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Di vedetta sulla torre

Da sito appartato a luogo tra i più rilevanti nella storia dell'altomedioevo. La singolarità della testimonianza storico-artistica di Torba è espressa da due monumenti peculiari: torre e chiesa, custodi di affreschi unici e di rilevante qualità.


Ci sono ambienti, nel nostro territorio, che sono stati relegati in un cantuccio come si faceva quando si mandavano in soffitta mobili o arnesi troppo usati e consumati, e li si dimenticava fintanto che qualche nipote curioso non andava a scovarli e ne chiedeva ragione ai nonni.
Torba è uno di questi; i primi nipoti sono stati Alberto Ferrari, Carlo Alberto Lotti ed io, negli anni Settanta, quando dapprima con gli Itinerari pubblicati sulla Prealpina, a cura dei primi due, e a seguire con segnalazioni da me fatte alla Soprintendenza ai Monumenti ed alle Belle Arti (così si chiamava allora la odierna dei Beni Artistici e Storici di via Brera a Milano) si ravvivò l'interesse per il complesso monumentale. Ma non di più si sarebbe ottenuto se non fosse stato per il munifico intervento di donna Giulia Crespi Mozzoni a ciò sollecitata dal prof. Franco Russoli, che acquisì il bene e lo donò al FAI nel 1977: anno da iscrivere tra i fortunati per le vicende della conservazione del nostro patrimonio artistico e storico.
Le ragioni che in negativo ne hanno determinato, fino a qualche decennio fa, il destino di sito appartato e dismesso, sono quelle che, in positivo, ne avevano affermato il rango di luogo tra i più rilevanti nella storia dell'altomedioevo, al pari di Castel Seprio.
Oggi v'è un'adeguata segnaletica che vi porta a Torba, ed è quella del FAI, ma qualche decennio fa bisognava sapere quali strade prendere per raggiungere una località al piede del colle di Castel Seprio, lungo l'Olona , in un territorio dove gli insediamenti industriali avevano avuto il sopravvento sulla storia più lontana.
Eppure proprio le ragioni di quella storia avevano determinato la nascita di Torba. L'Olona, innanzitutto, un fiume forte di acqua che serviva a far girare le ruote dei molini: una vena di vita per i territori circostanti, come fosse una strada da tener sott'occhio e da difendere. Poi, una località dove gettare un ponte per collegare le due rive, i due territori contrapposti, e sul quale quindi vigilare per consentire sicuro passaggio delle vie di comunicazione tra Novara e Como. Infine, il castello di Seprio, alle sue spalle, del quale Torba era ed è propaggine avanzata sul fiume, posto di guardia e di segnalazione, avancorpo di un sistema di difesa comprendente l'ampia cerchia delle mura entro le quali la potenza dei Longobardi si era assestata facendolo centro del loro Contado.
Ecco in breve i motivi per i quali Torba si connota immediatamente e precipuamente attraverso la poderosa mole della sua torre: una presenza difensiva, segno di guerra. Una costruzione imponente, massiccia, salda, fatta di pietre, con muraglie di rilevantissimo spessore, in grado di resistere a cannonate che nessuno le avrebbe mai tirato contro.
Si impianta su una base quadrangolare di quasi nove metri e si alza tra poderosi contrafforti: due marginali ed uno centrale, che sono nervature di una struttura architettonica assai vicina a quella delle torri milanesi della chiesa paleocristiana di San Lorenzo, il che consente di datare la costruzione alla fine del sec.V- inizi del sec.VI. Nella compatta muraglia le aperture ovviamente sono esigue, specialmente alle quote inferiori, dove risultano a modo di feritoie. Nelle superiori, invece, sono state allestite con misure assai più generose, sia per la sicurezza indotta dalla quota, sia per la possibilità di incanalare maggior quantità di luce. Queste ultime appaiono poi configurate con un sistema "a fungo", come quelle della soprastante chiesa di Santa Maria foris portas, indizio di una tecnica costruttiva affermatasi in età altomedioevale.
La funzione primaria di torre è segnalata in particolar modo dall'ambiente a piano terreno dove stavano i soldati di guardia, impegnati a far uso di quelle feritoie appena annotate, e che va pensato senza l'attuale copertura lignea piana, di epoca quattrocentesca.
