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La malìa sottile di De Rocchi

Nel centenario dalla nascita di De Rocchi, una rassegna e una serie di manifestazioni per celebrare l’opera dell’artista saronnese.

La gentile malinconia dell’arte di Francesco De Rocchi (1902-1978) viene ricordata dalla città di Saronno, a cento anni dalla nascita di uno dei suoi artisti più interessanti, con una serie di manifestazioni e incontri, che godono anche del patrocinio della Regione e della Provincia, incentrati attorno a due fondamentali eventi: una importante mostra alla Sala Nevera e una fondazione permanente dedicata al pittore e destinata ad essere anche Centro Studi sul Chiarismo. Di tale movimento pittorico, affermatosi a Milano nel ‘29, il De Rocchi fu, con Lilloni, Del Bon e Spilimbergo, tra i massimi esponenti.
La rassegna, curata da Elena Pontiggia e comprendente poco meno di una cinquantina di opere che abbracciano l’intero percorso artistico di De Rocchi - dagli anni Trenta fino alla metà degli anni Settanta - offre l’opportunità di ammirarne alcuni tra i più interessanti e significativi lavori. Si vedano ad esempio La svolta (del ‘30), o Signora del castello (‘31), e ancora Fanciulla coi colombi (‘32), Popolana (‘33), Bambina con cane (‘34).
Accanto ai ritratti, improntati a una “casta e mesta tenerezza", a una passione di umana poesia, numerosi furono nella produzione di De Rocchi anche i paesaggi - come le vedute dell’amata Valsassina o le delicate Venezie - e i fiori. Gli uni e gli altri l’artista seppe interpretare con quella “malìa sottile" che i critici gli riconobbero, ponendolo, appena agli esordi, tra i più aristocratici e interessanti pittori della sua generazione. E traendo a loro volta compiacimento da quelle sue tonalità chiare e leggere, dalla “delicatezza di stile", dal “fragile impasto di toni" (Bonardi), da quel diafano racconto di luce e colori che pareva svaporare da nature morte quasi “dipinte col fiato". Primi e ammirati critici della sua arte furono la Sarfatti, Giolli e Torriano e il “mitico" Edoardo Persico.
Nato nel 1902, allievo di Ambrogio Alciati e Cesare Tallone, De Rocchi fu dunque esponente di punta del Chiarismo lombardo. Ancora giovanissimo, Francesco fu preso dalla passione per il colore nella bottega del padre, affrescatore, e del nonno, decoratore di soffitti in stile pompeiano. E a Saronno avvertirà i primi palpiti per la pittura di Masolino, del Luini e di Gaudenzio Ferrari. Tanto che, a tredici anni, convinse il sagrestano del santuario a lasciarlo salire nella cupola della basilica per toccare con mano gli “stupendi angeli dai colori straordinari".
“Guardai con tanta tensione che alla fine mi sedetti e mi addormentai. Mi trovarono lì quando ormai era già scuro e i miei, spaventati, mi avevano cercato dappertutto. Ecco, quei colori furono la prima pagina della mia vita". Altre pagine sfoglierà innamorandosi dell’arte di sempre nuovi maestri, dalle cui opere cercherà di apprendere e “rubare": soprattutto dagli amati Emilio Gola e Giorgio Morandi. Di quest’ultimo subisce intensamente il fascino delle sue malinconiche, rarefatte atmosfere. Le tappe della sua vita d’artista, allietate dalle gioie della famiglia, furono scandite da anni di studio e lavoro e da riconoscimenti meritati: dalla scuola di Brera, dove mosse i primi passi nel 1917, alla XIX Biennale di Venezia, nel 1934, dove è presente con cinque opere - invitato da una commissione presieduta da Carrà -, alla conquista del premio Principe Umberto, nel 1936, per l’opera La popolana. Il prestigioso riconoscimento, il primo di altri che verranno, gli è assegnato da una giuria composta da Carrà, Arturo Martini, Marini, Marussig, Frisia e Semeghini. Il premio di scultura è attribuito in quella stessa occasione a Manzù. Commentò De Rocchi: “Manzù e io ricevemmo 8.000 lire a testa: e a me, che ero sempre stato povero, quella somma sembrò immensa". L’anno successivo è chiamato a ricoprire l’incarico di insegnante di anatomia artistica a Brera. Finché, nel ‘54, otterrà la cattedra di figura disegnata. Si adoprerà per trasmettere l’arte ai suoi allievi fino al 1972, quando, abbandonato definitivamente l’insegnamento, decide di dedicarsi al suo solitario lavoro di artista, spostandosi tra Sanremo, Venezia e la riposante Valsassina.
L’inaugurazione della rassegna in Sala Nevera è anche occasione per la presentazione al pubblico del secondo volume del catalogo generale dei dipinti (con testi di Elena Pontiggia e Nicoletta Colombo) e di una pubblicazione edita da Skira, curata da Stefano Crespi e Elena Pontiggia, illustrante circa quaranta inediti disegni del pittore, raccolti dalla figlia Pier Rosa De Rocchi, studi di alcuni importanti lavori non disponibili in mostra. Saranno esposti, a completamento dell’antologica, nelle sale della galleria il Chiostro Arte Contemporanea di Saronno dal 26 ottobre al 30 novembre.
Nella primavera del 2003 è infine prevista l’inaugurazione della fondazione intitolata al pittore, che sarà ospitata nelle sale di Villa Gianetti, già sede del municipio. Negli ambienti dedicati all’artista verrà ricostruito il suo studio, con quadri, documenti ed effetti personali. Ma saranno custoditi anche volumi, documenti e riviste del Chiarismo, in quanto la fondazione accoglierà nella sua sede un Centro studi del movimento artistico rappresentato da De Rocchi.

Mostra del centenario
Francesco De Rocchi (1902-1978)
Saronno - Sala Nevera
Casa Morandi, viale Santuario, 2
Dal 12 ottobre al 16 novembre 2002
15.30-18.30; sabato e domenica 10.00-12.30; 15.30-19.00
Visite guidate per scuole e gruppi anche il mattino e il lunedì su prenotazione
Biglietto d’ingresso: 2,50 euro; 1 euro per gruppi scolastici

09/25/2002

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