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Arte e fede nelle Chiese Giubilari in provincia di Varese

Da Luino a Saronno, passando per Caravate, Varese, Gallarate e Busto Arsizio, sono molti i templi varesini meta di pellegrinaggio.

Capita spesso di sentire affermazioni simili a quella che sul territorio varesino manchino presenze artistiche o storiche degne di competere con quelle di altri e più famosi centri d'arte. In realtà anche la provincia di Varese vanta un cospicuo numero di edifici che, sin dai tempi passati, furono meta di visite da parte dei fedeli o di veri e propri pellegrinaggi. Vi sono, infatti, santuari che non costituiscono un patrimonio solo per gli abitanti locali, ma sono di importanza nazionale per quel perfetto connubio tra storia, devozione e arte.
Come è possibile dimenticare o sminuire il valore di un centro come
Santa Maria del Monte sopra Varese che per secoli è stato, ed è tuttora, una delle mete privilegiate per coloro che desiderano riscoprire il piacere di una passeggiata storica e così intrisa di spiritualità, dove l'arte rappresenta un mezzo per facilitare il percorso devozionale.
Paolo VI benedicenze sulla città. Bronzo di Floriano Bodini
La stessa origine, legata alla tradizione di Sant'Ambrogio che sconfisse gli Ariani sul monte di Velate grazie all'intercessione della Vergine, avvolge il luogo di una sacralità antica che venne poi continuamente rinnovata nel corso dei secoli.

Dapprima si assistette all'edificazione di una cappella per conservare il simulacro della Madonna con il Bambino, che sempre la tradizione vuole eseguita da san Luca e donata da Sant'Ambrogio, ma in realtà opera del XIV secolo. Successivamente, e soprattutto in seguito all'aumento dei pellegrini che iniziarono a salire sulla cima del monte attratti dal fascino della tradizione, la cappella divenne una vera e propria basilica. Non fu un caso che a finanziare i lavori di ristrutturazione e di abbellimento dell'edificio furono proprio, in epoca medievale e rinascimentale, i duchi di Milano, visitatori abituali della Madonna del Monte. E non fu senza motivo la scelta del luogo da parte di alcune eremite, tra cui la beata Caterina e la beata Giuliana, per concretizzare il loro bisogno di religiosità. E' ormai accertato che, all'epoca e prima della costruzione del vialone seicentesco con le quattordici cappelle, il monte apparisse una perfetta simulazione dei luoghi della Passione di Cristo. Il desiderio di spiritualità era talmente forte che neppure l'ardua e faticosa salita poteva far desistere il fedele che, anzi, attraverso la sofferenza di un percorso contrastato dalla natura del luogo, sentiva di guadagnarsi la purificazione.
Il piazzale del Sacro Monte di Varese
Una volta raggiunto il santuario, era inoltre possibile proseguire il cammino spirituale, dedicandosi alla preghiera e alla meditazione rese ancora più intense dalla presenza di supporti visivi pittorici e scultorei, nonché dalla medesima struttura architettonica dell'edificio.


