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Gallarate: un gran pasticcio

Da troppi anni nessun sindaco conclude regolarmente il suo mandato. La sequela delle elezioni anticipate. L'ultimo rinvio al 27 maggio. I bisticci sull'area a fianco della 336.

La stabilità politica e la possibilità di uno sviluppo programmato della città, ormai, sono poco più che un flebile ricordo. Per ritrovare un sindaco e una giunta che non siano stati costretti a lasciare le cariche anticipatamente dobbiamo risalire a tanto tempo fa, addirittura alla fine degli anni Ottanta.
Da allora in poi la vita amministrativa di Gallarate è stata assai tormentata: un susseguirsi di crisi, dimissioni, vicende giudiziarie, contrasti interni ai partiti ed elezioni anticipate. Fino all'ultimo, gran pasticcio: quello delle scorse settimane.

Dopo l'addio forzato al palazzo municipale da parte dell'esecutivo Greco, la chiamata alle urne per la nomina del nuovo primo cittadino con il suo consiglio comunale era prevista per domenica 13 maggio, in concomitanza con le elezioni politiche per la scelta di senatori e deputati da inviare a Roma.
Quella che, in un primo tempo, sembrava l'esclusione del gruppo "Di Pietro-L'Italia dei Valori" - decisa dalla Commissione Mandamentale Elettorale, che non aveva ritenuto valide alcune delle firme necessarie (duecento) per la presentazione della lista - si è rivelata un boomerang. Il Tribunale Amministrativo Regionale, infatti, successivamente ha accolto il ricorso dei sostenitori dell'ex pm di Mani Pulite.
La conseguenza è che i gallaratesi devono tornare ai seggi due settimane dopo, domenica 27 maggio, per nominare il sindaco, i componenti del consiglio comunale e quelli dei consigli di circoscrizione. La data dell'eventuale ballottaggio è stata fissata al 10 giugno.

Un "giochetto" che comporterà una spesa supplementare di quasi quattrocento milioni per le casse pubbliche. Senza dimenticare la nuova, prolungata chiusura delle scuole destinate ad accogliere i seggi elettorali, il reclutamento dei presidenti e degli scrutatori oltre, naturalmente, all'impegno straordinario per i cittadini elettori chiamati alle urne per ben tre volte nel breve volgere di meno di un mese.
Si dirà: è il costo della democrazia, o meglio della burocrazia. Gli elenchi definitivi devono rimanere esposti per almeno quindici giorni e questa è la ragione che ha fatto slittare l'appuntamento con le elezioni comunali. Sono troppi, però, i litigi e i conflitti politici che negli ultimi dieci anni hanno reso impossibile la governabilità della "città dei due galli". Quali sono allora le vicende e i progetti che, assai spesso, sono stati presi a pretesto da un partito piuttosto che da un altro per causare il blocco dell'amministrazione?

Le aree lungo la S.S. 336
L'impressione è chiara, quasi una certezza: lungo tutto l'ultimo decennio le forze politiche gallaratesi, anziché pensare agli aspetti positivi e alle opportunità di sviluppo che le varie iniziative via via proponevano, ogni volta hanno posto l'accento sugli elementi negativi. L'esempio più eclatante è quello dei terreni a fianco della Superstrada 336 per Malpensa. Qui i contrasti, i conflitti fra gli esponenti di un partito e l'altro si sono sostanziati nello slogan "Quelli sono i cementificatori, noi no" evidenziando sempre e comunque i possibili interventi speculativi.
Eppure uno sfruttamento adeguato ed economicamente avveduto di quest'area di 2 milioni di metri quadri avrebbe potuto costituire un volano di notevole rilievo per la crescita cittadina.
La vicenda risale al 1984, allorché, di fronte al pesante ridimensionamento del tessile e alle conseguenze in termini sociali, si pensò proprio a questi terreni quale possibile polo per rilanciare Gallarate con una nuova vocazione direzionale ad alta qualità.
C'erano i consueti problemi di carattere amministrativo da superare: ecco allora l'ipotesi di utilizzare uno strumento innovativo quale quello dell'area polifunzionale in grado di far accelerare i tempi.
Non si riuscì a trovare immediatamente una via d'uscita dall'impasse burocratico e il progetto, nel corso del tempo, è andato modificandosi. Fino al ridimensionamento, deciso dalla giunta Luini, che ha previsto un insediamento massimo di 900 mila metri cubi edificabili.
L'ultimo esecutivo cittadino, quello a guida Greco, dopo un esame approfondito della situazione curato dagli studiosi dell'Università Cattaneo, ha finalmente fatto un passo in avanti. Gli atti d'indirizzo sono stati definiti e mancano i piani particolareggiati: in pochi mesi, il nuovo sindaco avrà la possibilità di dare completa attuazione al progetto.
Quello di una struttura direzionale costituisce uno sbocco importante per Gallarate, tanto più che, al di là di una situazione attuale formalmente di piena occupazione, resta la necessità d'investire per il futuro. E già oggi sono molti i giovani che potrebbero trovarvi un'opportunità occupazionale - ora spesso mancante - adeguata al proprio grado di scolarizzazione e alle capacità che effettivamente possono offrire alla società.

La Zona industriale di Sciarè
L'insediamento fu progettato dalla giunta Patrini nel lontano 1993 così da garantire a Gallarate, per la prima volta nella sua storia, un'area industriale razionale, con servizi adeguati alle aziende.
L'idea fu sviluppata dall'esecutivo Luini per trovare, negli ultimi anni, un'attuazione con il sindaco Greco. La giunta di quest'ultimo, in un tempo piuttosto breve, ha dato il via a un secondo insediamento; è previsto anche un casello autostradale al servizio dell'area.
Non è molto lo spazio edificabile - si parla di 76 mila metri quadri coperti - ma il progetto rappresenta, comunque, un primo passo avanti.

Il traffico paralizzante
Un altro grande tema rimasto troppo a lungo inaffrontato: le strade interne a Gallarate sono utilizzate costantemente come vie di scorrimento per raggiungere località diverse. Un punto di passaggio per raggiungere le varie località dell'Alto Milanese, partendo, in particolare, dal casello autostradale di Cavaria.
Una situazione che rende insostenibile la situazione della viabilità interna. Il Piano Urbano del Traffico indica che ben il 35% delle auto che circolano a Gallarate lo fanno per attraversare la città e raggiungere altri centri urbani.
Una situazione paralizzante, che porta a una ventina di minuti, nelle ore lavorative, la media del tempo necessario che ciascun automobilista impiega a percorrere i cinque chilometri del diametro cittadino.

Riutilizzo delle aree dismesse
E' una lista interminabile quella degli immobili dimessi nel centro di Gallarate: in totale qualcosa come 200 mila metri quadri. Una realtà che, se sfruttata opportunamente, potrebbe costituire una ricchezza rilevante per ridisegnare la struttura urbana della città in modo più confacente alle esigenze del Terzo Millennio.
Certo, le aree industriali a maggior volumetria - Carminati, Maino, Bellora-Gallarate e Cesare Macchi - sono state reimpiegate, ma semplicemente utilizzandole per attività compatibili al vecchio utilizzo. Non è stato fatto, insomma, quello sforzo in termini di fantasia e di propensione allo sviluppo indispensabile per ridisegnare veramente il volto di Gallarate.
E in un futuro non molto lontano, parliamo di una decina d'anni, potremmo avere un nuovo problema d'aree dismesse da affrontare: quello delle strutture che oggi ospitano centri commerciali a rischio d'essere spazzati via dalla grande distribuzione organizzata…

05/17/2001

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