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I cromlech del Monsorino

Un'area funeraria nel sito archeologico di Golasecca (VIII-VII sec.a.C.) descritta in questo articolo scritto per Varesefocus da Maria Adelaide Binaghi, ispettrice per la provincia di Varese della Sovrintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, scomparsa lo scorso 12 agosto.

L'area archeologica del Monsorino, inserita nel Parco del Ticino allo sbocco del fiume dal lago Maggiore, collocata con le attigue necropoli del Galliasco e delle Corneliane sulle colline moreniche prospicienti il Ticino, è l'unica testimonianza monumentale della cosiddetta "cultura di Golasecca". Tale civiltà, di origine celtica, si sviluppò nella Lombardia occidentale, in Piemonte e nel Canton Ticino, in un'area compresa tra i fiumi Sesia e Serio, nel corso del I millennio a.C. durante la prima età del Ferro. Cronologicamente fu contemporanea alla civiltà etrusca e a quella paleoveneta, con cui i golasecchiani stabilirono stretti contatti culturali e commerciali.
L'area occupata ebbe, infatti, un'importanza strategica fondamentale durante l'età del Ferro in quanto punto nodale di scalo a fiume per i prodotti commerciali quali olio, vino, oreficerie di lusso e artigianato locale provenienti dall'ambiente mediterraneo ed etrusco che venivano trasportati ai mercati transalpini celtici attraverso il Po, il Ticino, il lago Maggiore e i valichi alpini del Gottardo, dello Spluga e del San Bernardino. Esisteva, infatti, con ogni probabilità, in questo tratto del Ticino, da parte delle genti golasecchiane, una forma di controllo dei traffici commerciali, con pagamento di pedaggio per le merci che, sui barconi da lago, proseguivano il loro viaggio verso il nord Europa.
Dal mondo celtico venivano importate materie prime quali il sale per la conservazione dei cibi e lo stagno per la produzione di manufatti metallici. L'area archeologica del Monsorino fu individuata per la prima volta nel XIX sec. dall'abate G.B. Giani (1788-1857) eminente studioso, nativo di Golasecca, che interpretò erroneamente i circoli di pietra e le sepolture rinvenuti nelle colline, come le basi delle tombe di un accampamento romano, qui stanziato durate la seconda guerra punica. Dalla fine dell'800 l'area fu oggetto di scavi sistematici che permisero di individuare una civiltà più antica di quella romana stanziata sulle colline del Ticino. Castelfranco, uno dei più importanti archeologi della fine dell'800, mise in luce in quest'area centinaia di sepolture e una cinquantina di strutture monumentali a circolo, i cosiddetti "cromlech". Lo studioso aveva individuato la più antica civiltà celtica insediata nel territorio lombardo.
Negli anni '60 la Società Gallaratese di Studi Patri intraprese, sotto la direzione di A. Mira Bonomi, il ripristino di una parte dell'area funeraria e individuò un fondo di capanna nel pianoro sottostante. I "cromlech" tuttora visibili al Monsorino sono datati tra VIII e il VII sec. a.C., per la tipologia dei corredi tombali trovati al loro interno. Il diametro delle strutture costituite da ciottoli fluviali accostati l'uno all'altro varia dai 5 ai 9 mt. Le tombe in esse individuate erano a cremazione, cioè con le ossa del defunto combuste precedentemente su un rogo funebre, e conservate in urne in ceramica di impasto decorate a incisione con motivi a denti di lupo. Le sepolture erano poste in fosse, talvolta protette da lastre litiche, con all'interno un corredo di ceramiche, oggetti in bronzo ornamentali, attrezzi in ferro che rappresentava il sesso e l'attività del defunto.
In anni recenti (1985-87) la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia ha individuato, nel pianoro sottostante l'area archeologica, una vasta necropoli di cui sono state messe in luce 46 sepolture che documentano la frequentazione del sito fino al VI a.C. Questa fu l'epoca di maggior sviluppo della civiltà di Golasecca a cui risalgono due straordinarie tombe di guerriero individuate a Sesto Calende, che attestano la presenza nella comunità golasecchiana di una aristocrazia guerriera, con ogni probabilità capi tribù, e quindi di una stratificazione sociale ben definita.
Nel 2001 l'area recintata in cui sono conservati tre "cromlech" e due "allée" (corridoi di accesso di forma rettangolare) è divenuta proprietà demaniale ed è stata aperta al pubblico con una cerimonia di inaugurazione in occasione della IV° settimana della cultura, il 20 aprile 2002. Essa costituisce una delle aree archeologiche dello Stato visitabili in Lombardia accanto all'area di Castelseprio (VA), alle grotte di Catullo a Sirmione (BS), al parco nazionale delle Incisioni rupestri della Valcamonica (BS). Quest'area è l'unica di età protostorica.
La necropoli del Monsorino con il suo carattere monumentale ben evidenzia, infatti, la sfera spirituale del popolo golasecchiano, che rivolgeva una grande attenzione al mondo dei morti, collocando le necropoli in aree specifiche, rivolte verso le costellazioni a cui i celti erano devoti, e con cerimonie funebri di cui le "allée" e i "cromlech" sono una testimonianza. Doveva infatti svolgersi un corteo che trasportava il defunto dalla pira al luogo della deposizione. Una descrizione della cerimonia funebre è ben narrata dallo stesso Omero nell'"Iliade" quando parla del rito funebre dopo la morte di Ettore. La rivisitazione di queste antiche presenze della protostoria lombarda rappresenta, quindi, un importante evento culturale a cui si affiancano visite guidate in collaborazione con la Pro Loco di Golasecca, che attraverso l'allestimento didattico realizzato nell'area con pannelli esplicativi e depliant, consentirà a un pubblico interessato di approfondire le sue conoscenze sulla storia del popolamento del nostro territorio inserito nel più vasto ambito italiano ed europeo.