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Troppe alluvioni, il Varesotto va sempre K.O.

Danni per 77 miliardi, 400 imprese colpite. Ancora poco si è fatto per evitare i disastri causati dai corsi d'acqua.

L'emergenza è passata, la grande paura e i danni rimangono.
A un mese dall'alluvione che ha devastato una larga fetta della provincia di Varese, è ora il momento delle analisi e delle riflessioni. Che sono amare, come troppo spesso è accaduto in un passato anche recente. Le cifre sono ancora una volta impressionanti:
su 141 Comuni della provincia, ben 45 hanno dichiarato danni, per un totale di 77 miliardi stimati dalla Prefettura.

Soltanto per l'apparato economico le cifre evidenziano perdite dell'ordine delle decine di miliardi: 400 le imprese coinvolte. Attorno ai 12 miliardi i danni subiti dall'apparato industriale.

Le località lungo il Lago Maggiore sono state devastate: nella sola Luino si parla di danni per circa 18 miliardi subiti dalle strutture private, tra case e immobili a uso abitativo ed esercizi commerciali; duramente colpito anche il patrimonio comunale, con danni quantificabili attorno ai 3 miliardi.


Altrettanto devastante è stata la forza delle acque del Verbano a Laveno Mombello e a Sesto Calende, dove pure il Ticino ha faticato a rientrare nel suo letto. Ad Angera, poi, sono stati stimati in 850 milioni i danni alle abitazioni, in 3 miliardi quelli alle strutture pubbliche e in 1,2 miliardi quelli alle strutture del commercio e dell'industria.
Il Lago Maggiore nelle scorse settimane ha toccato quota 197,70 metri sul livello del mare: è cresciuto, quindi, di 4,69 metri rispetto allo zero idrometrico, che è di 193,01 metri. Questa volta, insomma, sono stati tanti i centimetri in più (trenta per la precisione) rispetto al record dell'ultimo secolo, che si era verificato nel 1993 con un'esondazione alta 4,39 metri. Ma possiamo, purtroppo, aspettarci anche di peggio: i dati sulle piene del lago ci dicono, infatti, che nei secoli precedenti il Verbano è stato capace di ben altro. In assoluto, l'anno più catastrofico fu il 1868, quando il livello dell'acqua crebbe di quasi sette metri! Più indietro, nel 1840, i metri raggiunti furono quasi cinque.

Se la storia è veramente maestra di vita, non possiamo evitare di alzare con forza la richiesta alle autorità competenti di agire in modo adeguato e al più presto.
Al contrario, il futuro delle genti del Verbano potrebbe, di nuovo, essere pieno d'incertezze.
Più benigna, questa volta, è stata la sorte con gli abitanti della Valle dell'Olona. Merito, in verità, non soltanto della buona sorte, ma anche di alcune opere che, finalmente, sono state realizzate. E così a ottobre - risparmiati gli insediamenti produttivi e le località a nord - a essere colpita, parzialmente, è stata la sola città di Legnano.

Nella notte fra domenica 15 e lunedì 16, il fiume Olona è fuoriuscito in via Milano devastando l'ex palazzina dei vigili, oggi sede dell'Associazione musicale Jubilate, di alcune società sportive e di altri sodalizi. Danni per un centinaio di milioni tra computer, mobili, strumenti musicali e altre attrezzature distrutte. Sono stati distribuiti 2.500 sacchetti di sabbia e transennate le zone cittadine più a rischio, come il punto in piazza Carroccio dove la pressione dell'acqua (il fiume scorre sotto il livello della strada) ha aperto una lunga crepa. Il livello delle acque è, poi, lentamente sceso, ma la paura resta.

L'Olona, infatti, ormai ciclicamente va soggetto a piene che colpiscono duramente l'intera Valle. Le sue esondazioni hanno procurato nel recente passato, a più riprese, ingentissimi danni sia alle attività produttive, sia agli insediamenti abitativi. L'alluvione del settembre 1976 causò danni per oltre 51 miliardi: tra la fine di settembre e la metà di novembre il fiume ruppe gli argini tre volte. Gravissimi, poi, i bilanci delle devastazioni del 1992 (si parla di circa 250 miliardi) e del 1995. Anche negli anni Sessanta, però, - e ancor prima nel 1951 - il fiume aveva fatto le bizze.

Eppure negli anni Ottanta vennero individuate delle possibili soluzioni per il contenimento del rischio di esondazione: in primo luogo, la cassa di laminazione a Malnate, in località Ponte di Gurone, e, successivamente, altri manufatti simili posti più a valle lungo il corso dell'Olona.

La tracimazione del Lago Maggiore a LavenoProprio nel 1980 l'Associazione per la tutela del fiume Olona e del suo territorio (costituita da una serie di imprese industriali) finanziò il progetto di massima della cassa di laminazione, che fu presentato nel luglio del 1981. Il progetto venne condiviso e fatto proprio dal Magistrato del Po, che addirittura lo portò ad ulteriori sviluppi mediante la previsione di altre casse di lavorazione poste lungo l'asta del fiume.
Nel 1990 iniziarono i lavori di costituzione, ma il miliardo e mezzo a disposizione venne utilizzato non per realizzare la diga, bensì un'opera diversa che doveva avere la funzione di preservare in caso di spagliamento dell'acqua (cioè la laminazione della piena) dei vecchi mulini abbandonati, in località Ponte di Gurone.
Fatti i lavori per tutelare i Mulini dalle acque in spagliamento, non ci furono più i quattrini per fare la diga che lo spagliamento avrebbe dovuto provocare.
Da allora, non è stato fatto più nulla.
Negli anni immediatamente successivi furono stanziati altri
25 miliardi, poi portati a 35, che tuttavia non si è riusciti paradossalmente ad impiegare per motivi eminentemente burocratici: un'interminabile via crucis di pareri, osservazioni e riunioni ha impedito la riapertura dei cantieri. Eppure la cassa di laminazione di Gurone è indispensabile proprio perché è la prima di una serie di opere analoghe da costruire più a valle.
Intanto, la spada di Damocle del rischio idrogeologico pesa sul futuro di migliaia di famiglie e di sessantamila lavoratori delle aziende della Valle Olona.

11/06/2000

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