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Varese? Ma che buona…

Un libro di Sergio Redaelli racconta i personaggi, le ricette, i prodotti tipici e le tradizioni culinarie della nostra provincia

Per ora è ancora un sogno ad occhi aperti, ma presto il Nebbiolo di Angera potrebbe diventare il primo vino varesino di pregio commerciale, a patto che i produttori uniformino i criteri di selezione e i metodi di coltivazione delle uve. Lo spiega il giornalista Sergio Redaelli nel libro "Varese golosa. Prodotti tipici, ricette e protagonisti" (Macchione Editore, 174 pag, 20 euro), in vendita nelle librerie dai primi di dicembre con le prefazioni del caporedattore de La Prealpina Fausto Bonoldi e dello storico Pierangelo Frigerio.
Del progetto del vino d'Angera si sta occupando l'Istituto di Scienze Arboree della facoltà di Agraria dell'Università Statale di Milano con i fondi della Camera di commercio di Varese. "Il primo passo è ottenere il marchio Indicazione Geografica Tipica - spiega il direttore dell'Istituto, professor Attilio Scienza, uno dei massimi esperti di vitivinicoltura in Italia - L'obiettivo è stabilire quali tra i vitigni tuttora coltivati nel comprensorio (Nebbiolo, Barbera, Bonarda, Malvasia, Riesling, Vespolina ecc.), possano essere messi in produzione industriale e su quale si possa costruire la richiesta della Igt. In seguito, se ci saranno le condizioni, si potrà pensare addirittura ad una Doc, la denominazione di origine controllata".
Il progetto è in fase avanzata. I primi sopralluoghi tecnici nelle cantine e nei vigneti hanno dato esiti interessanti. I vini assaggiati, per quanto frutto di un approccio amatoriale, hanno espresso note di sicuro interesse dal punto di vista del patrimonio aromatico e della struttura, quindi delle potenzialità in caso di gestione più professionale della filiera vitivinicola.
"Smentendo antichi pregiudizi - spiega l'autore del libro - il Varesotto è una terra ricca di tradizioni gastronomiche e di prodotti tipici da valorizzare. Non c'è solo il vino d'Angera. Da almeno due secoli è documentata la coltivazione degli asparagi a Cantello, la zona di Travedona Monate vanta un'antica maestria nella produzione delle pesche sotto sciroppo e il nostro miele d'acacia, di castagno, millefiori e di melata ha un giro d'affari di un milione ottocentomila euro l'anno. Tuttavia ci sono anche dei problemi. Le produzioni di nicchia rischiano l'estinzione e vanno studiati piani di sostegno per consentir loro di sopravvivere".
L'elenco delle ghiottonerie varesine è ancora lungo. La formaggella prodotta nelle Valli Luinesi presto otterrà la Denominazione d'Origine Protetta. I turisti della domenica "salgono" in valle a comprare le caciotte e le robiole di capra del lago d'Elio. Per non parlare del "sancarlino", della ricotta della Valcuvia e dei tomini di Monteviasco. Poi ci sono i salumi e i violini di capra.
Che lo si voglia o no il Varesotto è una provincia… doc. La produzione di frutta e di verdura è sempre stata una ricchezza delle nostre valli. Delle mele, delle pere, delle pesche e dei fichi nostrani parlava già nel 1821 il conte Giorgio Gallesio, un erudito viaggiatore e catalogatore di specie vegetali, che descrisse le abbondanti varietà di fichi che crescevano a Gallarate, Sesto Calende e Varese, le pere di Somma Lombardo e le magnifiche pesche duracine, bianche e gialle, della zona dei laghi di Varese e di Monate.
Fra le specialità locali, non vanno dimenticati i dolci e i liquori, i celebri Brutti & Buoni di Gavirate che piacevano alla regina Elena di Savoia, gli amaretti di Saronno, il Dolce Varese, l'elisir del Borducan al gusto d'arancia, le caramelle Fiori di Varese e i tipici biscotti "mostaccini" delle monache romite del Sacro Monte, che un tempo preparavano anche il Rosolio Amaro.
Nel suo libro, Redaelli spiega che Varese ha dato i natali a importanti gastronomi del passato, primo fra tutti Bartolomeo Scappi, il "Michelangelo della cucina", il più grande cuoco del '500 che divenne lo chef di fiducia di quattro Papi. Veneziano di nascita ma varesino per scelta, fu il conte Vincenzo Dandolo, illustre scienziato che, a cavallo tra il '700 e l'800, diede un fondamentale contributo agli studi sulla coltivazione della vite e della patata nel Varesotto, sulla produzione di vini, aceti, acquaviti, sciroppi e conserve d'uva.
Un'altra medaglia varesina è Virgilio Savini, il cuoco-imprenditore di Cuvio che alla fine dell'800 fondò il locale che in pochi anni sarebbe diventato il tempio della buona tavola meneghina. Oggi, il Savini è uno dei più famosi "restaurant" del mondo. Propone piatti oriundi delle Prealpi come il risotto al salto e i "mondeghili".
Le tradizioni gastronomiche varesine affondano le radici nei piatti popolari come la casseoula, i bruscitt e lo stuà in cunscia, ma anche nei banchetti di Palazzo Estense ai tempi del Duca Francesco III, di Villa Porta Bozzolo a Casalzuigno, di Palazzo Branda a Castiglione Olona e nei Grand Hotel di Varese negli anni della Belle Epoque.
Tornando alla campagna, oggi l'agricoltura provinciale è rappresentata da 780 imprenditori zootecnici, 260 florovivaisti e 450 apicoltori, cui si aggiunge il fenomeno emergente dell'agriturismo (le aziende sono una cinquantina, molte delle quali dispongono anche di posti-letto). La produzione del latte è un settore piccolo ma strutturato e ci sono tante piccole produzioni tradizionali che vanno tutelate e rilanciate. La Fiera di Varese e il Mipam di Luino sono in prima fila nel diffondere la conoscenza del patrimonio zootecnico e dei formaggi.

01/16/2003

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