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Un black out che ha fatto luce

Dalla interruzione di energia elettrica del giugno scorso una cosa è risultata chiara: il paese deve affrontare al più presto il problema della non-autosufficienza energitica, se non si vuole rischiare di imballare il motore del sistema produttivo. E il rischio di black out rimane alto per tutto il 2004.


Per tutto il prossimo anno, in Italia la possibilità di periodici distacchi d'energia rimarrà molto elevata. Un problema grave come ci hanno dimostrato i recenti avvenimenti.
Estate 2003: mentre la scarsità di energia elettrica fa rischiare di restare al buio, il black out fa maggiore luce su una verità nota agli addetti ai lavori ma, probabilmente, non all'opinione pubblica. L'Italia, sesta potenza industriale mondiale, soffre di un problema strutturale, dal punto di vista energetico, che rischia di compromettere il raggiungimento dei tassi di sviluppo economico attesi. In altre parole, se la locomotiva economica nei prossimi anni marcerà ai ritmi auspicati, l'energia elettrica a disposizione - salvo decisi interventi - non sarà un carburante sufficiente a sostentarla. Tanta potenza insomma, ma benzina insufficiente: sarebbe come possedere una Ferrari e doverla tenere ferma per mancanza di carburante.
A dirlo è lo stesso Gestore Nazionale della Rete di Trasmissione (GRTN), l'Ente unico istituito in Italia per occuparsi della distribuzione dei kilowatt prodotti o importati. E' il GRTN che avverte: se i tassi di sviluppo economico del nostro paese riprenderanno a correre con un ritmo superiore al 2,5%, come ci si augura, la richiesta di elettricità in Italia è destinata ad aumentare di circa il 3% l'anno. Un'accelerazione che porterà i consumi nazionali dagli attuali 320 miliardi di chilowattora, a oltre 350 nel 2006, per arrivare ai 420 miliardi di chilowattora nel 2012. Una situazione che preoccupa ancor di più per l'impennata del valore della domanda di picco, oggi pari a 53mila megawatt, che schizzerebbe a ben oltre 70mila megawatt. Diventa allora fondamentale - come avverte il Gestore nel suo piano triennale - fronteggiare la crescente domanda con interventi di adeguamento di tutto il sistema elettrico.
Una situazione che non fa dormire sonni tranquilli soprattutto al Nord, dove già oggi si concentra la più alta domanda di elettricità trainata dall'industria. Industria che, il 26 giugno scorso, ha vissuto momenti di reale preoccupazione. "Al di là dei danni verificatisi, dell'ordine di diverse centinaia di migliaia di euro - spiegano all'Unione degli Industriali di Varese - occorre considerare che l'interruzione quasi improvvisa dell'erogazione di energia elettrica rischia di provocare serie conseguenze soprattutto negli impianti a ciclo continuo. Inoltre non va dimenticato che, in aggiunta ai danni alla produzione, possono verificarsi disservizi negli impianti di depurazione a valle dei cicli produttivi".
Se gli Usa ad agosto sono rimasti al buio a causa di un guasto elettrico, l'Europa ha dovuto fare i conti con un caldo eccezionale che ha messo in difficoltà diversi paesi. Ma in Italia si è giunti all'interruzione della fornitura. E non è neppure confortante sapere che - come precisato da diverse fonti - l'episodio del 26 giugno scorso, che ha paralizzato diverse attività produttive e commerciali, non è stato un black out in senso stretto, ma un "distacco programmato": la scarsa tempestività della segnalazione ha, infatti, scatenato diverse reazioni che hanno portato il governo a rimuovere, ai primi di luglio, i vertici del Gestore Nazionale della Rete di Trasmissione.
A questo punto la debolezza, sul versante elettrico, del nostro paese è apparsa agli occhi di tutti. Qualche dato per comprendere la situazione. Dell'energia consumata in un anno in Italia il 16% arriva dall'estero, in particolare da Svizzera e Francia e, in misura molto minore, da Austria, Slovenia e Grecia. Da quest'ultima viene soddisfatto circa l'1% del nostro fabbisogno interno.
La restante produzione è affidata per il 64,6% alle centrali termoelettriche, per il 17,8% alle centrali idroelettriche mentre per l'1,6% si tratta di energia che deriva da impianti eolici, fotovoltaici e geoermoelettrici.
La liberalizzazione del mercato produttivo ha fatto sì che in questi ultimi anni nuovi produttori abbiano cominciato a fare concorrenza a quello che prima era il monopolista, vale a dire l'Enel. Quest'ultimo, costretto dalla legge sulla liberalizzazione a mantenersi entro il 50% della capacità produttiva nazionale, oggi rappresenta comunque il colosso della situazione fornendo il 47% dell'energia totale. Tra i suoi concorrenti i maggiori sono Edipower (ex Eurogen) (8 %), Edison (5%), Hendesa Halia (costola di Elettrogen) che copre il 7% del fabbisogno, Eni Power con il 5% seguita da Tirreno Power (3%), Asm di Brescia (2%), Asm di Milano (2%) e Aem Torino (1%). La restante parte è invece distribuita tra una miriade di piccoli e piccolissimi produttori, per lo più composti da ex municipalizzate.
Per completare il quadro, non bisogna dimenticare che il problema dell'approvvigionamento energetico dipende in larga parte dalla qualità delle "interconnessioni", che consentono gli scambi di energia elettrica tra Paesi confinanti e che rivestono un ruolo importante nelle politiche europee di costituzione del mercato unico. Attualmente la rete elettrica italiana è "interconnessa" con le reti dei paesi confinanti attraverso 16 linee: 4 con la Francia, 8 con la Svizzera, 1 con l'Austria, 2 con la Slovenia ed 1 con la Grecia. Dal punto di vista quantitativo si tratta di una rete insufficiente. In questa situazione, con il caldo torrido che ha fatto schizzare alle stelle i consumi per l'uso di condizionatori, ventilatori e refrigeratori di ogni tipo, qualcosa non ha funzionato, anche perché si è messa di mezzo la siccità a far abbassare vertiginosamente il livello delle acque di laghi e fiumi. Ad entrare in difficoltà non sono state le sole centrali idroelettriche (17,8% dell'energia prodotta), ma anche quelle termoelettriche posizionate lungo i corsi d'acqua, come il Po. Per funzionare esse prelevano, per poi riscaricarla, acqua per il raffreddamento delle turbine. Basti pensare che proprio sul fiume che attraversa la pianura Padana si affaccia la centrale Enel di Porto Tolle, capace da sola di produrre il 5% della potenza di generazione effettiva disponibile in Italia.
E proprio sulla preziosissima acqua si è accesa una sorta di "guerra tra poveri". Da una parte gli agricoltori, maldisposti a vedersi sottratte le già scarse risorse idriche per i loro raccolti. Dall'altra, le imprese produttive che scongiuravano dannosi black out e che, per gran parte dell'estate, hanno fatto i conti con quello che è risultato a posteriori uno spauracchio di nuovo improvviso buio. "Si deve anche considerare - spiegano ancora all'Unione Industriali - che, così come è dannosa l'interruzione della fornitura di energia con preavviso insufficiente, lo è altrettanto l'allarme lanciato senza che, poi, l'interruzione si verifichi, in quanto vanifica le misure di salvaguardia prese sul piano dell'organizzazione della produzione e della conseguente gestione delle risorse umane". Senza dimenticare che, oltre all'allarmismo ingiustificato, diventano pericolose anche le segnalazioni approssimative, che non indicano, ad esempio, le zone precise e circoscritte in cui i provvedimenti di distacco possono verificarsi.
A questo proposito basta riflettere su un esempio: in caso di minaccia di black out, un'azienda deve adeguare i turni di lavoro, porre limitazioni al ciclo industriale. E c'è anche chi acquista i gruppi elettrogeni o i sistemi di continuità. Alla fine, non è detto che l'energia mancherà. Ma gli investimenti fatti e i costi sostenuti se ne sono andati inutilmente in fumo.

