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Abitare nel chiostro

I chiostri, sorti come oasi di pace, raccoglimento e preghiera, saranno i protagonisti per tutto il 2008 della rubrica “Provincia da scoprire”: Varesefocus andrà alla scoperta di quei luoghi, un tempo segreti e nascosti, che oggi hanno mutato in molti casi la loro originaria funzione. In questa prima puntata, alcuni esempi di come tali strutture siano diventate parte integrante di residenze private.


SARONNO: IL CONVENTO DI S. FRANCESCO, RESIDENZA LAZZARONI
Nella zona pedonale della città di Saronno sorge la Chiesa di S. Francesco: l'edificio religioso, originariamente dedicato a S. Pietro, ha una storia molto antica. Con l'arrivo dei Francescani predicatori, nel 1200 venne costruito l'attiguo convento con il chiostro (1297, come indica anche un'iscrizione accanto al pozzo del convento, dedicato a S. Giulio, protettore dei muratori).
La struttura presenta una pianta ad U con un colonnato di collegamento; essa venne modificata più volte: al 1648 risale un significativo rifacimento, mentre nell'Ottocento fu ampliata con la scoperta di colonne presenti su uno dei lati, ora a vista, ma che erano state precedentemente annegate da una copertura del perimetro murario. Nel 1850 Monsignor Ramazzotti, Vescovo di Pavia e Patriarca di Venezia, fondò qui il PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere). Nel Novecento, quando era di proprietà della famiglia Carcano, il convento venne acquistato dal Cav. Lav. Luigi Lazzaroni per farne l'abitazione degli inpiegati dell'omonima, attigua azienda dolciaria e, dagli anni cinquanta, è dimora della stessa famiglia Lazzaroni.
Attraversando il chiostro, a doppio ordine di arcate, al piano terra si accede a vasti ambienti, dai pavimenti originali in cotto lombardo, arredati con mobili e quadri antichi, oggi adibiti a sale di rappresentanza, per riunioni e feste private. Uno di essi era l'antico refettorio del convento: un'antica targa datata 24 aprile 1570 attesta la partecipazione di S. Carlo Borromeo ad un'agape di religiosi; un'ex cella dei frati è invece diventata lo studio di Luigi Lazzaroni.
In un'ala del piano superiore dell'ex convento si trova l'Archivio Storico Associazione Mario Lazzaroni; un grande ambiente custodisce circa mille scatole di latta per biscotti: contenitori preziosi, da conservare, che raccontano la storia di questa azienda dalla fine dell'Ottocento ai giorni nostri e che riproducono soggetti tratti dalla vita quotidiana, scene di caccia a cavallo, quadri classici famosi, motivi tratti dall'arte liberty e decò, opere di arte moderna. Al centro della sala in espositori di cristallo fanno bella mostra articoli promozionali, piatti, tazze, vassoi dalle ceramiche pregiate; alle pareti manifesti e reclame pubblicitarie. In un'altra stanza vi è l'archivio cartaceo: in 150 faldoni e 100 album sono raccolti marchi, brevetti, corrispondenze, listini prezzi, figurine ed etichette, riguardanti l'attività commerciale ed esportativa dei prodotti Lazzaroni; il tutto è completato con diplomi di onori, certificati di qualità consegnati a questa grande industria e ai suoi proprietari. È possibile visitare l'archivio storico in Piazza San Francesco il venerdì pomeriggio su appuntamento al numero 349 7695174 (Signora Zaffaroni).
Una parte di questo archivio si trova nel reparto Lazzaroni presso il Museo dell'Industria e del Lavoro di Saronno. Macchine per la produzione dei famosi amaretti e di altri prodotti quali Oswego, Nutritivo, Croccale, Frumentino e Germovita documentano la storia di una delle più antiche fabbriche italiane di biscotti.

