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Ulisse, la sete di conoscenza

Il protagonista dell'Odissea ci invia un messaggio: occorre andare oltre l'informazione per giungere alla conoscenza. Raimondo Malgaroli, ex docente di greco e latino, sottolinea come l'apprendimento non basti: è necessario sperimentare.

Chi è questo assetato di conoscenza? Che cosa fa per togliersi questa sete? Per rispondere a queste domande può aiutarci la memoria: recuperiamo qualche ricordo di scuola, se qualcuno ci ha parlato di Ulisse. Meglio sarebbe però leggere l'Odissea: il poema omerico il cui protagonista è Ulisse (Odisseo). Ma forse è chiedere troppo. Leggere un' opera di poco più di dodicimila versi! Dove trovare il tempo per una simile operazione? Non potrebbero bastare le informazioni che si ottengono con altri mezzi? Oggi ascoltiamo la radio, vediamo la televisione, usiamo più o meno bene internet, ci divertiamo con il cellulare collegato alla rete. Con questi strumenti possiamo avere un grande numero di informazioni. Abbiamo cioè comunicazioni utili per arrivare alla conoscenza di un fatto. Ma la conoscenza ci è data quando siamo stati capaci di sperimentare ciò che ci è stato comunicato. E Ulisse, per appagare la sua sete, sperimenta bene le informazioni che riceve. Ulisse è un personaggio complesso con qualità positive e negative. Non è quindi un modello raccomandabile, quando, ad esempio, inganna o usa la menzogna, se crede gli sia utile. Ma, per quanto riguarda la sua brama di conoscenza, ha tutto quanto serve per aiutarne la soddisfazione. È versatile. È stimolato da una curiosità senza limiti. Si lascia coinvolgere dallo stupore. Ha il gusto dell'avventura ed è affascinato dall'ignoto. Sa adeguarsi alle diverse situazioni. Questo ardore di conoscere è una delle sue principali caratteristiche. Per placarlo è disposto a correre rischi anche estremi. Mai sentito parlare del Ciclope Polifemo?
Vedremo ora come il nostro eroe sappia sperimentare le informazioni che gli vengono date. Nell'Odissea incontriamo due personaggi che lo informano su alcune sue future vicende: Circe, una maga figlia del sole e l'indovino Tiresia. Perché meravigliarsi se una maga e un indovino aiutano Ulisse? Che cosa fanno maghi, maghe, veggenti e compagnia cantante su alcuni canali delle nostre televisioni? Circe può trasformare gli uomini in porci. Ha già compiuto questo "miracolo" con un gruppo di compagni di Ulisse, andati ad esplorare il luogo dove vive la maga. Tenta l'operazione anche con il nostro e con i compagni rimasti con lui, ma non riesce ad arricchire il suo porcile. Con un farmaco efficace Ulisse neutralizza il filtro magico di Circe la quale, vinta, lo ospita, se ne innamora e passa con lui circa un anno. Prima che egli parta gli dà informazioni sulle Sirene, mostri metà donne e metà uccelli, che con il loro canto melodioso affascinano i naviganti, li costringono a fermarsi e li lasciano morire. Per tornare a casa Ulisse deve affrontare anche questo rischio. E, quando la sua nave passa vicino all'isola delle Sirene, mette alla prova le informazioni di Circe. Curioso com'è non vuole perdere l'occasione per avere una conoscenza davvero unica. Ottura con la cera le orecchie dei compagni: non potranno udire il canto melodioso, e non si fermeranno. Ulisse si fa poi legare stretto stretto, diritto alla base dell'albero della nave con le orecchie senza cera. In questo modo sazia il desiderio di conoscere il contenuto del canto delle Sirene, salva però la sua pelle e quella dei compagni. Circe gli dice inoltre che dovrà fare un viaggio nel regno dei morti per incontrare l'indovino Tiresia, che ha conservato il dono della profezia anche dopo la morte. Ulisse scende nell'oltretomba e da Tiresia viene informato sulla situazione della sua casa nell'isola di Itaca e su ciò che combinano i Proci: un centinaio di prepotenti, che, dato per morto Ulisse, nell'attesa che sua moglie Penelope scelga come sposo uno di loro, gli divorano la sostanze. Tiresia gli fa sapere che li ucciderà, senza però informarlo sul come farà la strage. Finalmente arriva nella sua isola trasformato in mendicante, così che nessuno possa riconoscerlo. Il porcaro Eumeo e il figlio Telemaco gli confermano le informazioni di Tiresia sul comportamento dei Proci. Entra nella sua casa il finto mendicante per tutti irriconoscibile ma non per il vecchio cane Argo. Viene trattato male, subisce umiliazioni che sopporta con grande capacità di autocontrollo: si adegua alla situazione. Intanto studia un piano per eliminare quei mascalzoni di Proci. C'è una gara: si deve riuscire a tendere l'arco di Ulisse ed essere capaci di attraversare con una freccia gli anelli di dodici scuri. I Proci lasciano che partecipi alla gara anche Ulisse, che la vince. Fa quindi chiudere le stanze dove stanno i Proci e, con l'aiuto di Telemaco, ne fa strage. Ultima, lo riconosce la moglie che lo ha atteso per vent'anni. "L'uom di multiforme ingegno", come ce lo presenta
Omero nel primo verso del suo poema, conclude tra le braccia di Penelope la sua "odissea".
Questi episodi ci possono far capire che cosa dobbiamo fare quando siamo assetati di conoscenza. Non basta avere informazioni. Bisogna sperimentarle. Soltanto così, per dirla con Dante, potremo "seguir virtute e canoscenza".

11/06/2006

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