La facciata della Basilica di San VittoreQuando, a partire dall'inizio del Seicento, venne eseguito il vialone con le cappelle, il percorso per salire al monte risultò indubbiamente più facile, sebbene non mancassero pellegrini che si ostinavano a camminare inginocchiati in segno di penitenza. Tuttavia, anche per coloro che non volevano scegliere la forma più radicale di espiazione dei propri peccati, il percorso era stato concepito in modo da stimolare la riflessione. Il primo tratto della strada è, infatti, dedicato ai Misteri Gaudiosi, relativi all'infanzia di Cristo, mentre, a mano a mano che ci si avvicina ai Misteri Dolorosi, la via si fa più ripida sino ad arrivare agli ultimi episodi della Passione di Cristo dove la pendenza della strada diventa sempre più forte. A fornire però sollievo è la perenne visione della vetta dove ad attendere il pellegrino vi è il santuario dedicato alla Madonna, anzi, più precisamente, all'Assunzione della Vergine. Viene quindi riproposto il valore simbolico del luogo prescelto, non a caso posto in cima ad una montagna.
Il pulpito ligneo della Basilica di San VittoreAnche se la basilica di San Vittore a Varese risale, dal punto di vista architettonico, soprattutto al XVI e al XVII secolo, quando risultarono indispensabili gli interventi di ampliamento, le origini dell'edificio vanno ricercate in epoca più remota. La chiesa primitiva, infatti, sorse probabilmente su un'area di culto romano e questo spiega la scelta di dedicarla a San Vittore, il martire morto nel 304 d.C.
Sin dall'VIII secolo fu quasi certamente capo pieve e dipendente dall'arcivescovo di Milano; in San Vittore venivano battezzati i catecumeni cristiani il sabato santo, presso il vicino battistero. In epoca medievale la chiesa andò acquisendo sempre più importanza e divenne il fulcro della spiritualità varesina.
Infatti, nel corso dei secoli fu proprio in San Vittore che i varesini si rifugiarono tutte le volte che sentirono il bisogno di implorare l'aiuto divino di fronte alla minaccia di un esercito, di una carestia o di qualsiasi altro pericolo.
Numerose sono le testimonianze artistiche di indubbio valore presenti all'interno dell'edificio, ma forse merita di essere citato soprattutto il simulacro dell'Addolorata, che fu in passato meta privilegiata della devozione popolare non solo locale.

Si tratta di tre sculture raffiguranti la Madonna e due Pie donne, un tempo facenti parti di un "Calvario" composto anche dalla scultura del Cristo crocifisso e da quelle dei due ladroni, purtroppo perdute. Attualmente il gruppo dell'Addolorata è collocato nella cappella Dralli, ma in origine si trovava esattamente dietro l'altare maggiore e ricopriva quindi un ruolo fondamentale nella vita religiosa della basilica.
La facciata della Basilica di Santa Maria AssuntaL'immagine della vergine Addolorata fu sicuramente talmente radicata nella mente dei fedeli che acquisì, col passare del tempo, una tale diffusione e popolarità da venir più volta riprodotta sia in scultura sia in pittura; molte sono inoltre le immaginette popolari eseguite nel corso dei secoli che riproducono il gruppo delle Marie.
La navata della Basilica di Santa Maria AssuntaIl pellegrino devoto alla Vergine Maria poteva, e tuttora può, trovare anche nel santuario della Beata Vergine dei Miracoli a Saronno la meta ideale per concretizzare la sua spiritualità. Il culto tributato alla Vergine dei Miracoli è talmente radicato nella storia dell'edificio che addirittura, nel 1578, l'arcivescovo Carlo Borromeo, impossibilitato ad ignorare l'alone miracoloso che avvolgeva il luogo, fece istituire un processo canonico per accertare che le voci fossero reali.
Il santuario di Saronno ha conservato, nel corso dei secoli, il suo particolare fascino che lo colloca a pieno titolo tra le chiese varesine più importanti e degne di competere con altrettanti luoghi di culto, meta della devozione popolare.
Non è un caso che gli interventi compiuti nel corso dei secoli sia dal punto di vista architettonico sia prettamente decorativo videro impegnati artisti di primaria importanza, dal momento che l'edificio meritava indubbiamente il meglio. La relazione, infatti, tra la struttura architettonica e le presenze scultoree e pittoriche risulta estremamente stretta e volta a creare una sorta di percorso religioso supportato da immagini. In passato, inoltre, è ormai testimoniato che il santuario era protagonista di alcune sacre rappresentazioni dove il fedele poteva rivivere alcuni salienti momenti della religiosità cristiana e partecipare direttamente. Durante le rappresentazioni dell'Ascensione e dell'Assunzione un drappo che copriva la cupola veniva squarciato e comparivano musicisti travestiti da angeli che cantavano e suonavano, mentre Cristo o la Vergine salivano al cielo su una nuvola. I canti dovevano essere particolarmente suggestivi, poiché vi era un maestro di coro che insegnava il canto e la musica ai fedeli e dirigeva personalmente le esecuzioni.