VARESE: IL CHIOSTRO DEL MONASTERO DI S. ANTONINO
Lungo il Corso Matteotti, nel centro storico di Varese, si trova un interessante chiostro, che oggi ospita al piano terra negozi, soprattutto gallerie d'arte, d'antichità e antiquariato, mentre al primo piano abitazioni private.
Il chiostro faceva parte del monastero benedettino di S. Antonino che fu costruito tra il 1571 e il 1607, dopo che il Cardinale Carlo Borromeo, Arcivescovo di Milano, ordinò che le monache benedettine del Monastero di Luvinate fossero trasferite in Varese. Tra il 1599 e i primi anni del 1600 vennero realizzati il refettorio, che è l'attuale Sala Veratti, e il chiostro che collegava la chiesa al refettorio.
Il monastero venne soppresso nel 1786 per ordine di Giuseppe II e l'intero complesso fu successivamente acquistato tramite un'asta pubblica da Pietro Veratti, il quale lo trasformò in sua casa di abitazione con botteghe.
Il chiostro si presenta al visitatore come un luogo signorile, caratterizzato da un ampio porticato che si sviluppa lungo l'intero perimetro quadrangolare della corte. Eleganti colonne binate, poggianti su un basamento di pietra, sorreggono arcate a tutto sesto, sopra le quali si affacciano finestre ornate da balconcini e parapetti in ferro battuto, abbelliti da piante e fiori.
All'interno del cortile la presenza di curate aiuole ingentilisce tutto l'insieme della struttura.
In fondo ad un'ala del chiostro è possibile ammirare un affresco, in uno stato di conservazione abbastanza leggibile, raffigurante l'Immacolata, probabile opera di Federico Bianchi, risalente al XVII secolo.
L'antico refettorio delle monache benedettine venne affrescato in epoca barocca dal pittore varesino Pietro Antonio Magatti con figure di Profeti, Sibille, rappresentazioni della Natività e dell'Adorazione.
La Sala Veratti è di proprietà del Comune di Varese dal 1986: essa è destinata ad uso pubblico quale sede di mostre ed esposizioni temporanee.
Dopo il decreto di tutela del Ministero per i Beni Culturali emanato nel 1987, la famiglia Veratti, proprietaria del complesso edilizio, ha realizzato un intervento di recupero al fine di conservare le caratteristiche tipologiche e materiche dell'intera struttura, importante testimonianza dello sviluppo del borgo di Varese.

CARDANO AL CAMPO: VILLA BOSSI, EX CONVENTO CAPPUCCINO
Altro esempio di struttura religiosa, ora diventata residenza privata, è Villa Bossi a Cardano al Campo, un tempo antico Convento dei Frati Cappuccini.
La sua fondazione risale al 1571, dopo la visita alla Pieve di Gallarate di San Carlo Borromeo, il quale espresse la volontà di costruire un monastero nei pressi di una cappelletta campestre dove si ricordava l'apparizione della Vergine a due fanciulle. La tradizione infatti tramanda che le giovani donne, insidiate in un bosco da un cavaliere, vennero salvate dalla Madonna la quale chiese in cambio che venisse costruita in quei luoghi una chiesa a lei dedicata.
Il convento venne edificato con il contributo di tutti gli abitanti di Cardano: circondato da boschi e prati, comprendeva 26 cellette, quattro infermerie, la foresteria, la biblioteca e il refettorio.
La vita del monastero venne interrotta nel 1810 quando Napoleone ordinò la soppressione di tutti i conventi; la struttura passò in mano al demanio statale che la vendette alla famiglia Puricelli Guerra, produttrice di filati, la quale adibì il convento a cascina dove si allevavano i bachi da seta. L'edificio nel corso dell'Ottocento mutò del tutto la sua fisionomia religiosa al punto tale che la chiesa venne trasformata in scuderia.I Conti Giuliano, i successivi proprietari, ottennero dalla Curia di Milano di adattare l'antico coro a cappella per celebrare le funzioni religiose.
Dai primi decenni del Novecento l'ex convento è villa e dimora della famiglia Bossi.
Nella cappella sono ancora conservate due tele: una rappresenta San Carlo Borromeo in abiti cardinalizi, testimoniante lo stretto legame di questo personaggio con la storia del luogo, l'altra una Madonna con Bambino tra i Santi Rocco e Antonio abate, ipotizzata da alcuni studiosi come l'immagine venerata nella originaria cappelletta votiva.

IL MUSEO DELLE INDUSTRIE E DEL LAVORO SARONNESE

Il museo, la cui realizzazione è stata promossa e coordinata da Luigi Lazzaroni tra il 1998 e il 2003, ha sede in un tipico edificio industriale originariamente destinato alle Officine delle Ferrovie Nord Milano. Qui sono conservati oggetti, macchinari, prodotti e documenti provenienti dalle aziende di Saronno, relativi ad un ampio arco di tempo che va dall'industrializzazione di fine Ottocento al “boom economico” degli anni sessanta. Il museo vuole conservare e valorizzare tale patrimonio industriale locale, tra i più significativi della vicenda produttiva lombarda degli ultimi 150 anni.
Info: Via Don Griffanti, 6 - 21047 Saronno; tel. 02 9607459; milsaronno@lycos.it
Orari di apertura: il museo è chiuso nei periodi delle festività natalizie, pasquali e il mese di agosto.
Visite libere: domenica 9.00-12.00/15.00-18.00; lunedì 10.30-12.30; giovedì 21.00-23.00.
Visite guidate per gruppi e scuole: giovedì 9.00-12.00. Prenotare allo 02 85112216.

01/18/2008

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