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Il Monteverdi di Saronno

Un frate francescano saronnese vissuto nel Seicento, fra Sisto Reina, dimenticato per secoli, torna alla ribalta rivelando una bravura compositiva non lontana da quella del grande Claudio Monteverdi, che operò a Cremona. I due, assimilati dall'epoca storica, dalla stagione artistica, dal territorio. Il Barocco lombardo si rivela grande anche in campo musicale.

Brandelli di storia saronnese, insieme a diversi manoscritti contenenti dati relativi al frate francescano Sisto Reina, furono scoperti alcuni anni fa negli archivi del Santuario e hanno portato al desiderio di "scavare" nella memoria storica per ritrovare l'inizio di una storia che si è poi rivelata ricca di emozioni e sorprese: quella di fra Sisto Reina. Il cognome Reina, è tipico dell'onomastica saronnese ed è stata proprio la scintilla del cognome ad assecondare la ricerca. Dopo tre secoli di oblio, torna quindi la musica di questo frate francescano che amava suonare l'organo dell'Antegnati posto sulla balconata del Santuario di Saronno e viveva nel convento adiacente la chiesa barocca di San Francesco. L'antico convento, soppresso con l'arrivo di Napoleone nel 1797, non ritornò più in concessione ai frati e addirittura, nelle sale affrescate, vi furono per molti anni stoccate le merci e fu utilizzato anche come caserma per la leva militare. L'ultima destinazione, prima di essere acquistato dalla famiglia Lazzaroni e adibito ad abitazione privata, vide la nascita del PIME, Pontificio Istituto Missioni Estere, fondato dal saronnese patriarca di Venezia, Monsignor Ramazzotti. In questo contesto seicentesco, visse la sua esperienza saronnese fra Sisto Reina che compose circa 200 brani in nove opere, inizialmente sotto la guida di Michelangelo Grancini, maestro di Cappella del Duomo di Milano. La sua capacità nella composizione e nella musica fa capire che fra Sisto viveva all'interno di una grande scuola di cantori e si è rivelato non un compositore minore, ma un grande, paragonabile al coevo Monteverdi. Le sue musiche, magistralmente suonate e cantate durante un concerto, nella versione originale dal coro "Cappella Artemisia", hanno ritrovato le sonorità in un luogo ideale, il Santuario della Madonna dei Miracoli dove, davanti all'altare e sotto la cupola affrescata dal Gaudenzio Ferrari, dieci artisti (nove donne e un uomo) diretti da Candence Smith, hanno suonato antichi strumenti come l'arpa, l'organo, la viola da gamba e il cornetto, con il Coro degli angeli che li osservava dalla cupola.
La riscoperta delle numerose partiture, che danno origine a questa musica definita a ragione "celestiale" è da ascrivere alla Società Storica Saronnese coadiuvata da un comitato di persone amanti della storia e della musica che hanno dato modo di far conoscere questo patrimonio al di fuori della città. Le ricerche iniziali furono fatte dall'ing. Achille Sala, storico archivista del Santuario, mancato "sul filo di lana" insieme ad un altro grande ricercatore storico saronnese, il maestro Vittorio Pini. Tornando alla musica di questo frate francescano, "nobile per ceto, frate per vocazione e musicista per passione" come scrive Tito Olivato, autore di un pregevole libro sulle musiche e sulla vita di fra Sisto, queste melodie erano suonate e cantate principalmente nei conventi femminili dove le monache erano rinchiuse non sempre per vocazione ma, spesso, per non far disperdere il patrimonio di famiglie e casate facoltose che addirittura riuscivano ad ottenere "sconti" sulla dote se la fanciulla sapeva suonare o cantare. Scrive l'Olivato nel libro "Vita e Musica di fra Sisto Reina". "Nei conventi intorno al 1595, quasi tutti i monasteri fanno professione di musica, così del suono di più sorte d'instromenti musicali, come di cantare; et in alcuni monasteri ci sono voci tanto rare, che paiono angeliche, e a sembianza di sirene allettano la nobiltà di Milano d'andarle ad udirle". In quel periodo le autorità ecclesiastiche non vedevano di buon occhio questa forma d'arte anche perché le monache, per sopperire alle voci maschili, cantavano in tutti i registri, compresi quelli maschili e usavano strumenti considerati profani. Unica voce a sostegno fu l'arcivescovo di Milano Federico Borromeo, che incoraggiò l'uso del violino dentro la clausura e in più occasioni inviò del materiale musicale alle suore. Si può supporre che, nonostante i divieti, fra Sisto insegnò il canto per voci alte e basse in alcuni conventi, dove, per altro si perfezionava l'istruzione delle giovanette che comprendeva anche la musica.
A riprova che nel XVII secolo le suore di clausura furono vere esperte di musica e anche abili compositrici, nonostante il veto ecclesiastico. Nell'autunno del 1659, fra Sisto fu assegnato ad un convento di Bologna dove andò a ricoprire il ruolo di maestro di Cappella, ma i Deputati del Santuario posero la condizione che un altro frate minore, esperto di musica, lo sostituisse all'organo. La cosa curiosa è che il trasferimento del frate coincide con la fine delle musiche dedicate alle monache: probabilmente il suo interesse spaziava altrove o forse fu per l'ostilità a quel tipo di musiche da convento, dell'arcivescovo di Bologna che impose: "Ordine di servarsi dalle suore nel loro cantare et musica. La musicha delle suore si faci nel choro a basso dove stanno l'altre suore, si permette pero, che nel organo, possa cantare una voce sola nelli tempi concessi che non canti cose volgare ma latine ecclesiastice, et di religione…" Alcuni prelati fecero addirittura murare le cantorie comunicanti con le chiese esterne aperte al pubblico, per evitare che i credenti andassero solo per ascoltare le monache cantare anziché per pregare. Il canto delle monache, infatti, era finito per diventare una vera e propria attrazione turistica. L'unica concessione fu a Milano, dove prima il cardinal Borromeo e poi l'arcivescovo Visconti lasciarono libere le monache di sviluppare una cultura polifonica all'interno dei conventi. Tanta fu la loro arte nel comporre e nell'eseguire musiche che alcune composizioni riuscirono "ad uscire" dal convento, come nel caso della badessa Donna Emilia Grassi, del convento di Santa Cristina. Quando fra Sisto Reina lasciò Saronno, il Santuario saldò le sue competenze e l'organista compositore sottoscrisse questo documento: "Adì Primo settembre 1659. Io sottoscritto confesso di haver ricevuto dall'Signor Alluiggi S.Pietro lire 40 quali sono per saldo d'hoggi retro dell'mio salario per l'organo et in fede. Io Fra Sisto Reijna Organista". Morì presumibilmente a Desio nel 1664, dove ricopriva la carica di Padre Guardiano.

