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Semaforo giallo al progetto di gestione integrata dell'acqua

La Commissione Europea ha messo sotto accusa l'articolo 35 della Finanziaria 2002, che ha prorogato la gestione pubblica del servizio idrico integrato. Un ostacolo, nel Varesotto, sul cammino della neonata "Rete Acqua SpA". Ma anche, un richiamo alla privatizzazione dei servizi pubblici locali.

Pausa di riflessione prima che inizi ad operare "Rete Acqua SpA", la società che era stata costituita all'inizio dell'anno per iniziativa della Provincia di Varese e che dovrebbe occuparsi della gestione integrata della risorsa idrica nell'intero Varesotto, mediante acquisizione della proprietà delle reti idriche, conferite dai Comuni e dalle aziende municipalizzate e successivo affidamento del servizio ad una seconda società, da costituirsi, anch'essa di natura pubblica. La Commissione Europea ha infatti inviato all'Italia una lettera di messa in mora per alcune disposizioni contenute nell'articolo 35 della Finanziaria 2002, quello che ha prorogato le gestioni pubbliche - oltre che in altri settori delle cosiddette multiutility - anche per quanto riguarda l'approvvigionamento e la distribuzione dell'acqua. La contestazione non riguarda l'intero articolo 35 ma soltanto i commi che prevedono il periodo transitorio - la proroga cioè delle attuali gestioni da parte degli enti pubblici per un periodo da tre a cinque anni, prorogabile di altri quattro - e quelli che prevedono, in alternativa all'indizione delle gare per l'affidamento del servizio idrico integrato, la possibilità di affidare quest'ultimo a società di capitale possedute solo da enti locali. L'Unione Europea ha ravvisato un contrasto con le direttive sugli appalti di servizi e con alcuni articoli dei trattati istitutivi della Comunità.
La messa in mora rappresenta l'inizio di un procedimento di infrazione che potrebbe concludersi con la condanna della Corte di Giustizia Europea. Un'eventualità che prevedibilmente verrà scongiurata. La volontà del Governo di mettersi in regola sembra desumersi dal fatto che il regolamento attuativo dell'articolo 35, che avrebbe dovuto essere adottato entro lo scorso 30 giugno, non ha visto la luce ed è rimasto in stand-by. Del resto, come detto, non è l'intero impianto della legge ad essere finito sotto accusa, ma solo alcuni elementi, per quanto fondamentali nella logica della riforma dei servizi pubblici locali introdotta con l'ultima Finanziaria.
"Un buco nell'acqua" ha commentato la mossa della Commissione Europea il sindaco di Castellanza Livio Frigoli, portavoce dell'esecutivo provinciale della Margherita. Giancarlo Giorgetti, presidente leghista della commissione bilancio della Camera e "padre" dell'articolo 35, ha replicato dicendosi fiducioso che il Governo riuscirà a convincere l'Unione Europea che il casus belli, in realtà, non esiste. "La giurisprudenza della Corte di Giustizia - ha affermato- ha sancito l'esclusione degli affidamenti e delle concessioni dei servizi pubblici locali dalla applicazione delle direttive comunitarie sugli appalti di servizi" e ha citato al riguardo la sentenza n. 32498 Telekom Austria Ag. Resta il nodo della proroga delle concessioni, che potrebbe essere forse superato con la previsione di tempi più ristretti.
Quali che siano le opposte ragioni, sembra indubitabile cogliere nell'iniziativa della Commissione Europea un richiamo a completare l'avviato processo di liberalizzazione e di privatizzazione del mercato delle utility (trasporti, comunicazioni, energia, ecc.) senza frapporre ostacoli normativi che avrebbero l'effetto di ritardare quel processo. "Aprire ai privati si può e si deve" titolava un editoriale di mezza estate dell'economista Alberto Quadrio Curzio. Che concludeva: "Privatizzare non vuol dire svendere, ma, anche per ridurre il debito pubblico, evitare che lo Stato faccia lo pseudo-imprenditore impedendo che il sistema paese cresca in concorrenza, solidità ed efficienza".

09/25/2002

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