.300 persone, 7.100 persone operano nella sanità e 5.600 nell'istruzione.

06/20/2002

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