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Ragionando su Devolution e Federalismo

Abbiamo chiesto ad alcuni parlamentari e consiglieri regionali eletti in provincia di Varese come intendano la Devolution e il Federalismo.

Antonio Tomassini (Senatore, Forza Italia)
Il nostro Paese soffre indubbiamente di un eccesso d'accentramento: siamo tutti d'accordo sulla necessità di una redistribuzione delle competenze istituzionali a favore delle Regioni. La Lega ha avuto, quindi, una grande intuizione ponendo a suo tempo la questione del Federalismo.
Oggi mi sembra, in verità, che ci sia una gran confusione su come attuare il processo di devoluzione. Non dimentichiamoci che non siamo mai stati una Confederazione come la Svizzera dove furono i singoli Cantoni a conferire le proprie competenze a un'entità centrale. E che in Italia il referendum popolare ha sancito semplicemente che lo Stato può affidare alcune materie alle Regioni senza però abdicare alle sue funzioni di controllo e garanzia. Lo stesso articolo 32 della Costituzione - destinato a rimaner invariato anche dopo l'entrata in vigore del progetto Bossi - garantisce allo Stato centrale un preciso ruolo di tutela omogenea della Salute su tutto il territorio nazionale L'esperienza degli ultimi mesi proprio in materia sanitaria, poi, ci dice che le Regioni si sono dimostrate del tutto incapaci di governare la spesa: ci sono enti locali consumistici che stanno sperperando il denaro pubblico per eccesso d'offerte inutili e altri che, al contrario, sono indigenti e devono spendere tutti i loro soldi per la mobilità dei pazienti verso le altre aree nazionali più attrezzate. Sono allora contrario - parlando a titolo personale - alle deleghe in tema di Sanità, Istruzione e Controllo dell'Ordine Pubblico: tutte materie che vanno garantite in maniera uniforme sul territorio nazionale costituendo elementi fondanti per uno Stato che non si vuole dividere. Si può utilmente pensare, invece, a una devoluzione delle competenze statali in materie quali l'agricoltura, il controllo e la salvaguardia dei beni culturali, la tutela ambientale e il controllo commerciale della navigazione.

Marco Airaghi (Deputato, Alleanza Nazionale)
Devoluzione è innanzi tutto il tentativo opportuno di avvicinare il più possibile ai cittadini chi compie per loro le scelte politiche. Un tentativo che, lo ripeto, è decisamente opportuno sia sul versante dell'amministratore pubblico, che può e anzi deve rispondere direttamente al territorio che rappresenta, sia su quello dei cittadini che hanno il diritto e il dovere di riconoscere in chi li rappresenta la capacità operativa e la piena competenza gestionale oltre che l'onestà. Non credo ci siano modelli cui l'Italia possa ispirarsi avviandosi verso un sistema federale: siamo una Nazione che non nasce tale, ma che desidera in una certa misura diventarlo. Se proprio vogliamo, qualche ispirazione potremmo forse ricavarla dal sistema tedesco. Il nostro Paese, comunque, dovrà sapersi costruire una struttura istituzionale del tutto innovativa. In materia di delega - in perfetta sintonia con quanto indicato dal programma elettorale della "Casa delle Libertà" - non posso che indicare la Sanità, l'Istruzione e la Polizia Locale quali materie in primis oggetto della Devoluzione. Credo che, invece, non sia opportuno precisare la quantità del gettito fiscale che dovrà rimanere al territorio locale piuttosto che riversarsi sullo Stato centrale. E' una materia troppo delicata, uno snodo cruciale sulla strada del Federalismo: preferisco che quest'argomento sia affrontato e approfondito nelle prossime settimane da chi ha competenze specifiche di bilancio e finanza pubbliche.

