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Age management nel futuro delle imprese

Politiche di sistema e strategie delle organizzazioni per riqualificare i lavoratori maturi. Queste e altre indicazioni nella ricerca dell'Università Carlo Cattaneo - LIUC sugli over 50.

Una fotografia esaustiva della situazione dei lavoratori over 50 nel nostro Paese, corredata da alcune linee guida per l'avviamento di politiche congiunte, che vedano in sinergia pubblico e privato, nell'ottica di un intervento efficace su quello che sta diventando un fattore di crisi sociale non indifferente.
I risultati della ricerca dal titolo "La valorizzazione dei lavoratori maturi (over 50): una sfida per le politiche pubbliche e per le strategie dei lavoratori", condotta dall'Università Carlo Cattaneo - LIUC e promossa da Italia Lavoro, sono stati presentati nel corso di un convegno presso l'ateneo, che ha visto gli interventi di rappresentanti del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e di associazioni di categoria, nonché dei governi di Francia e Germania, segno della vocazione europea del progetto.
Punto di partenza imprescindibile, la riflessione attorno ad alcuni dati: nonostante la popolazione italiana di età superiore ai 65 anni sia quasi il 20% del totale, nel nostro paese il tasso di occupazione nella fascia di età tra 55 e 64 anni supera di poco il 31%.
Oltre 10 punti in meno rispetto alla media dell'Unione Europea e quasi 20 punti al di sotto dell'obiettivo fissato per il 2010 dal Consiglio europeo di Lisbona nel 2000.
In questo contesto, l'impiego lavorativo efficiente delle persone che hanno superato la soglia dei 50 anni, e anche di quelle oltre i 60 e i 65, considerando l'idea di una indicizzazione alla longevità della soglia di ingresso nella vera e propria "vecchiaia", diventa una questione di grande rilievo.
Tuttavia è presente un atteggiamento generale, diffuso tra i lavoratori italiani over 50, ma anche tra le forze sindacali e i datori di lavoro o le loro rappresentanze associative, non particolarmente favorevole al prolungamento dell'attività lavorativa tra i 55 anni e i 60 e oltre.
I lavoratori finiscono per sentirsi in conflitto tra la richiesta di lasciare spazio ai giovani e quella di ritardare il pensionamento, per alleviare gli oneri della previdenza.
Punto di forza della ricerca della LIUC è il focus sulla necessità di operare a livello di politiche pubbliche (europee, nazionali, regionali), ma anche a livello di organizzazioni, nonché su un differente approccio alla materia, per cui non si parla tanto di invecchiamento quanto di allungamento del ciclo di vita.
Una differenza tutt'altro che marginale, nel segno della volontà di valorizzare il capitale umano rappresentato da questi lavoratori, stimolando strategie di age management nelle organizzazioni.
Impossibile, comunque, adottare una linea perfettamente omogenea, vista l'eterogeneità della popolazione degli over 50, la cui ricollocazione professionale è dunque un problema assolutamente trasversale, che richiede un approccio flessibile, una molteplicità di strumenti ben mirati rispetto a situazioni, contesti, esigenze tra loro molto differenti.
Si ipotizza di realizzare un circolo virtuoso che comprenda alcuni orientamenti di base nelle politiche di sistema, tra cui sistemi previdenziali che favoriscano la flessibilità, interventi e politiche sanitarie orientate all'active ageing, nuovi assetti contrattuali e retributivi che favoriscano il prolungamento dell'attività lavorativa.
E ancora, politiche attive del lavoro per intervenire nella gestione delle crisi, formazione continua per tutte le fasce dei lavoratori e in tutte le fasi della vita, traduzione delle norme legislative antidiscriminazione in provvedimenti di valenza operativa e promozione dell'equilibrio vita-lavoro.
Quanto agli aspetti strettamente contrattuali e retributivi, la ricerca sottolinea l'importanza di ottenere una maggiore considerazione dei diritti individuali rispetto a quelli collettivi e di passare dalla remunerazione dell'anzianità tout-court a quella delle prestazioni, in relazione dunque alla produttività e alla qualità dei risultati ottenuti.
Un salto di scala che l'intero panorama italiano del welfare dovrebbe intraprendere: è necessario fronteggiare una sfida che riguarda al tempo stesso le classi di età più giovani e mira a prevenire i problemi futuri riequilibrando le politiche sociali e la destinazione delle relative risorse rispetto all'intero ciclo di vita delle persone.
A questo proposito nella ricerca emerge la proposta del cosiddetto quarto pilastro, che consiste nel ricorso al lavoro a tempo parziale per le persone che hanno superato i 60 anni, in un periodo di transizione tra l'impiego a tempo pieno e il pensionamento.
E a fianco delle politiche di sistema, anche le strategie delle organizzazioni sono chiamate a rispondere in maniera esaustiva sul tema, attraverso alcune linee guida, come la gestione della demografia aziendale, l'innovazione nel disegno dei compiti, l'utilizzazione del performance management, la gestione degli spazi e dei tempi di lavoro, l'attivazione di apprendimento e trasferimento di conoscenze, la costruzione di un ambiente di dialogo intergenerazionale, la gestione della mobilità e dell'outplacement.
L'intervento più macroscopico riguarda però la promozione di un clima d'opinione favorevole all'active ageing e alla valorizzazione delle classi di età mature e anziane.
Il contributo che i cosiddetti lavoratori maturi possono portare alle organizzazioni del futuro può condurre a una profonda innovazione delle stesse.
In altre parole, sono proprio i "vecchi" a svecchiare il mondo produttivo, a obbligare le organizzazioni a diventare più flessibili, ad essere realmente organizzazioni giovani.

01/18/2008

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