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Occidente e Islam: così diversi, così simili

L'attentato di New York è l'espressione estrema di una visione polarizzata del mondo, che appartiene però solo a gruppi ben specifici. La lotta al terrorismo non deve interrompere il dialogo inter-culturale e inter-religioso tra Occidente e Islam.

In queste settimane ci si è interrogati sulle conseguenze che il tragico attacco terroristico consumatosi l'11 settembre scorso a New York potrà avere in ogni ambito della nostra vita e delle nostre società. Come è stato ricordato più volte, anche il dialogo inter-religioso e, in particolare il dialogo con l'Islam, è chiamato in causa da eventi di tale gravità e occorre chiedersi se e come potrà svolgersi nel futuro prossimo.
Prima di provare a indicare qualche linea di risposta, ricordo che il dialogo inter-religioso nella sua dimensione sistematica e ufficiale è un'acquisizione recente, risalendo alla metà del XX secolo. Anche in società ad alta densità multiconfessionale non esisteva un dialogo inter-religioso. Di solito la religione maggioritaria o politicamente dominante influiva sulle regole dell'ordinamento civile, sociale e politico, garantendo una convivenza tra persone (cittadini o sudditi) appartenenti ad altre religioni, senza normalmente garantire però un trattamento egualitario.
Il dialogo inter-religioso, come processo di confronto, scambio, dibattito su temi di comune interesse, cui partecipano membri di diverse tradizioni religiose, è invece un fenomeno recente. La sua origine è dovuta alla consapevolezza che in un mondo sempre più interdipendente le religioni non potevano continuare ad agire ignorandosi reciprocamente o mantenendo un tono esclusivo di polemica dottrinale. Al contrario, si è sentita l'esigenza che i rappresentanti delle diverse religioni si aprissero all'incontro delle rispettive tradizioni, mettendo da parte pregiudizi e approfondendo in modo critico, ma costruttivo, la mutua conoscenza. Incontro e conoscenza costituiscono poi la base per affrontare problemi comuni nella prospettiva di giungere a risposte condivise.
Il dialogo inter-religioso è un processo complesso per la pluralità di attori, per la varietà di contesti geografici in cui viene svolto, per la differenziazione dei livelli: locale, regionale, internazionale. Infine, è un processo complesso perché si svolge su diversi piani e, a seconda delle religioni attive nelle concrete iniziative di dialogo, alcuni temi possono essere considerati prioritari rispetto ad altri. Nei dialoghi tra Cristianesimo e Islam, ad esempio, i temi più ricorrenti sono di tipo etico-sociale o etico-politico, mentre assai meno frequenti sono quelli di natura prettamente teologica o spirituale.
Volendo tentare un sintetico bilancio del dialogo inter-religioso degli ultimi quarant'anni tra Islam e Cristianesimo, non si può non vederne i frutti positivi. E' certamente cresciuta la mutua conoscenza, si ha una visione reciproca decisamente più articolata. Rispetto all'Islam ci si è resi conto che esso è una realtà plurale, percorsa da diverse correnti interpretative: accanto al permanere di visioni tradizionali, che continuano a vedere la specificità dell'Islam nell'interconnessione tra dimensione religiosa, giuridica e politica, vi sono intellettuali ed esponenti religiosi ben più aperti che propongono una lettura innovativa delle fonti dottrinali islamiche, per farne emergere tutta la carica più genuinamente religiosa, aprendo in modo costruttivo l'Islam alla modernità.
L'impegno nel dialogo inter-religioso è dimostrato anche dal sorgere di numerosi centri e istituzioni ad esso dedicati, soprattutto in ambito cristiano, ma recentemente anche in ambito islamico. Il dialogo inter-religioso tra Islam e Cristianesimo, seppur con difficoltà e fatiche, sta progredendo.
L'atto terroristico dell'11 settembre è stato compiuto, come sappiamo, da un movimento che appartiene alla galassia dei movimenti dell'Islam politico radicale.
Questi movimenti hanno sempre rifiutato il dialogo, non solo con le altre religioni, ma anche con gli stessi musulmani più aperti. La scelta di usare la violenza e il terrorismo è stata fatta da questi movimenti agli inizi degli anni Settanta, in primo luogo per combattere i governi dei paesi musulmani, accusati di tradire l'Islam. Negli anni Novanta l'obiettivo si è allargato agli Stati Uniti, visti come gli alleati dei medesimi governi e come nemici dell'Islam.
L'attentato di New York è dunque l'espressione estrema di questa visione polarizzata del mondo, che appartiene però solo a gruppi ben specifici.
Altra cosa è invece constatare la diffusa persistenza di una predicazione islamica antioccidentale e anticristiana. Bisogna chiedersi fino a che punto lo spirito del dialogo sia penetrato tra i rappresentanti dell'Islam e quanto invece permangano visioni di opposizione tra culture e religioni, in cui l'Islam è proposto come l'alternativa di sistema, sul piano religioso, politico e socio-giuridico.
In questo senso, io credo che l'Islam contemporaneo debba sciogliere due nodi fondamentali: quello del rapporto tra religione, stato e società e quello della piena acquisizione dell'eguale dignità di tutti gli uomini, indipendentemente dall'appartenenza religiosa, espressa sul piano giuridico dai diritti dell'uomo. Entrambi questi punti non sono recepiti nella dottrina islamica ufficiale. Solo una loro chiarificazione - nel senso di distinguere la dimensione religiosa e spirituale da quella politica e di recepire i diritti universali dell'uomo - potrà delegittimare alla radice qualsiasi strumentalizzazione della religione per fini politici e qualsiasi uso della violenza in nome della pretesa fedeltà a una visione religiosa. Un dialogo inter-religioso e inter-culturale serio è una via privilegiata per questa evoluzione e certamente non mancano interlocutori musulmani desiderosi di impegnarsi, culturalmente e religiosamente, per far compiere all'Islam una rivoluzione culturale, che ne faccia la dimensione spirituale e religiosa più autentica.
L'attuale crisi internazionale e la lotta al terrorismo non devono interrompere il dialogo inter-religioso: sarebbe fare il gioco dei movimenti dell'Islam radicale, che da sempre sono contrari a ogni idea di dialogo. Deve però rendere il dialogo più consapevole della gravità della posta in gioco, uscendo da alcune ambiguità che ormai non sono più sostenibili. In particolare, non si può più accettare l'idea tante volte avanzata da istituzioni ufficiali di parte musulmana che il dialogo tra le religioni ha come obiettivo la lotta contro l'ateismo e l'immoralità (normalmente identificati con le società occidentali). Il dialogo infatti non si fa "contro" dei terzi, ma è finalizzato alla crescita della comprensione reciproca e dell'autocritica costruttiva per una comune testimonianza di valori condivisi, rispettosi della dignità di ogni uomo.

10/18/2001

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