Piero Pellicini (Senatore, Alleanza Nazionale)
Auspico una Devoluzione che non rompa l'unitarietà dello Stato, ma che al contrario la rafforzi garantendo giuste competenze alle singole aree regionali del Paese. Del resto, l'articolo 117 della Costituzione prevede che tutto avvenga all'interno di un ben preciso quadro istituzionale che non può essere stravolto. Devo anche sottolineare i grandi passi in avanti compiuti negli ultimi anni dalla Lega che ha accettato due principi cardine: la rinuncia alla secessione e il presidenzialismo, inteso come garanzia di una ben chiara volontà di rafforzare l'unità. Esempi cui ispirarci ce ne sono: penso ai Land della Germania piuttosto alle esperienze svizzere o statunitensi. Ma sono tutte realtà che o sul versante dell'ingegneria costituzionale o su quello del contesto sociale di riferimento sono molto differenti dal nostro: l'Italia dovrà sapersi costruire un proprio modello tipico ed estremamente funzionale. Certo, la sfida che abbiamo di fronte con il trasferimento alle Regioni delle competenze in tema di Sanità, Istruzione e Ordine Pubblico è di quelle fondamentali per il nostro futuro. La chiave di volta per vincerla sarà quella di riuscire a contemperare il decentramento delle autonomie con una maggiore autorevolezza del potere centrale. Un altro elemento decisivo sarà la migliore ripartizione del gettito fiscale. Una certezza è che bisognerà dire basta con l'assistenzialismo e che quello che disegneremo dovrà essere un Federalismo solidale: i trasferimenti di fondi dalle autorità centrali alle Regioni non potranno attuarsi abbandonando al loro destino le aree più povere del Paese.

Giuseppe Adamoli (Consigliere regionale, Margherita)
Diciamocelo chiaramente: la Devolution non è e non configura lo Stato federale. E' solo un manifesto ideologico che viene tradotto in 11 righe di un articolo unico di un progetto di legge che - io credo e lo spero - sarà profondamente cambiato dalla doppia lettura alla Camera e al Senato. Non dice nulla sul cosiddetto Federalismo fiscale, e quindi sulle risorse che servono, non chiarisce le competenze che - in ambito di Sanità, Scuola e Polizia locale - vengono effettivamente trasferite alle Regioni. Prima di far proseguire nel suo iter il progetto Bossi, sarebbe necessario - come peraltro viene suffragato da autorevoli voci anche interne alla maggioranza - perfezionare il corpo di leggi già esistenti sullo stesso Federalismo fiscale e dare attuazione alla riforma costituzionale di un anno fa. Attuazione che, del resto, era sul punto di ottenere il via libera del Parlamento con il disegno di legge La Loggia che ha avuto una partecipazione condivisa di centro-destra e di opposizione. Concordo quindi totalmente con il Presidente Ciampi: in Italia si può realizzare maggiore autonomia per Regione ed enti locali e contemporaneamente avere maggiore unità. Il progetto Bossi, invece, rischia di indebolire fortemente la cornice nazionale in quanto parrebbe che nei tre ambiti indicati nessuna potestà debba spettare allo Stato. Al contrario, il coordinamento delle politiche scolastiche, di quelle sanitarie di polizia locale - sempre come dice Ciampi - deve rimanere in capo allo Stato, che può comunque condividere queste competenze con gli enti locali. Voglio fare un esempio: già oggi almeno l'80% della Sanità è nelle mani delle Regioni. Allo Stato resta solo l'armonizzazione dell'assistenza, il che equivale a dire la determinazione dei livelli minimi delle prestazioni. Sentiamo veramente la necessità di togliere loro anche questa competenza residua?

