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Architettura industriale, la ripresa di un percorso interrotto

Un pezzo della nostra storia e del nostro patrimonio, l'architettura industriale, rischiava di rimanere nell'ombra. Ma oggi si riscopre, come vera e propria forma d'arte e la provincia di Varese ne è brillante esempio.

Sia pure in tempi relativamente recenti anche "la fabbrica" è stata riconosciuta quale oggetto e protagonista della storia dell'Architettura: con la definizione di "archeologia industriale" è stata, infatti, compresa la peculiarità di un'architettura "spontanea", "non firmata", testimonianza non già "di monumento", di "architettura accademica o colta", ma di una sorta di struttura storica, di una memoria organizzata delle preesistenze edilizie destinate alla produzione.
Analisi attente e ricerche approfondite hanno condotto a identificare, riconoscere e censire i caratteri, i connotati, gli elementi costitutivi di interventi riconosciuti quali documenti di tecnologia, di processi utilitari e di sviluppo economico, spesso configurati quali veri e propri "paesaggi industriali".
Si pensi paradigmaticamente per il nostro territorio all'architettura Liberty della fabbrica della birra Poretti a Induno Olona, alle forme "neogotiche" del Cotonificio Bustese di Busto Arsizio, al "razionalismo ante litteram" della tessitura Cantoni a Castellanza (ora validamente recuperata a sede della Università Cattaneo-LIUC).
Spaziando a più largo raggio tali esempi finirebbero al condurre ad un elenco, esteso sia a tutti i diversi contesti territoriali, sia dilatato fino ad epoche lontane.
In proposito valgono due considerazioni:

  • come ad una evidenza fisica ed architettonica delle antiche fabbriche sia stata sempre associata una significativa (da protagonista!) affermazione industriale;
  • come solo l'ultimo mezzo secolo mostri una aridità di testimonianze, un vuoto di "architettura industriale", con l'interruzione netta di una sequenza invece sempre presente nelle epoche antecedenti.
La cultura produttiva degli ultimi decenni ha infatti per così dire prevalentemente concentrato la sua attenzione su processi di contenimento del costo dei manufatti, ha svilito l'opera edilizia al rango di "utensili", "attrezzi", di "contenitori" essenziali quanto anonimi e omologati.
L'impossibilità di competere con paesi terzi emergenti, in un impossibile confronto di costi di produzione, assieme alla necessità di una ricerca costante dell'innovazione, di un maggiore valore aggiuntivo insito nel prodotto dell'industria stanno tuttavia stimolando anche un convinto recupero del ruolo di "immagine", di testimonianza fisica della provenienza del manufatto, affidato alla fisicità della realizzazione edilizia.
Va osservato tuttavia che tale processo resta comunque a tutt'oggi ancora sporadico, ostacolato anche da una diffusa cultura preparata e disposta a lettura attenta dell'espressione artistica di ieri, quanto priva di percezione, riferimenti e capacità di comprendere il gusto e la creatività attuali.
Senza addentrarsi oltre nel tema dell'"incomprensione dell'arte contemporanea", è possibile comunque schematicamente distinguere le più recenti esperienze architettoniche secondo tre schematici orientamenti:
  • il primo sicuramente più diffuso connesso a proposte di tipologie elementari essenziali, a schemi assolutamente razionali e di affinamento rigoroso e ordinato dei metodi e delle tecnologie costruttive oggi disponibili;
  • un altro mirato a identificare nuove geometrie con articolazioni strettamente derivate e interconnesse ai processi produttivi, realizzando forme e caratterizzazioni peculiari, atipiche pur col ricorso a tecnologie e sistemi edificatori correnti;
  • infine un "percorso di architettura" che potremmo definire di pura sperimentazione di materiali o forme, assolutamente innovative e inconsuete con vocazione ad esprimere "diversità" e "unicità" dell'opera.
Naturalmente ragioni connesse alle specificità delle svariate produzioni, alla politica di marketing delle aziende, al valore per così dire "emozionale" da associare al prodotto e non ultima alla disponibilità di risorse economico-finanziarie restano alla base delle scelte e degli orientamenti tipologico e morfologico.
Un fatto resta in ogni caso incontrovertibile: l'architettura industriale dopo cinque decenni vuoti o comunque opachi sta recuperando consenso e riannodando una linea di continuità col passato, tornando a riproporre testimonianze d'architettura e quindi d'arte e civiltà.

05/06/2004

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