Sempre legata alla presenza di un fonte battesimale, questa volta risalente addirittura al V secolo e intitolato a San Lorenzo, è la basilica di Santa Maria Assunta a Gallarate. La chiesa sorge sul luogo che in origine doveva essere un bosco, come sembra lasciar supporre l'antica denominazione di Fajetto (da fagetum) del rione cittadino. Le sue origini, forse da collocarsi nel VII secolo, sono antichissime, dal momento che si pensa di poterla identificare con la chiesa dedicata a Santa Maria, citata in una pergamena del 974 riportata nel "Liber Notitiae Sanctorum Mediolani" del XIII secolo. Nel corso dell'XI secolo divenne capo di pieve. E' indubbio che, in seguito, la chiesa subì consistenti interventi che ne modificarono l'aspetto a partire dal XIV secolo in seguito ad alcuni interventi compiuti in zona per volere di Gian Galeazzo Visconti. Nel 1362 il duca ordinò la demolizione del castello di Gallarate, adiacente la chiesa, per evitare che venisse utilizzato dai nemici; la demolizione del castello liberò la piazza e quasi certamente suggerì l'attuazione di un ampliamento. L'edificio subì diversi rimaneggiamenti per poi essere definitivamente ricostruito, dopo essere stato abbattuto, a metà Ottocento.
L'opera d'arte più prestigiosa, conservata all'interno della chiesa, che ricorda l'intitolazione all'Assunta è il gruppo scultoreo in marmo realizzato dall'artista Giuseppe Rusnati nel 1697, raffigurante l'immagine della Vergine Assunta condotta in cielo da angeli e cherubini.
La facciata della Basilica San GiovanniLa scultura, in passato, costituiva l'altare maggiore dell'antica basilica e di conseguenza fungeva sicuramente da fulcro della devozione dei fedeli.
Il transetto della Basilica San GiovanniLa basilica di San Giovanni Battista a Busto Arsizio affonda anch'essa le suo origini in tempi remoti, addirittura forse all'epoca della dominazione longobarda in Italia, quando i Longobardi si convertirono al Cristianesimo e fecero costruire nella diocesi milanese chiese e cappelle dedicate al Battista.
A quel tempo a Busto i conquistatori longobardi possedevano molte terre e quindi è probabile che utilizzassero la cappella del Battista, che allora dipendeva da Olgiate Olona, per le loro funzioni religiose. Nei secoli successivi, la cappella, di cui non sono rimaste purtroppo tracce, venne trasformata in una vera e propria chiesa con un suo battistero e con un sacerdote residente sul luogo.
La chiesa antica, molto più piccola dell'attuale, era circondata da una zona cimiteriale: vi erano, infatti, un cimitero piccolo, destinato alla sepoltura dei forestieri poveri, e uno grande per gli abitanti del borgo.
L'edificio subì una prima trasformazione nel XIII secolo e successivi interventi nei secoli seguenti sino ad assumere l'mponente aspetto attuale. La chiesa fu comunque sempre al centro della committenza cittadina che mai si stancò di abbellire il luogo di culto con opere e l'aggiunta di cappelle atte a favorire la devozionalità. Anche la basilica bustese godette di ottima popolarità presso i duchi di Milano che, in epoca rinascimentale, non si astennero dal destinare donazioni alla chiesa.

La basilica è ricca di testimonianze artistiche, ma forse, per comprendere quale potesse essere in passato la maggiore "attrazione" religiosa, si potrebbero ricordare quelle che sono considerate tra le opere più antiche presenti nell'edificio. In sagrestia è, infatti, collocato il dipinto, affresco riportato su tela, raffigurante la "Madonna con bambino", un tempo collocato nella cappella di Santa Maria dei Restagni, mentre nella sala prepositurale è conservata la "Deposizione di Cristo nel sepolcro" che in origine doveva essere o un paliotto d'altare, una predella di polittico o addirittura una stendardo, considerato che si tratta di tempera su tela.
Altrettanto importanti sono anche la cappella del Battista, la cappella di San Carlo, quella del Crocifisso e della Sagrestia Nuova.
All'esterno, lungo il fianco meridionale, sull'area occupata dall'antico cimitero, venne costruito alla fine del Seicento, il Mortorio, ovvero un piccolo edificio con la funzione di "memento mori", ossia per ricordare ai fedeli che si avvicinavano alla chiesa che la vita è breve e non va sprecata.