Roberto Maroni (Deputato, Lega Nord)
Quel sistema istituzionale che applica il principio di sussidiarietà: questa è la Devoluzione. Comuni, Province, Regioni e Governo centrale hanno competenze esclusive dal basso verso l'alto. Tutto ciò che può essere fatto a livello comunale deve essere svolto dal Comune trasferendo alla Provincia quello che riguarda più Comuni, alle Regioni quello che riguarda più Province e allo Stato le competenze residuali. Nei vecchi modelli queste erano la giustizia, la moneta e la politica estera. Dico vecchi, perché si tratta di modelli che con l'entrata in gioco di una realtà sovranazionale sono stati superati: è l'Unione Europea che oggi ha la competenza sulla moneta e, almeno in parte, sulla politica estera. Ecco allora che la nostra Devoluzione potrà lasciare allo Stato centrale le competenze generali di coordinamento e compensazione fiscale, quelle sulle politiche economiche, le grandi opere e la giustizia penale. Un modello che reputo assai interessante è quello spagnolo, a Federalismo variabile: non è obbligatorio trasferire tutte le materie a tutte le Regioni, ma solo a quelle che via, via sono in grado di gestirle. Si tratta esclusivamente di un modello di riferimento - è bene precisarlo - perché l'Italia dovrà definirne uno proprio e tipico. L'aspetto più significativo della Devoluzione, comunque, è che agli enti locali non si trasferiscono solo le competenze, ma anche le risorse economiche. Occorre renderli compartecipi del gettito erariale (Irpef, Irpeg e Iva). Credo che in ogni Regione debba rimanere almeno il 50% del gettito prodotto al suo interno. La quota restante andrà al Governo centrale non per una sua gestione diretta bensì per costituire con queste risorse un Fondo di Compensazione da destinare a quelle Regioni che non sono in grado di raggiungere l'autosufficienza finanziaria e che debbono essere aiutate per garantire i servizi ai cittadini. Se questo modello fosse già stato attuato, Varese e la sua provincia da tempo avrebbero tutte le infrastrutture - dalla Tangenziale ai collegamenti con Malpensa - indispensabili al proprio sviluppo.

Daniele Marantelli (Consigliere regionale, DS)
Il tema della Devolution è stato ed è uno strumento brandito dalla destra più per nascondere il rischio di un declino del Paese - come sottolineato dagli allarmi di Ciampi, Fazio, Monti e del Censis - che per quella modernizzazione delle istituzioni di cui c'è gran bisogno. Con un basso tasso di crescita, aumento del debito e del deficit pubblico nonché dell'inflazione è un po' improbabile finanziare il Federalismo che, com'è noto, non è a costo zero! Rispetto al tipo di modello, da antico e convinto sostenitore di un Federalismo moderno e solidale - quale per esempio quello reticolare tedesco - ritengo che si debba procedere alla trasformazione del Senato in una Camera delle Regioni, alla riforma delle competenze del Governo e alla definizione della scelta del Premier: siamo l'unico Paese al mondo in cui è indicato direttamente dal popolo senza che ciò sia prescritto da una legge. Servono inoltre l'adeguamento dell'impianto federale della Corte Costituzionale e degli organi di controllo nonché uno "Statuto dei diritti dell'opposizione" che accompagni il rafforzamento dell'esecutivo: in ogni Paese civile le Commissioni d'inchiesta sono guidate dalle minoranze e non dalla maggioranza che le usa come clava per colpire le opposizioni. E' chiara, infine, la necessità di una diversa ripartizione del gettito fiscale che assegni le risorse ai Comuni per svolgere le funzioni amministrative e alle Regioni per quelle legislative e d'indirizzo. Bisogna evitare, però, il rischio di nuovi centralismo regionali: in Lombardia si sono largamente espropriate le comunità locali di funzioni proprie sul terreno della sanità, delle case popolari e delle case di riposo per di più senza risolvere i veri problemi dei cittadini quali infrastrutture, ambiente e diritto alla salute. In una frase, occorre completare la riforma già presentata dall'Ulivo che era già stata approvata dall'80% delle forze politiche nella Commissione Bicamerale e che, seppur passata in Parlamento per pochi voti, era stata largamente condivisa dagli italiani attraverso un referendum popolare.

