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Corridoio 5, guai a perderlo

Una delle grandi arterie destinate a collegare le regioni più lontane dell'Europa. Un'occasione per l'Italia che, se persa, taglierebbe fuori il nostro paese dalle grandi direttrici e dai mercati internazionali.

In corridoio di solito ci si sta quando si è in attesa. E così è anche, per il nostro paese, in riferimento al cosiddetto Corridoio 5, una delle grandi arterie fatte di ferrovie, autostrade, fibre ottiche, destinate a collegare le più lontane regioni dell'Europa. Fanno parte della mappa dei progetti della Rete Transeuropea di Trasporto TEN - 14 in tutto, decisi nel 1997 al vertice europeo di Essen - che dovranno unire il mercato interno, integrandosi a loro volta con 10 corridoi paneuropei, decisi dopo la caduta del muro di Berlino per facilitare gli scambi multimodali tra i paesi dell'Unione Europea e gli stati balcanici, passando attraverso i paesi allora candidati ad entrare nell'Unione: corridoi quanto mai attuali ora, dopo che, nel vertice di Copenaghen del 12 e 13 dicembre scorso, l'allargamento è stato sancito e l'Europa dei 12 è divenuta l'Europa dei 22 e si accinge a diventare l'Europa dei 25 e più.
Corridoio e attesa, dicevamo. L'attesa è quella di sapere se questo Corridoio 5 passerà al di sopra o al di sotto delle Alpi. In gioco c'è l'effettiva integrazione logistica con l'Europa centrale oppure l'essere tagliati fuori. Il Corridoio diventa così emblematico: da sala d'aspetto, a vestibolo d'uscita. Un'uscita attraverso una porta girevole. Di quelle nelle quali non fai in tempo ad entrare e ti ritrovi di nuovo fuori, senza neppure accorgertene. Sì, perché da qualche mese c'è chi sta pensando di deviarne il tracciato originario.
Il Corridoio 5 è quello che congiungerà Lisbona a Kiev, passando per Barcellona, Perpignano, Lione, Frejus, Torino, Milano, Venezia, Trieste, Lubiana, Budapest. Nel nostro paese, da diversi anni, si stanno realizzando lavori costosi per costruire la tratta italiana della linea ferroviaria ad Alta Capacità. I tempi sono purtroppo molto dilatati e la tratta Lione-Torino sarà pronta solo nel 2005, quella Torino-Milano successivamente. Nel frattempo, Germania e Austria - forse anche approfittando delle lungaggini con le quali procedono i lavori a sud delle Alpi - hanno tentato un colpo gobbo, quello di scippare il Corridoio 5 ai paesi mediterranei facendolo correre al di sopra dell'arco alpino. Il rischio è molto serio e il governo italiano si è presentato al vertice di Copenaghen con le idee chiare in proposito: ha ottenuto, per il momento, una dichiarazione inserita nel documento finale sulla necessità di sviluppare, attraverso un potenziamento delle infrastrutture, la cooperazione tra i paesi dell'est europeo e quelli del Mediterraneo. Non c'è una menzione esplicita del Corridoio 5 sub-alpino, ma il riferimento è ugualmente chiaro. Sulla carta, sembrerebbe una vittoria. Staremo a vedere. Altri due corridoi interessano il nostro paese: sono il Corridoio 8 che collegherà l'Adriatico al Mar Nero (Bari-Durazzo-Skopie-Sofia-Burgas-Varna) e il Corridoio 10 (Salisburgo- Lubiana- Zagabria-Belgrado-Nis-Salonicco), che interessa l'Italia per il tratto fuori dal proprio territorio (Lubiana-Salonicco), ma che tuttavia rappresenta - come aveva scritto il nostro governo nel proprio documento preparato in vista di Copenaghen - “una alternativa di accesso alla piattaforma continentale rispetto alle nostre dorsali nazionali” (in particolare, quella adriatica dal Brennero a Bari). Il Corridoio 5 resta dunque quello per noi più importante. Da non perdere in nessun caso. Il documento finale del vertice di Copenaghen contiene anche la richiesta al Consiglio Europeo di adottare un regolamento contenente una soluzione provvisoria - fino al 2006 - per il transito di automezzi pesanti attraverso l'Austria. Il sistema degli eco-incentivi scadrà infatti nel 2003 e occorre individuare un regime transitorio finché non saranno pronte infrastrutture adeguate a ridurre l'impatto ambientale, come il traforo del Brennero.
Anche quello dei valichi alpini è un problema molto serio per l'economia italiana. Ce ne siamo resi conto molto bene quando, contemporaneamente, sul finire del 2001, ci siamo dovuti misurare con la chiusura del traforo del Monte Bianco, del Gottardo e, seppure per pochi giorni, anche del Frejus e del San Bernardino. E anche ora, con la discutibile decisione maturata dalla Francia di chiudere al traffico pesante i valichi del Monginevro e Colle della Maddalena dal prossimo 4 luglio.
Entro il 2010 è prevista una crescita del traffico merci compresa, secondo le diverse stime, tra il 76% e l'83% e l'Italia, per via della barriera alpina, rischia di restare soffocata nelle sue potenzialità di crescita economica se non potrà contare su un sistema di infrastrutture adeguato allo sviluppo dell'interscambio commerciale con il resto d'Europa.
Eppure - ha scritto Confindustria in un proprio documento elaborato sempre in vista del vertice di Copenaghen - l'avanzamento dei lavori dei progetti prioritari TEN e dei corridoi paneuropei mostra fortissimi ritardi soprattutto nel completamento dei progetti transfrontalieri. E ciò a causa della mancanza di coordinamento tra gli stati confinanti - che hanno privilegiato i progetti all'interno dei confini nazionali - ed alla mancanza di fondi pubblici per il finanziamento delle opere, tanto da ritenere utopistico il loro completamento per il 2010. Il finanziamento delle opere è uno dei maggiori limiti alla loro realizzazione. Solamente per le TEN, su un costo globale di 400 miliardi di euro, il contributo dei 15 (prima di Copenaghen) stati membri dell'Unione Europea varia tra i 15 e i 20 miliardi di euro all'anno e la partecipazione comunitaria è di circa 2,5 miliardi. In tale ottica - secondo Confindustria - è da sostenere la proposta di innalzare la soglia di finanziamento comunitario, che oggi è al 10%, ma anziché elevarla al 20% del costo delle opere, come prospettato dalla Commissione Europea, Confindustria suggerisce che venga alzata al 30%. Occorre inoltre che gli investimenti relativi alle grandi reti transeuropee siano scorporati dal computo della situazione di bilancio (rapporto deficit/Pil) dei paesi direttamente interessati dalle reti per la quota dell'investimento pubblico realizzato. L'Unione Europea, al di là delle spinte di ordine ideale legate al desiderio di una pace duratura, non può trascurare gli aspetti economici. E così come non possono essere trascurati i problemi dei paesi che fanno il loro ingresso nell'Unione (ai quali si è cercato di dare una risposta con un forte incremento delle spese per la politica agricola comune e lo sviluppo rurale nel triennio 2004-2006), non si può fare a meno di insistere sulle infrastrutture, che vanno accelerate e potenziate verso i paesi dell'Est, tenendo conto però di realizzare una equilibrata ripartizione. Ciò che non sarebbe, se il Corridoio 5 passasse al di sopra delle Alpi, tagliando fuori il Centro-Sud dell'Europa e, in particolare, l'Italia, un paese di 60 milioni di abitanti, uno dei paesi fondatori della Comunità europea.

01/16/2003

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