Quando, si ritiene tra la fine del regno dei Longobardi e l'avvento di quello dei Franchi, dunque verso la fine dell'VIII secolo, venne meno la funzione di difesa che la torre principalmente aveva, vi fu trasferita una comunità di monache benedettine, ragion per cui lo stesso ambiente militaresco fu adibito probabilmente ad una specie di cimitero della comunità se non addirittura di mausoleo.
A tal fine risulta significativa l'immagine affrescata di una monaca dal nome di Aliberga, una donna franca, che pare rimontare all'VIII-IX secolo.
Le necessità di poter contare su di uno spazio adibito a chiesa o a cappella fu immediatamente manifestata dalla comunità appena insediatasi di modo che si provvide ad allestirne una nella stanza superiore, dove sono le finestre a fungo prima ricordate.
Questo spazio è altamente suggestivo in quanto si ripropone con una decorazione a fresco che riveste tutte le quattro pareti e trasfigura un ambiente altrimenti di scarna rusticità
Un alto mosso e vivace velario, che riprende i modi pittorici della scuola romana del tardo VIII secolo, costituisce l'orlatura della parete orientale e quindi segnala che in quella posizione doveva esser collocato un altare portatile, staccato dal muro, sopra il quale un pittore di alta qualità affrescò un Cristo imberbe, seduto in trono, con angeli santi ed apostoli: il centro della contemplazione della piccola comunità monastica. Che si trattasse di una compagine di poche religiose lo si deduce dall'entità degli spazi allora a disposizione e dalla esigua schiera di monache affrescate sulla parete di fronte dove le otto figure in teoria appaiono sempre presenti alla devozione del Cristo per il quale intercedono. Singolare annotazione è quella relativa al fatto che non tutte hanno il volto definito quasi a voler significare che lo si sarebbe tratteggiato una volta che ciascuna di esse fosse defunta.
Sulla parete d'ingresso, a sinistra, si spiega un affresco di grande importanza per la storia della pittura in volgare, cioè degli inizi della pittura italiana, ed è la Madonna con il Bambino Santi ed un offerente, purtroppo mutilata nel volto della Vergine che feci in tempo a documentare integro nel 1972 quando la scena mi apparve magicamente in quella stanza che serviva da granaio e dove soltanto frammenti di affreschi da sotto l'intonaco venivano alla luce facendo intuire il sottostante tesoro.
L'insediamento monastico necessitò di una vera e propria chiesa, e non soltanto della cappella appena ricordata, che poté continuare ad essere usata per scopi di preghiera privata, ragion per cui si provvide a far costruire contro la parte del colle di Seprio una chiesa autonoma, senza vera e propria facciata nell'uso consueto, cioè che avesse risalto monumentale, impeditole dalla vicinanza della scarpata del colle e pertanto fornita di un accesso laterale. Per usufruire delle diverse quote del terreno fu allestita una cripta e le si sovrappose una esigua aula. Nacque così la chiesa di Santa Maria, di età presumibilmente di poco posteriore all'insediamento nella torre, verso gli inizi del IX secolo. Della prima piccola chiesa è stata rilevata l'impronta nel pavimento dell'attuale che consiste, invece, di un secondo ampliamento eseguito in età romanica, cioè verso l'XI secolo, fino all'ultimo rilevante intervento dell'abside aggiunta al corpo iniziale nel corso del XII secolo, sempre con modi architettonici romanici propri però di una tecnica e di uno stile più maturi.
La singolarità della testimonianza storico-artistica di Torba è dunque avvertibile per la presenza di due monumenti affatto peculiari: torre e chiesa, custodi, specialmente il primo, di affreschi di rilevante qualità ed unici nel loro genere. Si aggiunge, però, la realtà ambientale suggestiva ed evocatrice di tempi lontanissimi. Scendere a Torba da Castel Seprio o arrivarvi da Gornate significa infatti entrare in un mondo isolato, che pare intatto, ragion per cui l'esser stata abbandonata, messa in disparte ha giovato alla sua entità ed ha consentito che i nipoti, mossi da generosa curiosità, facessero rivivere un momento della storia dell'età altomedioveale che in Italia settentrionale è dei pochi e di così alto significato.

10/18/2001

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