L'ETERNO PROBLEMA DELLE LISTE D'ATTESA

Il Ministro della Salute Girolamo Sirchia ha l'ambizioso obiettivo di ridurre a 15 giorni l'attesa massima per un esame o una visita specialistica. Un sogno, il suo, che difficilmente potrà avverarsi, anche se ce lo auguriamo di tutto cuore. Intanto bisogna fare i conti con la dura realtà delle liste d'attesa che in alcuni casi hanno tempi biblici e collocano l'Italia in coda nell'Unione Europea. Eppure esiste una legge che impone alle Regioni di fissare un tempo di attesa massimo per ogni esame o intervento specialistico. Si tratta del decreto legge 124/98 che soprattutto tra i pazienti è quasi sconosciuto, mentre le ASL si guardano bene dal pubblicizzarlo. La legge parla chiaro: se per un'ecografia allo sportello del CUP, il centro unico di prenotazione, vi dicono che occorrono mesi, ovvero un'attesa superiore al tempo massimo fissato dalla Direzione Generale alla Sanità della Regione, allora ci si può rivolgere ad un privato e mandare poi il conto all'Asl. Per evitare costose situazioni del genere, quando scadono i termini, le Asl bloccano le liste ed invitano i pazienti a rivolgersi da un'altra parte. Non è facile conoscere quale sia i tempi d'attesa massimi stabiliti dalla Regione per alcune prestazioni sanitarie. I navigatori della rete Internet li possono leggere sul sito www.sanita.regione.lombardia.it. Ecco alcuni esempi: 25 giorni per una Tac, 35 giorni per una risonanza magnetica, 30 giorni per un'ecografia addominale, 40 giorni per una mammografia. Poi le singole Asl possono imporsi dei loro tempi, senza superare i tetti regionali, spiegano alla Direzione Generale alla Sanità del Pirellone. Comunque, se presso gli ospedali c'è il pienone, si può sempre ricorrere alle strutture accreditate, che di solito hanno tempi ragionevoli. E se c'è una reale urgenza, il medico di base ha la facoltà di apporre sulla ricetta il bollino verde: in questo caso il CUP ha l'obbligo di fissare un appuntamento nel giro di 48 ore.