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"Il Vento della Scienza" tema dell'Orientagiovani

Gianfelice Rocca, vicepresidente di Confindustria per l'Education, presenta il tema della Giornata Nazionale Orientagiovani 2006 che si svolgerà il 17 novembre a Varese. Scienza e tecnologia sono indispensabili per permettere al nostro sistema-Paese di competere con le altre economie sviluppate e con le nazioni emergenti.

Le imprese italiane vogliono parlare di scienza e tecnologia con gli studenti. Anche quest'anno, infatti, "Il Vento della Scienza” è il tema della Giornata Nazionale Orientagiovani, che si terrà a Varese il 17 novembre.Innanzitutto, è importante ricordare che scienza e tecnologia sono indispensabili per permettere al nostro sistema-Paese di competere con le altre economie sviluppate e con le nazioni emergenti. Ma è utile anche sottolineare alcuni aspetti di carattere individuale: a livello di curriculum personale, puntare sulle conoscenze tecnico-scientifiche può rivelarsi un ottimo investimento in termini di carriera e soddisfazioni lavorative.Partendo da queste considerazioni, a Varese e in numerose altre città italiane gli imprenditori - in collaborazione con gli istituti superiori, i centri di formazione e le università - offriranno a studenti e insegnanti un'occasione per riflettere insieme sul futuro professionale e sulle competenze e la formazione scientifica.È bene sottolineare fin da subito che, anche se negli ultimi anni la situazione è leggermente migliorata, i ragazzi italiani che scelgono corsi universitari a contenuto scientifico sono ancora troppo pochi rispetto alle esigenze delle imprese e del sistema-Paese. Un primo dato confortante è contenuto nel documento di lavoro della Commissione europea intitolato "Progressi in direzione degli obiettivi di Lisbona nel settore dell'istruzione e della formazione”. Pubblicato lo scorso maggio, il documento esamina l'evoluzione nel campo dell'educazione in 31 Paesi europei a partire dal summit di Lisbona del 2000. In Italia, negli anni 2000-2003, si è registrato un incremento del 12,8% del numero di laureati in materie scientifiche e tecnologiche. Un risultato che si pone nella giusta direzione rispetto all'obiettivo di un incremento minimo del 15% entro il 2010, fissato a Lisbona, e che supera di molto il 4,65% della media europea.
Tuttavia, nonostante i progressi compiuti, lo stesso rapporto evidenzia un quadro di difficoltà generalizzata per l'Italia e la maggior parte dei Paesi europei, soprattutto nei campi connessi alla creazione di una società basata sulla conoscenza e sull'inclusione sociale. Di fatto, se non si registreranno svolte importanti, un'ampia fascia delle generazioni future si collocherà in una situazione di esclusione sociale, con pesanti conseguenze sul piano individuale e collettivo.
Un esempio delle opportunità connesse agli investimenti in formazione, ricerca e sviluppo arriva dalla Finlandia, Paese che negli ultimi anni ha raddoppiato il numero dei ricercatori e aumentato i politecnici, ha dato grande rilievo alle scienze nel curriculum di studio dai 9 ai 17 anni e si è collocata nelle prime posizioni al mondo per numero di brevetti. Un'esperienza che dimostra come le scelte formative siano fondamentali per migliorare la vita dei cittadini e la crescita economica.
Al contrario, in Italia la maggior parte degli indicatori relativi alla spesa per innovazione, ricerca e sviluppo è al di sotto della media Ocse. Inoltre, l'innovazione è per lo più incorporata negli impianti (al 50%) e in misura minore legata alla ricerca (solo al 29%). È allora indispensabile migliorare il legame fra impresa e ricerca, così da trasferire conoscenze tecnico-scientifiche alle imprese e migliorarne la capacità competitiva. La formazione di ricercatori in grado di produrre ricerca di base e applicativa, la produzione diretta di ricerca, la creazione di sinergie tra la ricerca accademica e la ricerca industriale, la preparazione di figure tecniche e professionali in grado di portare l'innovazione sui mercati: tutti questi sono compiti vitali dell'università, che può essere definita come il vero e proprio "motore della conoscenza” delle economie moderne.
Poste di fronte a questi ambiziosi obiettivi, le università europee - e in particolare quelle italiane - faticano a rinnovarsi, come testimoniano tutte le graduatorie e le classifiche internazionali. Per innescare il processo di cambiamento del sistema universitario occorre intervenire sui sistemi di incentivi e disincentivi di origine pubblica, che oggi non sono focalizzati, e bisogna rendere più chiari i piani strategici delle università. Occorre un'azione rapida, forte e coraggiosa, che utilizzi le leve della meritocrazia e della concorrenza come motori primi del miglioramento.
Le lauree scientifiche costituiscono una indubbia opportunità per i giovani in termini di occupazione.
L'ultima indagine AlmaLaurea, pubblicata lo scorso luglio, mette a confronto la condizione occupazionale dei laureati del gruppo tecnico-scientifico con quella dei laureati del gruppo delle scienze umane e sociali. I primi, a un anno dalla laurea, lavorano per il 60,3%, mentre i loro colleghi del gruppo delle scienze umane sono occupati per il 50,4 per cento. A tre anni dalla laurea c'è ancora una sensibile differenza - 75,7% contro 72,7% - e solo dopo cinque anni non si evidenziano più grandi differenze tra i due gruppi (86,9% per il gruppo tecnico-scientifico e 86,4% per le scienze umane).
La stessa indagine mette in evidenza che il reddito netto dopo cinque anni dalla laurea per i laureati del gruppo tecnico-scientifico è dell'8,7% più elevato rispetto a quello dei laureati del gruppo delle scienze umane. Infine, viene rilevata anche una differenza nella percezione dell'utilità del proprio percorso di studi: il 95,7% dei laureati del gruppo scientifico ritiene che la propria preparazione universitaria sia stata efficace in funzione del lavoro che svolge, contro l'88,9% dei laureati nel campo degli studi sociali. Al di là delle statistiche, e tornando a guardare il quadro d'insieme, appare evidente che le imprese dovranno fare di più. Gli imprenditori di oggi hanno responsabilità decisive nei confronti dei giovani e delle generazioni future. E questo perché il benessere delle nazioni sarà sempre più legato alla capacità di promuovere l'energia e il talento dei giovani, puntando sulla concorrenza e sulla meritocrazia. In questo senso, al centro degli interessi del mondo delle imprese ci sono l'ascolto delle istanze dei giovani e la proposta di forme avanzate di dialogo tra giovani e imprenditori.
Non è azzardato affermare che la "scientificità ambientale” favorisce lo sviluppo economico e rende il Paese più dinamico e competitivo. Del resto i settori di punta del futuro - dall'high-tech alla biomedicina, dall'energia alle telecomunicazioni, dai nuovi materiali alle nanotecnologie - sono tutti caratterizzati da un'elevatissima intensità tecnico-scientifica. Per questo si può concludere con l'auspicio che in Italia - il Paese di Galilei, Volta e Fermi - torni a soffiare il "Vento della Scienza”, sia come risultato di scelte individuali degli studenti sia come progetto-Paese, per permettere alle imprese italiane di affrontare la competizione tecnologica e affermarsi sui mercati più innovativi e avanzati.

11/06/2006

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