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Sasso del Ferro, balcone sul Verbano

La salita lungo un'antica mulattiera, la discesa in comoda funivia. Perché la fatica dell'ascesa sia premiata dalla contemplazione di un panorama mozzafiato.


"Dalla stazione ferroviaria di Laveno (200 m) si risale il lungolago fino a raggiungere l'imbocco della strada per Luino. Nella piccola piazzetta si prende la stradicciola di fronte, che volgendo ad Est si dirige, stretta fra le case, alla frazione di Monteggia. Superato l'abitato, si raggiunge per l'aperta mulattiera che sale oltremodo ripida e sdrucciolevole, le Casere (749 m, ore 1,40). Lasciando la strada che si dirige verso Vararo, si prende a destra per il sentiero che attraverso i pascoli e il rado bosco, rimonta il ripido versante settentrionale del Sasso del Ferro, pervenendo alla vetta (1062 m, ore 2,15)". Così si legge in una fortunata pubblicazione che la sezione di Varese del Club Alpino Italiano pubblicò nel 1946 col titolo "Guida delle Prealpi varesine". Tempi in cui il turismo di massa era ancora ben lontano e una passeggiata sulle montagne di casa nostra, poco più di colline a confronto con le cime maestose della vicina Valle d'Aosta o della Svizzera, rappresentava ancora motivo di soddisfazione e d'orgoglio.
Eppure, nonostante l'epoca diversa, "l'aperta mulattiera", di cui sopra, è rimasta pressoché intatta, solo evidenziata con numero 3 e coi colori gialloverdi che identificano il Percorso Anulare Valcuviano. I boschi, buona parte dei prati e delle case, soprattutto i panorami sono rimasti gli stessi e allo stesso modo di allora sono capaci di stupirci appena lasciata l'auto (o, perché no?, il treno che fa capolinea proprio nel cuore di Laveno) e iniziato il cammino.
DIGRESSIONE AL SASSO DEL FUNGO
Se preferite una descrizione più aggiornata, ma nella sostanza identica, mantenete sulla sinistra il lungolago e il porticciolo turistico, sulla destra la dimessa fabbrica Ginori e inoltratevi nel parco comunale delle Torrazze per poi inoltrarvi per una mulattiera selciata che in pochi minuti vi porta già in posizione panoramica sul golfo lavenese; incontrate dapprima la frazione Brenna (e avrete guadagnato già 150 metri d'altitudine), poi la frazione Monteggia (e saranno altri 100 metri) coi suoi rustici che vale la pena osservare da vicino. Così come è interessante dare un'occhiata al Sasso del Fungo, masso erratico di colore grigio, roccia metamorfica o gneiss trasportata sin qui dal ghiacciaio milioni di anni fa, quindici metri di perimetro, uno e mezzo di spessore: lo si raggiunge in pochi minuti (ma il sentiero è piuttosto impervio) lasciando la mulattiera appena sopra Monteggia.
TRA POIANE ED ORCHIDEE
Proseguendo, sulla sinistra vi si spalanca il colpo d'occhio sul Verbano, a destra tenete la valletta del torrente Riale, che sentite scorrere poco sotto di voi. Se la stagione è giusta, basta alzare lo sguardo per incontrare specie floreali rare e protette come le orchidee selvatiche o alcune varietà di gigli; più fortuna occorre per avvistare falchi e poiane. L'antico nucleo abitato di Casere non è ormai molto distante ed è come tuffarsi in un altro mondo, in un'altra epoca. Ma ciò che sorprende è di sicuro il panorama dalla cima del Sasso del Ferro (in realtà, del minerale non v'è traccia: si chiama così per contrazione del nome originario, Sasso del Ferro di cavallo, che rimanda alla sua forma), con le acque del lago Maggiore che si insinuano tra la sponda piemontese, la lingua di terra che corre sino a Verbania, le Isole Borromee al centro, le macchie biancastre delle cave di marmo di Candoglia e il profilo alto delle Alpi elvetiche.
Il ritorno è possibile per via diversa, cioè percorrendo in un'ora e mezza il sentiero 8 rosso che attraversa il bosco del Sasso del Ferro e giunge a Poggio Sant'Elsa dov'è la stazione d'arrivo della funivia del lago.
RITORNO AL LAGO IN FUNIVIA
Grazie al tempestivo intervento degli enti locali e della Provincia di Varese, è quindi possibile usufruire anche quest'anno di un'opera di grande valore turistico che altrimenti sarebbe rimasta chiusa per diverso tempo. La funivia, o bidonvia che dir si voglia, risale infatti alla metà degli Anni Sessanta e per legge i piloni che la sostengono debbono essere totalmente rifatti dopo quarant'anni. Impegno anche di spesa non indifferente e che la proprietà dell'impianto non avrebbe potuto permettersi. Da qui l'intervento di Provincia, Regione, Comunità montana della Valcuvia e Comune, che si sono impegnati a redigere il progetto appena dopo la prossima estate e, constatata l'ottima tenuta dei manufatti esistenti, ad avviare i lavori di rifacimento entro il settembre 2005.

Fra polenta e pesce di lago

Tre località incontrate lungo il cammino e altrettanti luoghi di ristoro dove accomodarsi in tutta tranquillità. Iniziamo dal punto dalla frazione Casere, collocata in un punto dell'itinerario dove l'appetito non dovrebbe mancare: la locanda "Gigliola", nota sin dalla metà del secolo scorso come punto di ritrovo dei soci CAI, offre un menù classico particolarmente curato: selvaggina, brasato, cacciagione con l'immancabile polenta. In alternativa, succulente tagliatelle alle noci, ai funghi e al rosmarino. Si va sopra i trenta euro a testa. Se preferite non avere più cammino da fare, a fianco della stazione di monte della funivia ecco l'omonimo ristorante, dove i piatti incontrano spesso i funghi: nella pasta asciutta, col cervo, con l'arista. Venticinque euro possono bastare. Infine, va segnalato un locale di pregio come "Il porticciolo", in via Fortino a Laveno Mombello: quasi a pelo di lago potete gustare ravioli di trota, molto pesce di lago e una vineria degna del nome.
Laveno a portata di libro


Particolarmente ricca si presenta la bibliografia su Laveno Mombello (se ne può avere un'idea sul numero 7 di "Terra e gente", annuario della Comunità Montana Valcuvia, anno 1999-2000). Vi segnaliamo qui tre titoli degni di nota: "Dove vorrei vivere e non morire mai", splendida memoria fotografica tra 1905 e 1916 in cui le Edizioni Lativa nel 1988 hanno recuperato le immagini impresse su lastra del nobile Daniele Tinelli; "Sentiero Nord", con cui Carlo Meazza e Macchione Editore hanno ristampato nel 2001 (con l'aggiunta di belle fotografie) il volume edito dal Cai cui facciamo cenno all'inizio di questa servizio; infine la "Carta dei sentieri della Valcuvia" (2003), strumento molto utile all'escursionista per avere a portata di mano (la scala è al 25mila) non soltanto il Lavenese, ma l'intera Valle.

06/10/2004

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