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Il salame prealpino, da Alboino ai cerveleé

Si ottiene lavorando carne fresca di suino allevato nelle stalle lombarde. A grana media, insaccato in budello di maiale legato a mano.

Sulle orme dei mastri salumieri longobardi. Dopo Milano e la Brianza, anche Varese si prepara ad avere il suo salame tipico, una ghiottoneria che stando alla leggenda risalirebbe nientemeno che ai tempi di re Alboino. Il disciplinare che detta le regole per produrlo è pronto e si è già costituito il Consorzio di tutela.
Documenti alla mano, il salame nostrano deve la sua origine al lavoro dei "cerveleé" che si sono tramandati la ricetta negli ultimi cent'anni. Si ottiene lavorando carne fresca di suino allevato nelle stalle lombarde o delle regioni confinanti. Dev'essere a grana media (poco meno del salame di Varzi), insaccato in budello di maiale legato a mano e stagionato almeno 45 giorni. Dunque dopo il vino, la formaggella e il gorgonzola, dopo il miele e le azalee, anche il salame varesino imbocca la strada della Igt.
Le medaglie al merito non mancano nel senso che il Varesotto, in fatto d'arte salumiera, può dire la sua con le diverse specialità di maiale, di cavallo e capra: dalla coppa di Busto Arsizio ai violini delle valli luinesi al lardo lonzato del Verbano.
L'Antico Salumificio Bustese esportava in America già alla fine dell'Ottocento e il cavallino di San Siro, prodotto dalla bottega artigiana Minoli di Gallarate, è una specialità apprezzata come l'alta salumeria equina del basso lago Maggiore e del Ticino. Da quelle parti, si dice, c'è un'aria ideale per la stagionatura.
Da almeno quarant'anni è sul mercato il nostranello di Varese che è ora al centro del progetto Igt (sono in corso le ricerche storiche, per avere un dossier completo ci vorrà almeno un anno).
CASTAGNE PER I MAIALI
Rinomati sono i salumifici Mentasti a Gazzada, Colombo di Crosio della Valle, Giuseppe Cantù di Somma Lombardo, Galli e Martinelli di Arcisate, quest'ultimo celebre per le bresaole. Il lardo lonzato del Salumificio Colombo è stato invece premiato ad Exposapori 2005, come uno dei tre migliori prodotti della salumeria lombarda.
Fuori dal consorzio sono invece il salumificio Ceriani di Uboldo, nota azienda di grandi dimensioni e con diverse unità produttive anche in Emilia, e Locatelli di Marzio un piccolo produttore che, invece, alimenta ancora i maiali con le castagne per dare un sapore particolare alla carne.
D'ora in poi il fiore all'occhiello sarà però il salame prealpino, in corsa per la indicazione geografica tipica. "Il disciplinare raccomanda di confezionarlo in forme cilindriche da un chilo, quindi non sono previsti i salamini - spiega Marco Colombo, responsabile marketing del Consorzio - La tecnica prevede di macinare il grasso e la carne di coscia e di spalla del suino, mondata dai nervi e d'insaccare il tutto in un budello naturale. Subito dopo l'insaccatura, il salame è legato a mano, come al tempo dei nostri nonni e appeso in locali a temperatura e umidità controllate. Inizia così il processo di stagionatura che dura almeno otto settimane".
Il disciplinare si propone di rendere omogenea la scelta degli ingredienti, l'insaccatura e la stagionatura, senza usare budelli sintetici e macchinari per la legatura. Il progetto nasce dalla necessità di non perdere la produzione suinicola e la tradizione della norcineria che stavano scomparendo.
In provincia operano attualmente due salumifici con produzioni semindustriali e con una quindicina di dipendenti ciascuno. Cinque sono i piccoli artigiani di qualità e nove gli agricoltori.
Il consorzio ha il riconoscimento della Camera di Commercio e della Provincia e il supporto tecnico della Asl e dell'Istituto zooprofilattico lombardo.
IL BUSINESS DELLA STALLA
"Il giro d'affari del solo salame prealpino è oggi di 500 mila euro - spiega il responsabile marketing - Produciamo sessantamila pezzi l'anno, un terzo dei quali ad opera degli agricoltori che utilizzano propri maiali. Nell'indotto lavorano un centinaio d'addetti".
Il progetto varesino è innovativo perché vede per la prima volta insieme gli allevatori, gli agriturismi, la piccola industria locale di trasformazione e l'artigianato.
"Il disciplinare obbliga gli agricoltori ad utilizzare carni dei propri allevamenti e carne italiana, invece, ai produttori artigianali e industriali - aggiunge Colombo - Il regolamento è rigidissimo. Nel Varesotto esistono ricette da più di cent'anni. Ci sono vecchie foto in bianco e nero che documentano la vita quotidiana dei piccoli salumifici artigianali, camioncini in viaggio per le consegne e filze di profumati salamini appesi in cantina. Antiche carte rivelano addirittura che, nel Medioevo, nelle nostre valli era prevista l'esenzione dal pagamento delle tasse sulla produzione delle 'slinzeghe', cioè i salami di carne secca. In alcune ricette dell'800, ritrovate in Valcuvia, si parla di salame a grana grossa".
Un'ultima raccomandazione, prima di augurare a tutti buon appetito. Come distinguere i salami preparati dagli allevatori da quelli artigianali e semindustriali?
"Ci saranno i bollini verdi per identificare i salami di produzione agricola - risponde Colombo - I bollini rossi individueranno, invece, i salami di produzione artigianale e industriale".

La tradizione Longobarda
Gli antichi Romani avevano il culto del maiale e Plinio sosteneva che l'animale fosse in grado di esprimere cinquanta sapori diversi. Per Varrone, il buon capofamiglia doveva provvedere personalmente alla salagione dei quarti di suino, invece di perdere tempo andando a comprare il salame in bottega. E Orazio elogiava addirittura, come una primizia, "l'utero della scrofa".
Se i contemporanei di Nerone andavano pazzi per le salsicce, furono però i longobardi a fissare le regole della conservazione, consentendo il passaggio dal prosciutto cotto al crudo. Il popolo di Liutprando, di casa in Lombardia, aveva un'autentica predilezione per tutto ciò che era di origine suina. La tradizione ha cavalcato i secoli ed è arrivata fino ad oggi. Al punto che una nota ditta di salumi milanese, presenta il suo "crespone" come un'eredità longobarda.

I produttori soci del consorzio
Azienda agricola Cascina Campaccio, Casale Litta
Azienda agricola del Chiostro di U. Talamona,
Voltorre di Gavirate
Azienda agricola del Lago di V. Talamona, Oltrona
Azienda agricola La Germana, Caronno Varesino
Azienda agricola Gloria Martinelli, Arcisate
Azienda agricola Luca Martinoli, Bedero Valcuvia
Azienda agricola Luigia Moschieri, Travedona Monate
Azienda agricola Oasi di Scandroglio, Cassano Magnago
Azienda agricola Pian del Lares, Armio Veddasca
Azienda agricola Claudio Vallini, Venegono Inferiore
Colombo Salvo & C., Crosio della Valle
Giuseppe Cantù e figli, Somma Lombardo
Daniela Lozza, Casale Litta
Salumificio Bustese, Busto Arsizio
Salumificio Mentasti, Gazzada Schianto
Salumificio Minoli, Gallarate

01/20/2006

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