Chi era fra Sisto Reina

Fra Sisto Reina, nato probabilmente nel 1623, diventa frate minore conventuale francescano nel 1641. E' organista, compositore e maestro di musica nel Santuario di Saronno e in seguito organista e maestro in Emilia. I suoi lavori hanno prevaricato i confini saronnesi e percorso tutta l'Europa, quasi sicuramente per la divulgazione degli stessi francescani ed ora le poche copie salvate dall'incuria del tempo sono conservate presso varie istituzioni in Italia, Austria, Svizzera, Inghilterra e Polonia. Compose nove Opere edite fra il 1648 e il 1664, che comprendono mottetti, litanie e salmi in latino ed in volgare, sempre con accompagnamento strumentale.

In un volume l'opera del frate musicista

La vita e l'opera di Fra Sisto Reina viene ripercorsa nel volume di Tito Olivato "Vita e musica del minore conventuale fra Sisto Reina di Saronno", frutto di anni di pazienti ricerche archivistiche e edito dalla Società Storica Saronnese. Il volume riporta anche una selezione antologica e relativa analisi musicale delle nove Opere del compositore e le partiture di alcuni brani musicali tratti dall'Opera settima, denominata "Fiorita corona di melodia celeste".
Il volume è corredato da un cd con l'esecuzione di alcune composizioni di fra Sisto affidate al gruppo vocale-strumentale "Cappella Artemisia", ensemble che si propone di far luce sul mistero delle musiche conventuali, fornendo una interpretazione più possibile vicina alla realtà dell'epoca. Il complesso, fondato e diretto dal 1991, da Candence Smith è composto da un nucleo di otto-dieci cantanti con basso continuo. Il gruppo ha eseguito il proprio repertorio in prestigiose sedi come il festival delle Fiandre, il Festival Monteverdiano di Cremona, il concerto al Quirinale e in numerosi altri concerti tenuti nel Regno Unito e nel Nord America. Il complesso si dedica da anni all'esecuzione della musica dei conventi femminili del '500 e '600 con un repertorio che comprende opere scritte dalle stesse monache e dai più noti musicisti dell'epoca che hanno dedicato alle suore conventuali le loro composizioni.

02/22/2008

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