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Vedano Olona restaurata San Pancrazio

La tradizione dei valori è l'elemento che, insieme agli affreschi, emerge dal restauro della vecchia chiesa di san Pancrazio a Vedano Olona. Lo spiega lo storico dell'arte Silvano Colombo.

Sono convinto che faccia sempre bene fermarsi a considerare che cosa significano le parole che usiamo correntemente; a maggior ragione se poi sono di quelle che tiriamo fuori dal cassetto una volta ogni tanto.
Tradizione deriva dal tanto amato, fondamentale, latino e vale per consegnare qualcosa a qualcuno. Per lo più si tratta di consegnare un bene, un valore.
I nostri vecchi, quelli di un millennio fa, sempre nonni sono, gente di casa, nel nome del loro stare insieme, nella comunità di Vedano sopra l'Olona, si sono costruiti attorno una chiesetta che doveva bastare a contenerli.
Chi si fosse trovato lì dentro avrebbe avuto sott'occhi tutti i fedeli; ne avrebbe conosciuto i volti ed i modi di fare; ne avrebbe misurato la fede attraverso le opere.
San Pancrazio fu eretta nei primi anni del Mille, inglobando la più antica memoria di una cappelletta costruita lungo la strada che facendo salire dall'Olona conduceva verso Binago. Una semplice aula a pianta rettangolare, conclusa da un'abside dove porre il segno fondante dell'altare, sul quale far pervenire la luce volutamente indirizzata sulla mensa, allestendo nella forte muratura di ciottoli aperture alte e strette, girate con archivolto, probabilmente non simmetriche tra loro ma realizzate dove serviva per prendere la luce dell'oriente.
Chi visita oggi, a restauro ultimato, la chiesetta di San Pancrazio non vede nulla di quanto ho appena descritto ma ne avverte la presenza perché i lavori condotti fin qui hanno reso evidenti, sulla parete settentrionale dell'aula, due aperture romaniche; hanno consentito di scoprire sotto il pavimento il tracciato dell'abside originale romanico, di modo che si verifica sul posto come una tradizione dei valori fondanti quella comunità siano stati dapprima costruiti e poi ammodernati per tenere il passo delle persone crescenti di numero e attente a fare sì che lo spazio del sacro si manifestasse con segni artisticamente rilevanti.
La Fede esige di maturare con i tempi senza dimenticare i valori di fondo. E così si tengono buone le pareti perimetrali dell'aula; si amplia il presbiterio abbattendo quello romanico, semicircolare, per erigervi l'attuale, quadrangolare, fermo restando il nucleo dell'altare che è il punto fisso calamitante la comunità.
Il presbiterio quattrocentesco viene affrescato per intero da una mano discretamente abile, avvertita della pittura tardo-gotica lombarda, con una impegnativa Crocefissione e la chiesa prende altra luce per via di aperture più ampie e dei riflessi degli intonaci. Ma non basta: anche il timpano dell'arco trionfale viene illuminato dai colori di un Dio Padre che accoglie severamente i fedeli segnando un ulteriore alto punto di riferimento verso l'altare.
Contrastava con la lievitante cromia del presbiterio la rude schiettezza delle pareti dell'aula, costitute da ciottoli, e la copertura con le capriate a vista che davano all'interno un tono ligneo disomogeneo ma caldo, acceso dal diverso colore dei tegoli visti dal di sotto, tra listelli e listelli.
Agli inizi del Novecento si intervenne pesantemente per ammodernare un edificio che era stato lasciato andare in disuso e secondo il gusto dei tempi gli si rifece il prospetto, fu allestita la pavimentazione interna con piastrelle di cemento, le pareti furono decorate a stampini, come se si trattasse della sala d'attesa di un municipio o di una stazione, e per concludere fu tirato il soffitto piano finto-cassettonato che nascose alla vista l'indecorosa sequenza del tetto originale, variando fondamentalmente il respiro dell'aula e tagliando di netto alla vista la figura di Dio-Padre.
Questi, dall'alto della Sua Potenza, non se n'ebbe a male ed attese che Don Roberto Verga lo facesse rivelare a tutti pur nel compromesso di una ernia strozzata nel soffitto novecento per consentire di recuperare l'originale senso della spazialità romanico-gotica.
La tradizione dei valori non avviene sempre pacificamente. Ci sono inquietanti sussulti, contraccolpi, ma il segno forte che si deve rimarcare è quello della comunità di Vedano che ha ripreso in mano la chiesa, se l'è fatta consegnare dai suoi vecchi, ne ha rivelato fermezza di intenti e tentennamenti di modernità, e la consegna come testimonianza di un fare Fede che insegna a noi di oggi come vivere i nostri anni e le memorie degli anni altrui.
Ne fa tradizione, e così operando invita altre comunità a fare altrettanto perché nel nostro territorio sono tali e tante realtà storiche, culturali, umane che soltanto chi vuole ignorarle non le vede. Chi le ama, le valorizza e dimostra ai turisti che anche noi vigiliamo sul passato e ne ricaviamo lezioni esemplari.

05/09/2008

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