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Una formazione fino in Fondo

I risultati del programma PISTE dimostrano che Varese è un terreno molto fertile per la formazione continua dei lavoratori. La necessità per le imprese di cogliere le opportunità dei Fondi interprofessionali.

L'argomento formazione è di estrema attualità: in un contesto economico in costante evoluzione è necessario un continuo aggiornamento, specie in quei settori che risentono maggiormente dei mutamenti.
Per le imprese pertanto diventa prioritario intraprendere percorsi di formazione rispondenti alle proprie esigenze, adeguatamente studiati e strutturati secondo le necessità, che possano rappresentare strumenti efficaci di crescita.
Per far questo occorrono una mentalità nuova da parte delle imprese, che sappiano evidenziare i propri bisogni formativi, e politiche sensibili alle esigenze delle singole realtà e del territorio, che tengano realisticamente presente anche un dato di fatto: la formazione ha degli inevitabili costi di gestione. Una soluzione a questo problema è offerta dall'istituzione del Fondo interprofessionale
Fondimpresa, costituito da Confindustria e Cgil, Cisl, Uil, destinato alla formazione continua dei lavoratori.
In pratica, le imprese possono decidere liberamente se destinare al Fondo, e quindi alla formazione, il contributo dello 0,30% già versato obbligatoriamente all'Inps, ottenendo in questo modo un ritorno diretto in termini di corsi di formazione senza spese aggiuntive.
Per questo si parla comunemente di formazione "gratuita".
In provincia di Varese peraltro non si è perso tempo. Già nel corso del 2005, infatti, cogliendo subito le opportunità offerte dai primi bandi di fine 2004, grazie al programma di formazione aziendale ed interaziendale PISTE realizzato dall'Unione degli Industriali e da CGIL, CISL e UIL con la partecipazione di Fondimpresa, sono state realizzate attività di formazione gratuita, da marzo a novembre 2005, per 205 imprese industriali, 3.689 lavoratori e complessive 7.230 ore di aula. Numeri che hanno superato le previsioni: nella fase di rilevazione dei fabbisogni formativi erano stati registrati un numero di imprese e di partecipanti che è quasi raddoppiato in fase di realizzazione del programma.
Un risultato molto positivo che conferma come la provincia di Varese sia terreno fertile per un programma strutturato di formazione continua, innanzitutto per la sensibilità al cambiamento che caratterizza il tessuto produttivo, ma anche perché qui il confronto tra le parti sociali ha portato ad un dialogo costruttivo e a progetti concreti.
Dopo questa prima fase, quindi, il programma è destinato ad entrare pienamente a regime con un'offerta piuttosto ricca rispondente ai bisogni espressi dalle imprese.
Il "sistema formativo" introdotto dai fondi interprofessionali, tuttavia, implica nuovi approcci, come il sociologo Nadio Delai sottolinea nel contributo riportato qui sotto.
In primis, le imprese dovranno saper individuare i propri bisogni formativi e cogliere le opportunità offerte dal Fondo, attivandosi fin d'ora per sfruttare in pieno le risorse economiche destinate a Fondimpresa.
L'offerta formativa di Fondimpresa
Il programma dei corsi è estremamente ricco e variegato: si va dal marketing all'informatica, dalla sicurezza, al tessile, toccando tutte le aree tematiche di interesse per le imprese e il territorio. L'obiettivo è quello di coinvolgere un numero sempre maggiore di aziende e lavoratori. Le imprese stesse possono segnalare ulteriori esigenze formative.
Per informazioni e per il catalogo gennaio - aprile 2006: www.percorsi-spi.it
Le basi del nuovo "sistema formativo"
Dove va la formazione e quali sono le novità introdotte dai fondi interprofessionali?
Il parere di Nadio Delai, sociologo, presidente di Ermeneia.

Nadio DelaiL'avvio dei Fondi interprofessionali dà origine, se ben gestito, ad una serie di novità rilevanti nel panorama della riqualificazione delle risorse umane.
In primo luogo si possono gettare le fondamenta di un vero e proprio "sistema formativo" che metta al centro la continuità dell'apprendimento lungo il corso della vita delle persone. Il modello di riferimento è quello francese, attivato più di trent'anni or sono, con l'1% del monte salari destinato a questa operazione (oggi ormai la Francia ha toccato il 2,5% contro il nostro 0,30%).
Ma la novità più importante è che il sistema mette in gioco la "bilateralità" cioè l'uso a fini progettuali condivisi delle Relazioni Industriali: il che significa creare un luogo di confronto per principio collaborativo e non negoziale (nel comune interesse dell'azienda e del lavoratore).
In secondo luogo i Fondi interprofessionali favoriscono un significativo spostamento di asse rispetto alle modalità del fare formazione, almeno sotto tre aspetti e cioè:
  • quello della generazione di fabbisogni che dovrebbero riportare l'attenzione sulla logica della domanda rispetto alla lunga stagione della prevalenza dell'offerta che ha caratterizzato la fase della formazione finanziata (era facile infatti partire dalle risorse economiche disponibili per poi andarci a cercare un portatore di domanda);
  • quello dell'articolazione dei possibili contenuti che dovrebbero battere i territori lasciati liberi dall'attività formativa istituzionale e consolidata, prendendo maggiormente in considerazione le necessità dell'impresa e delle persone, per plasmare così percorsi progettati ad hoc (coerenti con la fase di riposizionamento e di ristrutturazione che oggi l'impresa deve affrontare);
  • e quello delle modalità di somministrazione di una formazione che deve tener conto della brevità dei percorsi (poche ore in tutto) e della necessaria flessibilità degli strumenti (con poca aula e molta personalizzazione). In terzo luogo infine gli interventi legati ai Fondi Interprofessionali contribuiscono a generare anche un cambiamento di professionalità nei formatori, in armonia con il cambiamento delle condizioni appena ricordate. Servono in proposito competenze nuove, basate meno su professionalità "corsuali" e più su professionalità di sistema, visto che:
  • bisogna possedere una buona capacità di comprensione delle grandi dinamiche in cui l'azienda è inserita;
  • bisogna avere una buona capacità di "stanare" la domanda più che quella, antica, di trovare finanziamenti, per poter così penetrare a tutti gli effetti nell'impresa, specie se di piccole dimensioni;
  • bisogna avere capacità di integrare l'offerta che si fa con altri contesti di formazione preesistenti, mettendo in atto delle vere e proprie "catene formative" virtuose (che non contrappongano sistema a sistema ma che anzi vadano a cercare le opportune saldature);
  • bisogna avere la capacità di mettere in relazione un'impresa con l'altra, creando le condizioni per interventi orizzontali, all'interno di un settore o all'interno di un territorio.
In conclusione si può dire che l'esercizio nel campo della formazione continua finisce col prefigurare un mutamento radicale di filosofia formativa, imponendo di passare da una "visione solida" ad una "visione liquida". Se si vuole penetrare infatti all'interno dei pori della vita aziendale, con attività formative flessibili e brevi, ma fortemente connesse con il know how quotidiano di cui l'impresa è portatrice, serve un approccio leggero e flessibile: per l'appunto "liquido", contrapposto ad un'abitudine che era solita strutturare la formazione secondo modelli di offerta basati sulla solidità dell'aula, della docenza, dell'articolazione corsuale, del materiale didattico preconfezionato, secondo una logica di "pacchetto".
Il che non significa che non serva una severa strutturazione a livello di back-desk: creare delle opportunità formative liquide ma di alta qualità impone infatti una linea di progettazione molto stringata e minuziosa a monte che solo a queste condizioni può permettersi di essere sufficientemente morbida e sciolta a valle.

02/24/2006

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