Il Santuario della Vergine del Carmelo Anche il Santuario della Madonna del Carmine di Luino costituisce, soprattutto per il Luinesi, un'importante testimonianza religiosa e civile, nonché il più antico monumento che la cittadina possieda.
La devozione alla Vergine del Carmelo ha avuto in passato momenti significativi;
al termine della seconda guerra mondiale, per esempio, fu proprio nel santuario che l'intera cittadinanza si riversò per ringraziare la Vergine che, per tutta la durata del conflitto, aveva protetto i soldati. Ma il santuario è meta di pellegrinaggi da diversi secoli – e ne sono testimonianza i numerosi ex-voto - anche per chi non vive a Luino, ma conosce l'affascinante tradizione che lega la storia della chiesa al frate carmelitano che predicò per anni nella zona e, proprio per tale motivo, si reca a Luino per acquistare la protezione della Madonna.


Particolare dell'affresco dell'AnnunciazioneLe origini della chiesa sono, infatti, legate alla figura di fra Jacopo, vissuto nel XV secolo, che con le sue prediche e la sua profonda devozione alla Madonna spinse gli abitanti della zona a edificare chiesa e convento. Morto nel 1478, fu immediatamente ricordato per i suoi miracoli e la conoscenza del suo operato a servizio della Vergine continuò nel corso dei secoli. Furono sicuramente la sua sincera spiritualità e devozione verso la Madonna che indussero i Luinesi a costruire un tempio dedicato alla Vergine, dal momento che sul territorio non ne esisteva ancora uno. Anche per il santuario di Luino vi fu un intervento diretto dei duchi di Milano, dal momento che, dopo la morte del fondatore, fu Bona di Savoia a finanziare il proseguimento dei lavori.
La vita religiosa intorno al santuario fu sempre particolarmente vivace tanto che il culto della Vergine venne promosso anche dall'istituzione della Confraternita del Carmine, nata nel 1585. Sino agli anni Quaranta del Novecento i bambini venivano condotti al santuario per ottenere la protezione della Vergine e al loro collo veniva posto l'"abitino" con lo scapolare della Madonna del Carmelo.
Ancora oggi, alla terza domenica di luglio, il simulacro della Madonna viene portato in processione.

Conclude il percorso delle chiese giubilari varesine il Santuario di Santa Maria del Sasso a Caravate, sebbene appartenga alla Diocesi di Como.
L'edificio, sicuramente esistente sin dall'epoca altomedioevale e posto vicino a un piccolo monastero dell'Ordine dei frati Eremitani di Sant'Agostino,
venne quasi completamente rifatto agli inizi del Novecento. Nonostante l'ampia ristrutturazione, la chiesa non ha perso la sua finalità importante legata alla venerazione della Beata Vergine il cui simulacro venne collocato sull'altare maggiore. Quando nel 1904 i Padri Passionisti giunsero a Caravate, si occuparono personalmente della chiesa sino al 1908; in quell'anno, infatti, nacquero degli screzi con il parroco circa l'utilizzo dell'edificio e i padri lasciarono Santa Maria del Sasso utilizzando, in sostituzione, la chiesa del Sacro Cuore di Gesù. Fu solo nel 1924 che i Passionisti, dopo aver stipulato una convenzione con il nuovo parroco, ritornarono a svolgere le funzioni religiose all'interno di Santa Maria a patto che, come prevede il primo punto dell'accordo, la chiesa conservasse l'antica titolazione a Maria e sull'altare venisse sempre conservato il simulacro della Vergine.
Accanto al santuario è collocato il convento dei Padri Passionisti costruito a partire dal 1904; si tratta di una congregazione fondata da San Paolo della Croce (1694-1775) e caratterizzata da una vita comunitaria basata sulla contemplazione, sulla solitudine e sulla penitenza. I padri Passionari, che comunque cominciarono ad arrivare sempre più numerosi nelle zone dell'alto Varesotto tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento vivono la loro religiosità non solo mediante gli immancabili esercizi spirituali, ma anche prestando aiuto agli uomini, affinché non venga dimenticato il sacrificio di Cristo sulla croce.

06/05/2000

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