Giancarlo Giorgetti (Deputato, Lega Nord)
Devoluzione vuol dire Federalismo a tutto tondo: assegnare una responsabilità chiara e senza confusione di ruoli, almeno per determinate funzioni, agli amministratori che saranno chiamati a gestire la cosa pubblica ai vari livelli e nei vari enti.
Ragionando poi in un'ottica lombardo-centrica, il modello non può essere che quello svizzero per comunanza di cultura, contesto economico e vita sociale. Il riferimento, però, non può essere che quello istituzionale italiano e allora dobbiamo guardare a un sistema come quello spagnolo che è ad autonomia variabile: alle singole aree geografiche è concesso di prendersi quel livello di autonomia che vogliono o possono. Non dimentichiamoci, inoltre, che lo stesso termine Devolution deriva dall'esperienza scozzese: il fatto che un'entità centralista come la Monarchia britannica abbia deciso nel 1998 di dare un riconoscimento di sovranità (e quindi un Parlamento) alla Scozia piuttosto che al Galles ha avuto un significato simbolico e storico eccezionale. Ha segnato un passaggio che, in qualche modo, ha colto una tendenza che via, via s'è fatta comune in tutta Europa e che, paradossalmente, sta ora investendo anche il Paese centralista per eccellenza quale la Francia. In questa fase, l'Italia con i suoi ritardi rischia di rimanere alle porte di un fenomeno sociopolitico di grande rilevanza… Quanto alle materie delegate, potremmo già ritenerci soddisfatti se dovessero essere approvati i principi del progetto Bossi che prevede la Devoluzione in materia di Sanità, Istruzione e Polizia Locale. Certo, contemporaneamente dovrebbero associarsi meccanismi di Federalismo fiscale in grado di garantire alle Regioni i finanziamenti per gestire queste nuove funzioni. Il meccanismo, ovviamente, dovrà essere graduale, ma non si potrà parlare di Federalismo se almeno il 50% delle risorse non rimarrà a livello decentrato. Almeno una delle grandi imposte dovrà allora essere gestita localmente: difficilmente l'Iva, perché soggetta a normativa comunitaria, più possibilmente l'Irpef.

Attilio Fontana (Presidente Consiglio Regionale Lombardo, Lega Nord)
Siamo di fronte alla prima vera riforma dello Stato italiano che vada nel senso di un effettivo Federalismo. Tutte quelle che hanno preceduto la Devolution - e in modo particolare la riforma del titolo V della Costituzione - sono state monche: erano tutte tali, infatti, da creare confusione e conflitti fra enti e poteri, non indicavano le potestà delle Regioni, troppe e troppo importanti competenze rimanevano al centro. Non solo: mancavano le prescrizioni del Federalismo fiscale, della Camera delle Regioni e non prevedevano la riforma della Corte Costituzionale nel senso di inserirvi esponenti designati dalle Regioni stesse. Il progetto Bossi, invece, finalmente affida proprio alle Regioni competenze importanti in materie significative come la Sanità, l'Istruzione e parte dell'Ordine Pubblico. Si tratta soltanto di un primo passo, strada facendo dovranno essere ben altre le materie gestite direttamente dalla periferia lasciando allo Stato centrale soltanto quelle tipiche di un ordinamento che prevede una serie di Stati federati fra di loro. Dovremo guardare all'esperienza di realtà dove la tradizione del Federalismo è ben radicata: penso alla Germania piuttosto che agli Stati Uniti. La stessa esperienza spagnola - molto interessante sul piano metodologico lasciando alle singole Regioni piena libertà di definire le proprie competenze - non arriva alle conclusioni cui noi vogliamo giungere: lì s'è creato un forte Regionalismo mentre il nostro movimento auspica la creazione in Italia di un vero Federalismo con un'effettiva distribuzione dei poteri fra i vari enti.
Sull'entità del gettito fiscale da trattenere a livello locale, dico che in questa materia è facile fare delle demagogia. Una cosa è certa: tanto più saranno le competenze, tanto maggiore la quota di gettito da conservare sul territorio. Il tutto senza rinunciare alla solidarietà fra le diverse aree geografiche. Dico anzi che la costituzione di un Fondo di Perequazione regionale - dove andare a prelevare risorse solo per progetti specifici e ben delineati - responsabilizzerà gli amministratori delle zone più deboli del Paese che dovranno rendere conto direttamente ai cittadini dei soldi che riceveranno e spenderanno.

