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Una legge elettorale che scontenta tutti

La formazione delle liste elettorali per il voto del 13 maggio è stata fonte di molte polemiche per via della pratica, diffusa, di "paracadutare" candidati ad opera delle segreterie nazionali dei partiti sui collegi più sicuri, che sono così stati privati della possibilità di esprimere uomini e donne del territorio. I partiti hanno esercitato un potere sovrano nel decidere le candidature e i corridoi delle segreterie politiche si sono riempiti di nuovi e vecchi personaggi che non hanno sempre dato una buona immagine.
Il Presidente del Senato Nicola Mancino, con un'espressione molto efficace sul piano della comunicazione, ha addirittura paragonato quanto accaduto al calciomercato. Sembra quindi che il sistema maggioritario uninominale, anziché restituire, come avrebbe dovuto, voce alla periferia, abbia prodotto il risultato contrario e lo abbia fatto, paradossalmente, proprio nei collegi di volta in volta considerati più sicuri dai partiti.
Dunque, un sistema elettorale che non piace. Anche per le seguenti ragioni.
La prima è che il sistema spinge a concludere, in campagna elettorale, patti di collaborazione o di desistenza tra forze politiche non sempre affini.
Un espediente finalizzato a vincere le elezioni, salvo rimandare a dopo gli scontri tra gli stessi partiti della coalizione: l'esatto contrario della stabilità che il maggioritario dovrebbe assicurare.
La seconda è riferita alla questione dello scorporo e delle "liste civetta", ossia delle liste che centrodestra e centrosinistra presentano, ai danni dei partiti più piccoli, per contrastare gli effetti del meccanismo dello scorporo.
Una questione che ha visto i leader dei partiti minori fare appello al Capo dello Stato e, addirittura, da parte di Rifondazione Comunista, denunciare alla Procura della Repubblica i candidati che si presentano in quelle liste.
Mai come in questa occasione la campagna elettorale è stata tanto avvelenata e, anche a questo riguardo, la causa è da ricercare nelle incongruenze del sistema elettorale, sottolineate da quei commentatori che hanno ampiamente giustificato
le "liste civetta" sostenendo che le stesse rappresentano una legittima difesa contro un sopruso insito proprio nel sistema, ossia la previsione di quello scorporo che ha attenuato non poco il sistema maggioritario aumentando l'incidenza della quota proporzionale, tradendo così le indicazioni date dagli elettori in occasione del referendum.
Senza entrare nel merito della opportunità o liceità delle "liste civetta", ci sembra che quest'ultima osservazione abbia il pregio di sollevare la questione di fondo: quella cioè di un sistema elettorale maggioritario zoppo, contraddittorio e che non funziona.
Che sembra proprio scontentare tutti, oltre che non assicurare una condizione di governabilità. Un sistema quindi che deve essere riformato, come d'altro canto hanno dichiarato anche gli esponenti più autorevoli dei due maggiori schieramenti, Silvio Berlusconi e Piero Fassino in testa. I rimedi ipotizzabili sono diversi: il doppio turno, le primarie, l'nnalzamento dello zoccolo, l'elezione diretta del premier e altro ancora. E poi, la sfiducia costruttiva e norme anti-ribaltone.
L'augurio è che il futuro Parlamento abbia la volontà e la capacità di approvare un nuovo sistema elettorale coerente e funzionante, anche contro gli interessi contingenti dei partiti.

04/19/2001

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