E IN FRANCIA… nessun black out

Anche uno dei Paesi meglio attrezzati dal punto di vista energetico ha dovuto fare i conti con siccità e caldo eccezionale. Ma il black out non c'è stato.
"Attenzione! Anche con il bel tempo, l'acqua può crescere rapidamente". Ed ancora "Non lasciare che l'acqua ti trascini via". L'avvertenza ai turisti, apparsa sulle riviste francesi della scorsa estate, era di EDF - Electricité de France - l'ente di stato che produce energia elettrica.
Nonostante il ricorso, annunciato, alle riserve idriche per produrre energia elettrica, anche quando la forte presenza turistica potrebbe consigliare cautela nell'immettere improvvisamente nei torrenti milioni di metri cubi d'acqua, la Francia ha sofferto anch'essa, quest'anno, per il surplus di domanda energetica.
Il motivo è presto detto. D'estate, quando il fabbisogno diminuisce a motivo della fermata delle attività produttive, si approfitta per effettuare la manutenzione alle centrali, che restano quindi inattive, a turno. Ma la canicola ha indotto anche i francesi a fare un uso straordinario di condizionatori e ventilatori. Nella prima decade di agosto il consumo è stato di 53.000 megawatt, contro i 48.000 di un anno prima: una soglia comunque ancora lontana da quella record di 80.200 megawatt registrata nel gennaio 2001. Di black out, tuttavia, non se n'è proprio parlato. La Francia ha utilizzato per sé tutta l'energia disponibile, prodotta da una batteria di 58 centrali nucleari che si affiancano alle 42 termiche e alle 115 idroelettriche.
Per maggiore sicurezza, il 7 agosto EDF ha importato energia elettrica per 4.000 megawat, equivalenti al fabbisogno di una ipotetica città di 4 milioni di abitanti: in fondo, poca cosa rispetto ad un potenziale produttivo di 100.000 megawatt giornalieri.

09/25/2003

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