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Milano e Roma come New York o Parigi? Questione di governance…

Sergio Zucchetti, direttore del Centro Ricerca e Sviluppo del Territorio dell’Università Carlo Cattaneo, propone un approfondimento sui sistemi di governance, vero nodo cruciale per le nascenti Città Metropolitane.

Il dibattito relativo alle Città Metropolitane sembra arenarsi nel momento in cui si entra nel merito dei possibili sistemi di governace di cui il nuovo Ente dovrà dotarsi, perché?
“In primo luogo perché il principale ingrediente in grado di determinare il buon funzionamento delle nascenti Città Metropolitane consiste, appunto, nel definire un modello di governance, flessibile, in grado di gestire sia il processo di riforma delle amministrazioni pubbliche che ha determinato l’attuale architettura istituzionale, sia il periodo di transizione connesso al trasferimento dei ruoli, delle funzioni esercitati dagli Enti Locali coinvolti nel processo di trasformazione istituzionale verso il nuovo livello di governo del territorio”.
Ci sono esperienze dalle quali possiamo trarre ispirazione?
“Sicuramente sì ma con le dovute e necessarie contestualizzazioni. Diversi sono i contesti metropolitani che nel tempo, rispetto al ramificarsi sul territorio delle relazioni economiche e sociali, si sono dotati di nuovi modelli di governance in grado sia di rispondere alle nuove esigenze di sviluppo, sia di fornire nuove risposte alle continue e crescenti domande di servizi pubblici moderni. Questo continuo processo di innovazione e di adeguamento dei rapporti tra territori e amministrazioni pubbliche va quindi inteso come il tentativo di attribuire agli attori pubblici il ruolo di “mediatori”, cioè in grado di raccogliere le istanze sociali e economiche del territorio, nelle sue diverse forme e alle diverse scale per trasformarle in progetti di sviluppo finanziabili e realizzabili. Tutti i contesti metropolitani al mondo: da Londra a New York, da Los Angeles a Hong Kong, da Tokio a Singapore, da Sydney a Parigi, da Barcellona a Rio de Janeiro a Chicago, seppur con forme, tempi e risultati diversi hanno adottato nel tempo modelli di governance e di governo dei processi di trasformazione del territorio al fine, da un lato, di garantire adeguate risposte ai bisogni connessi alla quotidianità del vivere in una metropoli, dall'altro, di fornire un nuovo assetto territoriale grazie all’adozione sia di forme di pianificazione integrata e sostenibile, sia di sistemi di mobilità in grado di connettere l’area metropolitana, sia attraverso l’adozione di nuove regole e strumenti di finanza pubblica in grado di bilanciare e rendere efficace l’azione di mediazione sociale”.
Perché evidenzia la necessità di contestualizzare le esperienze di Città Metropolitane all’ambito italiano?
“Ciò che caratterizza e contraddistingue le metropoli elencate in precedenza rispetto alle aree metropolitane come Milano, Napoli, Venezia, Genova, Firenze, Roma, Cagliari, Bari e le altre città italiane oggetto di riforma è il rapporto stesso fra il confine, in continua evoluzione, delle aree economiche a carattere metropolitano e il contesto territoriale nel quale sono inserite. In altre parole perché il territorio italiano è caratterizzato da oltre 8100 centri urbani di piccole, medie e grandi dimensioni, rispetto ad altri Stati sia europei che internazionali dove il contesto territoriale è nella maggior parte dei casi è qualificato da elevato rapporto tra metropoli e centri di piccole dimensioni. Un chiaro esempio al riguardo può essere rappresentato, nel solo Nord Italia, dalla presenza e dalla vicinanza di città come Genova, Torino, Milano, Venezia, Bologna e di città altrettanto rilevanti, dal punto di vista economico, sociale e culturale come Parma, Aosta, Novara, Varese, Bergamo, Brescia, Verona, Modena. Una concentrazione quindi che richiede un ripensamento strategico, dei rapporti non solo degli ambiti afferenti ad ogni contesto territoriale, bensì tra le diverse arre urbane e metropolitane soprattutto in merito tre aspetti rilevanti”.
Quali?
“Da un lato, le Città Metropolitane devono essere lette ed interpretate, in prospettiva, come un’innovazione istituzionale in grado di rispondere alle attuali inefficienze di sviluppo complessivo di un sistema territoriale, in quanto, già nel passato e ancor di più oggi, l’aggregazione tra Enti viene percepita come un’opportunità perché in grado di ricercare ad una diversa scala territoriale risposte a problemi comuni. Dall’altro, la presenza e l’integrazione di più livelli di governo, in grado di rappresentare e rispondere alle istanze economiche, sociali di ogni pezzo del puzzle che caratterizza l’ambito metropolitano sono indispensabili, così come le regole di coordinamento, flessibili e chiare, per fornire risposte adeguate e reali agli attori economici e sociali che operano e vivono in tali contesti. Infine, il senso di appartenenza della società al contesto metropolitano, in questa eccezione la coesione sociale può divenire la leva strategica al cambiamento istituzionale e al perseguimento degli obiettivi europei di convergenza e integrazione economica e territoriale”.

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