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Gestire i rifiuti: ecco il Piano

Il programma varesino per regolamentare la gestione dei rifiuti in provincia da qui ai prossimi dieci anni.

Foto di Alberto BortoluzziRaccolta differenziata al posto delle discariche, termovalorizzazione invece dell'incenerimento, ecosostenibilità. In tema di rifiuti la Provincia di Varese ha dato delle risposte approvando il primo dicembre scorso il Piano provinciale per la gestione integrata dei rifiuti urbani ed assimilabili.
Dopo un lungo iter, il Consiglio provinciale ha approvato a maggioranza il documento che serve a comprendere quale sarà il percorso di gestione della questione rifiuti da qui a dieci anni.
Il Piano rifiuti è stato molto dibattuto a livello politico anche se ampiamente condiviso nelle sue linee guida non solo dalle opposizioni di Villa Recalcati, ma addirittura dalle associazioni ambientaliste. Il tema dei rifiuti costituisce per la provincia una priorità e una sommatoria di questioni che in passato hanno prodotto tensioni sociali, come l'ipotesi di realizzare un secondo inceneritore (oltre a quello esistente a Busto Arsizio, località Borsano) o le vicende legate agli impianti di compostaggio. In realtà all'interno del nuovo piano rifiuti non dovrebbe prefigurarsi in futuro nulla di tutto ciò. Il documento - che tratta, è bene specificarlo, dei rifiuti "urbani" e quindi non industriali - difatti si impone come obiettivo ispiratore un traguardo ambizioso: arrivare entro il 2014 al 60,4% di raccolta differenziata.
Le possibilità di raccolta differenziata previste nel precedente piano, vale a dire il 35% a regime, sono state già ampiamente superate: nel 2004 si è raggiunto il 48% che fa ben sperare nel raggiungimento del prossimo traguardo, il 56,8% previsto per il 2009. Si parte quindi da un trend virtuoso che porta la provincia di Varese nel primato delle cinque province riciclone d'Italia.
Foto di Vincent BergIn questo il piano, dal punto di vista politico, ha trovato la condivisione da parte delle minoranze in consiglio provinciale.
Un altro punto è la questione degli inceneritori. Il precedente piano rifiuti prevedeva la costruzione di un secondo inceneritore per lo smaltimento dei rifiuti prodotti nel bacino "nord". Oggi non è contemplata questa soluzione; si parla invece di impianti di biostabilizzazione, vale a dire strutture dove i rifiuti vengono vagliati e si produce il "combustibile derivato da rifiuti", il cosiddetto cdr. Questo è un prodotto che può essere impiegato per la termovalorizzazione in impianti che producono energia, o come combustibile al posto dei tradizionali combustibili fossili: è quindi una soluzione che permette un impiego in loco. Lo stesso assessore provinciale Francesco Pintus ha parlato di un'indagine condotta dalla Provincia da cui risulta l'interesse da parte di industrie locali all'impiego del cdr come combustibile alternativo.
La novità del nuovo piano sta nella suddivisione del territorio provinciale in "subambiti", che sono cinque, anziché le zone "nord" e "sud" del precedente documento. Ciascuno dei subambiti è formato da un numero di comuni nei quali la produzione di rifiuti non sia inferiore alle 20 mila tonnellate annue: si va dalla zona nord composta dai comuni montani a quella comprendente la fascia rivierasca del lago, da Varese alla zona centrale della provincia per finire col bacino sud occidentale comprendente Busto Arsizio. E' previsto che in totale, a livello provinciale, siano realizzati un massimo di cinque impianti di biostabilizzazione e pretrattamento dei rifiuti. Ciascun subambito potrà decidere in autonomia come impostare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti grazie ad un'assemblea composta dai sindaci: questo meccanismo lascia aperta la possibilità che due o più subambiti si accordino per realizzare impianti comuni.
Ed è in questo punto che il piano è stato maggiormente contestato dall'opposizione. Secondo gli esponenti della minoranza - Ulivo, Margherita, Ds, Prc e Verdi - "la provincia ha suddiviso il territorio in cinque subambiti con l'indicazione di un percorso di scelte non supportato da un documento strategico di indirizzo e di visione generale del territorio provinciale". In pratica l'opposizione contesta il fatto che gli amministratori locali siano lasciati senza una pianificazione dettagliata sul cosa fare all'interno di ogni subambito.
Un'altra questione che ha creato dibattito è rappresentata dall'inceneritore Accam. L'impianto di Borsano non è incluso, infatti, come "impianto di piano". Questo vuol dire che nel Piano rifiuti non è contemplata neppure l'ipotesi di revamping, cioè la riconversione della struttura, che, una volta completato l'iter del piano - sottoposto al benestare della Regione Lombardia che avrà tempo tre mesi dalla data dell'approvazione per esprimersi - passerà dal bruciare le attuali 400 tonnellate al giorno alle 200 previste dalle nuove regole. Che fare delle 200 tonnellate che non potranno più bruciarsi nei forni di Borsano - si chiede l'opposizione -, anche alla luce del fatto che l'impianto in questione cesserà la sua attività nel 2016?
"Con questo piano metteremo gli amministratori di fronte alla necessità di decidere, anche sull'impianto di Borsano (gestito da una spa ndr) - ha affermato il presidente della provincia Marco Reguzzoni. "Chi critica questo piano non ha chiare le dinamiche: se avessimo deciso dove fare gli impianti non ci sarebbe né concertazione, né democrazia. Il piano è frutto di un percorso di dialogo e di ascolto all'interno del quale sono stati recepiti i principi di Kyoto e i principi di Aalborg (ecosostenibilità, ndr)".

01/20/2006

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