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“7+5” la scuola del futuro

Approvato il programma di attuazione della riforma dei cicli scolastici. Percorsi integrati tra scuola e formazione professionale.

Dopo il “3+2” della riforma universitaria, ecco che nella scuola italiana irrompe una nuova formula matematica. Con l'anno scolastico 2001/2002 è attesa la novità del “7+5” con il passaggio dall'attuale sistema della scuola elementare + media inferiore + superiori a una nuova scuola di base di 7 anni a cui si aggiungerà un ciclo secondario di 5 anni.
La scuola di base, che andrà ad assommare le attuali elementari e medie, costituirà un percorso unitario che, partendo dalle basi dei saperi essenziali, si svilupperà nei successivi approfondimenti disciplinari.
Il ciclo secondario - come detto - sarà di 5 anni, di cui un biennio d'orientamento obbligatorio per tutti. Ciò significa, secondo una nota del Ministero, che accanto alle discipline dell'indirizzo scelto ci saranno elementi tali da mantenere desta l'attenzione degli studenti nei confronti di altri indirizzi e delle realtà del mondo del lavoro. Lo stesso Ministro Tullio De Mauro ha annunciato una vera e propria cura dimagrante per gli indirizzi scolastici del ciclo secondario.
Dagli attuali 243 indirizzi di studio, si passerà a soli quattro canali d'istruzione, al cui interno saranno unificate tutte le materie basilari. Gli indirizzi scolastici avranno tutti la denominazione di liceo e saranno distinti in quattro aree specifiche: classica-umanistica, scientifica, tecnica e tecnologica, artistica e musicale: in questi filoni saranno individuate e riorganizzate le materie fondamentali.
“Il triennio del ciclo secondario - specifica il Ministero - non rinuncerà a nessuno degli attuali obiettivi, ma forte dell'orientamento più sicuro degli studenti potrà approfondire i contenuti, elevando la possibilità del successo formativo”.
La scuola secondaria, quindi, si concluderà un anno prima, cioè a 18 anni: età fino alla quale resterà in vigore l'obbligo formativo. In alternativa al triennio di uno dei quattro licei, i giovani dai 15 ai 18 anni potranno seguire il canale della formazione professionale oppure optare per l'apprendistato.
In verità, l'articolo 68 della legge 144/99 - quella che stabilisce l'obbligo formativo fino alla maggiore età - prevede che questi tre percorsi non siano chiusi in se stessi: il passaggio da un sistema all'altro sarà assicurato dal sistema dei crediti, che certificano le competenze e le abilità acquisite. In particolare, per l'accesso all'istruzione secondaria superiore
(il triennio) questi crediti verranno quantificati da apposite commissioni di docenti delle scuole interessate; è fatta salva la possibilità di determinare anche i debiti formativi, da saldare nel primo anno d'inserimento.Al di là della possibilità di far valere le proprie conoscenze da un sistema all'altro, si mira anche a percorsi integrati tra scuola e formazione professionale, sfruttando le possibilità offerte dalle norme sull'autonomia didattica e organizzativa delle istituzioni scolastiche. Attenzione dovrà essere riservata dagli istituti agli enti locali e alle principali realtà sociali ed economiche del territorio d'appartenenza.
Quanto all'apprendistato, la sua validità ai fini dell'obbligo formativo è subordinata all'introduzione di un ulteriore modulo formativo di almeno 120 ore annue di formazione esterne all'azienda per i giovani che intendono inserirsi nel mercato del lavoro
fino a 18 anni. Tale formazione va intesa come modulo di sostegno che va ad aggiungersi alla formazione già prevista dalla legge 196/97.
Il recente rapporto della commissione dei saggi per l'attuazione della riforma dei cicli, inoltre, ha evidenziato la necessità di distinguere gli insegnanti in due livelli: quello di base per i docenti di “formazione iniziale” e quello superiore per i docenti “ricercatori”, una figura professionalmente più qualificata
(e più pagata).
I professori di alcune materie (matematica, filosofia e scienze) dovrebbero, infine, tornare all'università per compiere una “riconversione” della loro formazione, mentre i nuovi docenti, per essere assunti, dovrebbero obbligatoriamente conoscere l'inglese e l'informatica.
Lo stesso rapporto della commissione dei saggi parla di superamento dell'attuale concezione della classe: gli studenti, infatti, durante l'anno potrebbero “comporsi e ricomporsi anche in altri gruppi”.
Resta la preoccupazione circa alcuni aspetti ancora non chiariti della riforma: come garantire, per esempio, il passaggio dal vecchio al nuovo sistema di chi è già seduto sui banchi delle scuole italiane?

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