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Tribunale di Varese, finalmente la formale inaugurazione

Ultimata la ristrutturazione del Palazzo di Giustizia, il taglio del nastro ufficiale è avvenuto dopo che già da lungo tempo gli uffici erano operativi. Il Ministro Castelli: "Adesso il via al progetto del nuovo carcere".

I primi lavori in piazza Cacciatori delle Alpi risalgono al 1988: una ristrutturazione dai tempi lunghi che ha visto innestare sul preesistente edificio un nuovo manufatto che insiste su un'area di 13.600 mq, per complessivi 68.000 mq e un ampio parcheggio sotterraneo interamente riservato alle esigenze degli uffici giudiziari. Poi, due anni, fa l'ingresso dei giudici e dei loro collaboratori. Ma solo il 10 dicembre scorso il nuovo Tribunale di Varese è stato inaugurato ufficialmente, alla presenza del Ministro della Giustizia Roberto Castelli.
La visita del Guardasigilli - giunta nel bel mezzo delle polemiche sul mandato di cattura europeo - ha così sancito la conclusione di un'opera difficoltosa e tormentata, perfino nel taglio del nastro. "Non è colpa nostra se l'inaugurazione avviene soltanto oggi" ha fatto presente il capo della Procura Giovanni Pierantozzi, sottolineando come in passato più volte erano state fatte promesse di cerimonie poi non avvenute. Tempi lunghi, dunque, e non solo per l'edilizia pubblica, perché quello del prolungarsi delle procedure è anche "…il problema maggiore della Giustizia italiana" ha ricordato il Presidente del Tribunale Franco Mancini dopo aver sottolineato come il battesimo della struttura varesina cada "…in un momento significativo del processo riformatore in atto".Un processo che, a Varese, ha peraltro prodotto buoni risultati: i tempi della Giustizia sono più brevi rispetto ad altri fori italiani e il numero delle controversie pendenti si sta riassorbendo. Nel corso del 2001 sono state evase circa 4.300 controversie civili, mentre altre 4.400 sono state quelle presentate. Le cause pendenti a fine anno erano oltre 5.800. Nel campo
penale, i fascicoli definiti sono stati oltre 900 e più di 700 quelli pervenuti. Quelli pendenti a fine anno, circa 800. Nell'ultima classifica del quotidiano Il Sole 24 Ore sulla qualità della vita nei diversi capoluoghi provinciali, per l'efficienza della macchina giudiziaria Varese si è collocata al quarto posto in Italia: una posizione di rilievo, che non è tuttavia bastata ad innalzare il posizionamento della Città, risultata al 49° posto nella graduatoria generale calcolata sulla base di diversi altri parametri. Ricevuto, poi, a Palazzo Estense dal Sindaco Aldo Fumagalli, il Ministro Castelli ha annunciato che "Varese avrà un nuovo carcere". Un'esigenza manifestata dalla situazione di grande degrado in cui versa l'attuale casa circondariale, quella dei Miogni.
Il Guardasigilli ha anche segnalato che l'opera verrà costruita dai privati che la concederanno quindi in leasing al Ministero. Con questa strategia si supereranno i vincoli posti negli ultimi anni dal dover aspettate i finanziamenti del piano per l'edilizia carceraria. Un piano che vede la città giardino al primo posto tra gli esclusi e con poche possibilità di immediato ripescaggio.
Tre adesso le proposte al vaglio per la localizzazione. La prima prevede la sua costruzione ai Duni, zona individuata a suo tempo dal Piano Regolatore; la seconda interessa la località "La Villa" e la terza quella della "Selvagna". Tutte aree alla periferia sud della città, ai confini con Gazzada e Schianno.
E' stato poi il Sindaco Fumagalli a rivelare che l'ipotesi più plausibile è di realizzare il nuovo carcere di Varese nella località "La Villa". Quando verrà costruito? Nessuno, durante la visita ministeriale, ha osato sbilanciarsi e dare una risposta a questa domanda. Nella sua visita in provincia, il Ministro ha potuto toccare con mano la difficile situazione propria anche del carcere di Busto Arsizio: costruito per 180/200 detenuti, oggi ne ospita 430. "C'è da riflettere su questa realtà" ha detto il Guardasigilli lasciando il penitenziario di via per Cassano. "Bisogna risolvere il problema strutturale che si chiama sovraffollamento - ha ammesso Castelli -. E per farlo dobbiamo costruire nuovi istituti: quello di Varese è un esempio".
La seconda emergenza riguarda la vita carceraria: "Resto colpito positivamente nel vedere i corsi scolastici, i laboratori e il piano socialità. Ma per fare tutto questo ci vuole personale: tanto e ben motivato".

