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Sfida ai ghiacci da Varese

Parte dal ghiaccio lo studio del clima: una spedizione in Antartide, organizzata dall'Università dell'Insubria, per cercare risposte ai mutamenti di clima del pianeta.

"Una cosa è certa: il 'global warming' (il riscaldamento globale del pianeta) non c'è". Ad affermarlo è Mauro Guglielmin, professore all'Università dell'Insubria, di recente tornato dalla sua ennesima spedizione in Antartide. Da anni è impegnato in un progetto finanziato dal Consorzio Programma Nazionale Ricerche in Antartide per studiare il "permafrost" e lo "strato attivo".
Nella base italiana Mario Zucchelli prima (collocata sulla costa del Mare di Ross al 74° parallelo) e, in diverse altre basi antartiche, Mauro Guglielmin cerca informazioni sui cambiamenti climatici e sulla storia del clima. "Il permafrost - spiega il docente, responsabile del progetto che coinvolge 6 università - è qualsiasi materiale, terreno o parete di roccia, che nell'arco di almeno due anni non ha mai raggiunto una temperatura superiore allo 0. Lo strato attivo, invece, è quella porzione di permafrost che per alcuni giorni o settimane ha superato quella soglia. Sono entrambi importanti indicatori dei cambiamenti climatici perché evidenziano il 'bilancio energetico'. In parole povere, può accadere che, nonostante l'innalzamento della temperatura dell'aria, lo strato attivo non aumenti il suo spessore e ciò perché nel corso dell'anno si sono avute nevicate o piogge più abbondanti. I due elementi costituiscono quasi una sintesi annuale delle condizioni climatiche di un luogo.
Il riscaldamento globale non esiste: nell'Antartide continentale, per esempio, negli ultimi dieci anni abbiamo assistito ad un abbassamento della temperatura, un fenomeno in contrasto con ciò che accade in altre zone del pianeta. Non dico, con questo, che non esista 'l'effetto serra', fenomeno evidente così come lo è la riduzione progressiva dei ghiacciai. Dico che ci sono varie e diverse situazioni che hanno bisogno di essere studiate e capite meglio. Se generalizziamo, allora fermiamo la ricerca e con quella, la raccolta di dati e risposte precise".
Ogni estate, lo strato attivo cambia profondità: da quelle variazioni, il professor Guglielmin e la sua equipe hanno indicazioni del bilancio energetico: "Se anche si alza la temperatura dell'aria ma la terra mantiene la stessa temperatura, allora vuol dire che le precipitazioni (nevose o piovose) sono state più abbondanti. Ciò che non possiamo dire con certezza è se i cambiamenti climatici sono opera dell'uomo".
Dall'Antartide alle Alpi
Ciò che viene studiato nell'Antartide, viene rilevato anche sulle nostre Alpi, seppur con finanziamenti e sostegni di gran lunga inferiori. Il professor Guglielmin ha una stazione sullo Stelvio dal 1998. Anche qui l'oggetto dell'indagine sono permafrost e strato attivo. A cento metri di profondità, gli studiosi hanno rilevato una temperatura inferiore allo 0 di 1,4 gradi. Quella temperatura indica che duecento anni fa la temperatura esterna era di - 2,6° mentre oggi la media si aggira attorno ai - 2,4°.
Una variazione infinitesimale, potrebbe dirsi, se non fosse che durante quello stesso periodo si sono registrati innalzamenti e abbassamenti consistenti delle temperature del suolo di oltre 1°C.
A parte i dati sulla storia del clima e sui suoi mutamenti, gli studi che sta effettuando il docente dell'Insubria sulle Alpi hanno anche un grande valore dal punto di vista della sicurezza e della prevenzione: "Al di sopra dei 2.000 metri, sulla nostra catena montuosa, il permafrost è presente in maniera discontinua. In genere, poi, il ghiaccio riscontrabile nel permafrost è 'ghiaccio caldo', con la temperatura variabile tra i -3 e gli 0 gradi. Le condizioni del terreno sono, allora, le più instabili possibili a causa del formarsi di film di acqua all'interno del ghiaccio. Devono farsi risalire a questi mutamenti, la terribile frana della Val Pola nei pressi di Bormio nel 1987, o quella meno drammatica ma ugualmente pericolosa della Punta Thurwieser. Quando si costruisce in alta montagna si dovrebbe sempre fare un'indagine del tipo di terreno sottostante alla ricerca di permafrost e dell'eventuale 'ghiaccio caldo'. La necessità non è ancora molto sentita: ho richieste dalla Val d'Aosta o dall'estero, ma gli investimenti in questo senso sono decisamente limitati".
Da anni alla ricerca di risposte dai ghiacci, il professor Guglielmin sta promuovendo anche lo studio alcuni esseri viventi, batteri, muschi, licheni, alghe, rinvenuti nel permafrost. Si cerca di capire quali siano le caratteristiche di questi esseri che vivono in condizioni analoghe a quelle ritrovate su Marte. Un campo di ricerca delicato che potrebbe preludere al coinvolgimento del gruppo di ricerca nella preparazione di una delle "missioni marziane".

01/20/2006

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