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La ripresa si allontana

I rinnovi contrattuali, le posizioni della Fiom. Il punto della situazione in un momento difficile per l'economia internazionale. In Italia, urgono riforme.

La fotografia dello stato attuale delle relazioni industriali, in un ambito decisivo come quello dei rinnovi contrattuali, si è avuta a metà marzo quando - nello stesso giorno e forse per una semplice casualità - si sono sovrapposti diversi avvenimenti. Da un lato Fim e Uilm, verificando l'impossibilità di recuperare il confronto con la Fiom, stanno ancora valutando come unificare le rispettive posizioni al tavolo dei metalmeccanici con il chiaro obiettivo di dare una sterzata alla trattativa e "provare" a chiudere una vertenza che, altrimenti, rischia di trascinarsi troppo nel tempo: anche se nessuno lo ammette apertamente, la soluzione che si profila è quella di un accordo separato come due anni fa.
Dall'altro, le tre sigle confederali dell'industria alimentare (oltre 300mila addetti) e quelle delle telecomunicazioni hanno presentato una piattaforma comune con analoghe richieste economiche: 100 euro d'aumento nel biennio 2003-2004. Nello stesso giorno a Roma Federchimica, Farmindustria e Fulc (il sindacato unitario della categoria) "esaltavano" il modello dei chimici che, a partire dagli anni '80, ha fatto della concertazione e del dialogo la caratteristica di un sistema di relazioni industriali in grado di assicurare la "pace" sociale nelle fabbriche e quella dose di flessibilità che ha aumentato - come ha sottolineato il presidente degli industriali chimici, Giorgio Squinzi - la competitività del settore.
Quella dei metalmeccanici - da sempre considerata a torto o a ragione la "madre di tutte le vertenze" con la sua carica di significati politici - continua a rappresentare un'anomalia nel panorama della stagione contrattuale che, questa primavera, interessa milioni di lavoratori. La Fiom gioca una partita in proprio - anche all'interno della Cgil - e punta ad esprimere non soltanto una posizione sindacale, con le rivendicazioni contro la "precarizzazione" del lavoro, ma anche un punto di riferimento politico: lo testimoniano l'attivismo sia nella campagna sulla pace sia a favore del "sì" nel referendum sull'estensione dell'articolo 18 alle micro-imprese. Che il rinnovo del contratto fosse per la Fiom soltanto un'occasione per dare fiato a due battaglie si è avuta già alla presentazione delle piattaforme con la rivendicazione dei 135 euro uguali per tutti (pari a un aumento dell'8,5%) e, soprattutto, con la decisione di mandare in soffitta la politica dei redditi. E proprio sull'accordo del '93 pare emergere una contraddizione all'interno della stessa Cgil perché, da un lato la Fiom si comporta come fosse superato e si sente libera di sfondare i vincoli e, dall'altro, la confederazione di Guglielmo Epifani si aggrappa a quella intesa di fronte alle richieste di una revisione che arriva dagli altri partner sindacali (Cisl e Uil). Il risultato è che, tra gli stessi esponenti dell'ala riformista della Cgil, c'è chi non si dispiacerebbe di un "buon accordo separato" sui metalmeccanici per recuperare la Fiom nazionale a quel ruolo sindacale che da troppo tempo sembra aver smarrito.
La vertenza dei metalmeccanici rappresenta un'anomalia nell'ambito dei rinnovi contrattuali perché in tutti gli altri settori tiene l'unità. Una modesta, ma non trascurabile consolazione, in una fase di grande confusione all'interno del mondo confederale. Ma è importante che "tenga" per evitare di mettere ulteriore benzina sul fuoco delle tensioni.
La conflittualità, infatti, sarebbe la peggior risposta a una situazione economica che vede allontanarsi le possibilità della ripresa anche per gli effetti degli sviluppi sul fronte della guerra che, non sono pochi a prevedere, potrebbe mettere in discussione il Patto di stabilità europeo. Solo all'inizio di quest'anno la ripresa era pronosticata a metà 2003 mentre adesso tutti sono convinti - in Usa come in Europa - che non prima del 2004 potrà ripartire una fase virtuosa. L'Italia, come tutti gli altri Paesi industrializzati, naviga a vista anche se deve affrontare la corsa con qualche handicap di partenza: dall'insufficienza delle infrastrutture che pesano su tutto il settore produttivo ai deficit sul versante della ricerca, alla necessità di riforme strutturali per pensioni e previdenza. E può essere solo una modesta consolazione il fatto che nel rapporto deficit/Pil del 2002 i grandi di Germania (-3,6%) e Francia (-3,1%) stiano peggio dell'Italia (-2,3%) che ha migliorato le performance rispetto all'anno precedente (-2,6%). Ma noi dobbiamo fare i conti con un debito pubblico ancora al 106,7% del Pil (era al 109,5 nel 2001) contro il 60,8% della Germania, il Paese più "malato" in Europa.
L'Italia non soffre di una sorta di declino industriale, e pertanto sono esagerati gli allarmi soprattutto della Cgil in questo senso, ma di una crisi di competitività che impone interventi immediati e strutturali a tutto campo. È positivo che Confindustria e sindacati abbiano avviato un confronto, iniziato dai temi strategici della ricerca e dell'innovazione, per individuare le ricette da suggerire anche al Governo: è un segnale importante che nel merito dei problemi le parti sociali possono ancora giocare un ruolo attivo e contribuire allo sviluppo del Paese.
Il problema è che bisogna fare in fretta sulla strada delle riforme: dopo quella del mercato del lavoro, di cui si attendono i decreti attuativi che la renderanno pienamente operante, adesso va affrontato il nodo delle pensioni con interventi incisivi. Se ce ne fosse ancora necessità pochi giorni fa il Governatore ha di nuovo sollecitato l'urgenza delle riforme strutturali: la ripresa si allontana, i conti pubblici preoccupano - avverte Antonio Fazio - l'economia perde competitività. E per il 2003 le previsioni del Bollettino di via Nazionale fermano la crescita del Pil all'1,3%, ben al di sotto di quelle del Governo che ha impostato i suoi conti su un incremento del 2,3%: per la finanza pubblica tutto rischia di diventare più complicato. Ma nel Bollettino c'è un elemento in più che consiglia per i contratti soluzioni in linea con la politica dei redditi: è ripartita la corsa del costo del lavoro da imputare soprattutto a un calo della produttività.

03/27/2003

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