La generale riorganizzazione della sede degli uffici giudiziari di Varese si è progressivamente posta nel tempo a misura della crescita delle necessità di giustizia degli ultimi decenni. Se, infatti, il vecchio Palazzo - ristrutturato negli anni anteguerra su progetto dell'architetto Morpurgo - riuscì a corrispondere per gli anni '50 e '60, non più così è stato negli ultimi anni.
Per superare a questo avvertito crescente stato di disagio, l'amministrazione comunale di Varese ha deciso di pervenire ad una generale sistemazione dei volumi architettonici destinati alla Giustizia, configurando la generale ristrutturazione dell'esistente e realizzando un congruo ampliamento a quello organicamente collegato.
I volumi di ampliamento hanno una loro autonoma struttura. La strada intrapresa ha voluto escludere per principio le soluzioni più esasperate, spesso perseguite più per il clamore che ne può conseguire che non per il reale convincimento culturale: si è esclusa la strada della mimetizzazione totale (stesso linguaggio delle forme, stessi materiali, stessa logica funzionale); così come si è escluso un accostamento per contrasto provocatorio, che avrebbe mortificato l'esistente a supposto vantaggio dei soli nuovi volumi.
Ha prevalso il convincimento che l'intervento dovesse caratterizzarsi per il suo equilibrio formale, per la sua ragionevole ambientazione, per un avvertibile contrappunto nell'uso dei materiali. Infatti, proprio per la perentoria caratterizzazione dell'attuale facciata e per le forti sporgenze che lambiscono il portale e il terrazzo sovrastante, ove marmo, travertino e cotto sono protagonisti della redazione parietale, i nuovi volumi sono proposti con pacatezza geometrica, immediatamente percepibile.
Insomma, nessuna inutile ostentata competizione tra vecchio e nuovo, ma piuttosto un reciproco coinvolgimento in una sorta di rispettosa autonomia. Semmai è da dire che la fluidità funzionale e formale che determina il senso dell'ampliamento è affidata all'antologia dei materiali. Si è ritrovato un interessante dialogo architettonico fra le diverse parti, soprattutto grazie al mattone, ben finito e a vista, che è stato impiegato con tonalità diverse su registri orizzontali, e anche riproponendo il rivestimento in cotto sui pilastri a lama verticale.
Del resto le particolari attenzioni poste alle vetrate e ai serramenti che le definiscono hanno creato un ulteriore elemento di caratterizzazione architettonica. Tale caratterizzazione trova nei volumi dei pozzi scala-ascensore, nonché nelle leggere sporgenze o depressioni parietali, una sorta di raffinata calligrafia di redazione, capace di concorrere a fare, di quest'episodio architettonico, un caso di rilevante interesse per l'equilibrio di forme, per il carattere architettonico ambientale e il rispetto per il verde e per lo spazio urbano circostante.
Insomma, un episodio culturale ancor prima di essere un episodio semplicemente edilizio, correttamente rispondente ad un'imperativa necessità funzionale.
Va anche detto dell'originale soluzione che, ristrutturando piccola parte dell'attuale sede, ne esalta le caratteristiche tipologiche di edificio "a corte", riproponendone con estrema modernità le valenze. Infatti, muovendo dall'idea di utilizzare l'attuale cortile come una vera e propria luminosa piazza coperta, una "Piazza della Giustizia", e facendone il vero fulcro dell'intera articolazione volumetrica, sono proposti quattro pilastri-montanti agli angoli, ove trovano posto scale, ascensori, impianti: in sintesi uno spazio di incontro gradevole e luminoso ove si intrecciano i vari percorsi dell'intero palazzo e dove si può sostare a complemento delle aule di udienza.
Nell'insieme, la proposta si caratterizza per l'estrema chiarezza progettuale alla cui base sta il concetto di "conservazione integrata" ovvero un atteggiamento di metodo che, lontano dagli automatismi rispettivi di tipologie astratte così diffuse negli ultimi anni, riposa sul binomio dell'attenzione e dell'esaltazione dell'esistente, integrandolo con volumi che siano capaci di esprimere asciuttamente le nuove funzioni.

01/18/2002

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