Luca Volontè (Deputato, UDC)
La Devolution non è nient'altro che il passaggio a una forma di Stato a Federalismo solidale nel rispetto di uno dei punti qualificanti del programma della "Casa delle Libertà". Contemporaneamente all'attuazione di questa profonda riforma del nostro ordinamento sarà, però, indispensabile modificare quella legge Bassanini che tanti disagi e confusione ha creato all'interno degli enti locali e fra questi ultimi e il Governo centrale: ne sono prova gli innumerevoli contenzioni in atto.
Per evitare che anche la Devolution - al di là delle intenzioni proprie della "Casa delle Libertà" - contribuisca ad aumentare questa confusione, bisogna affrontare questa riforma nel quadro delle parole d'ordine già care a Berlusconi e rilanciate da Ciampi: Federalismo solidale, appunto, e unità nazionale, che deve rafforzarsi. Ecco allora che l'esperienza di ormai cinquant'anni della Repubblica Tedesca può, a mio avviso, costituire un utile modello di riferimento per l'Italia. In primo luogo per il grado di autonomia garantita ai Land, ma anche per la presenza di una Camera delle Regioni e per una Corte Costituzionale che comprende le istanze regionali. Senza dimenticare che il modello del Cancellierato e il sistema elettorale adottato consentono una stabilità di governo e, al tempo stesso, la figura del Capo di Stato così delineata risulta quella di un grande arbitro all'interno della Nazione. E' dentro questa cornice che vanno sviluppate tutte le analisi e le riflessioni circa le materie e le competenze proprie degli enti locali nonché sulla quota di gettito fiscale che dovrebbe rimanere al territorio.

Gigi Farioli (Consigliere regionale, Forza Italia)
E' un fenomeno che tocca tutta l'Europa quale risposta alla crisi di quello Stato centralista e onnivoro che ha caratterizzato gli ultimi quarant'anni. La Devolution si presenta perciò come un passaggio cruciale - benché non esaustivo - verso una diversa, più razionale ed efficiente organizzazione statale. In questo contesto sono diversi i modelli cui ispirarci, quelli più interessanti mi paiono il tedesco e lo spagnolo. L'Italia deve, però, avviarsi sulla strada del Federalismo secondo modalità proprie nel rispetto della storia e dei costumi delle nostre comunità.
Il primo passo sarà la Devoluzione alle Regioni di una competenza esclusiva in tema di Sanità, Istruzione e Ordine Pubblico. Nel tempo bisognerà, comunque, giungere a un vero ordinamento del tutto nuovo in grado di farci superare il concetto di "decentramento delle funzioni" (mera riproposizione verso il basso dello Stato centrale) per avvicinarci a quello di una concreta "assunzione delle responsabilità" da parte degli enti locali. Le materie che saranno oggetto di questa trasformazione dovranno, peraltro, dipendere dalla specificità di ogni singola Regione nonché dalla sua volontà di assumersi oneri e responsabilità. In tal senso il Federalismo fiscale dovrà garantire la conservazione "in loco" di almeno quella parte del gettito indispensabile per gestire al meglio le varie competenze assunte dagli enti locali.
Auspico insomma un Federalismo concorrenziale e competitivo che - inserendosi nel solco della grande tradizione liberale - si attui garantendo al cittadino effettivi spazi di libertà civile ed economica.
Il 2003 si presenta perciò come l'anno crocevia delle riforme: a livello europeo con la Convenzione, a quello italiano con la Devolution e, infine, a livello regionale con i vari Statuti da approvare e da far entrare in vigore.

01/16/2003

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