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Sanità privata e sanità pubblica: mondi a due velocità

Un settore di rilievo nell'economia del nostro territorio, per la sua riconosciuta efficienza e professionalità.

Dinanzi ai casi di malasanità che spesso assurgono alla ribalta della cronaca, dinanzi a liste d'attesa defatiganti o alle pastoie della burocrazia, la mente corre alle strutture sanitarie private, ritenute generalmente più efficienti di quelle pubbliche. E' proprio così oppure si tratta solo di un luogo comune? E' assodato che tra pubblico e privato esista ancora un certo gap, una forbice che per la verità comincia a diventare sempre meno larga, specie nella sanità pubblica varesina, dove le cose stanno rapidamente migliorando, fanno notare a "La Quiete" di Varese, casa di cura totalmente privata. Nonostante ciò il privato dà ancora parecchi punti di distacco al pubblico. I motivi della riconosciuta efficienza sono molteplici, ogni struttura privata adotta delle proprie strategie, ma tutte hanno un denominatore comune: la flessibilità e la rapida adattabilità ad una sanità che si evolve velocemente, confermano quasi in coro a "La Quiete" di Varese, al "Centro Diagnostico San Nicola" di Tradate, alla "Mater Domini" di Castellanza. In queste strutture, come nelle altre private, amministratori e direttori sanitari hanno le mani libere per ogni scelta, sia che si tratti dell'acquisto di un nuovo macchinario, per cui non sono necessarie le complicate gare d'appalto imposte al servizio pubblico, sia nell'assunzione di un dipendente, che avviene con un semplice colloquio e senza concorsi, di cui valutano attentamente la professionalità per ottenere prestazioni elevate, pretendendo disponibilità verso le esigenze dell'unità operativa e la massima cordialità verso i pazienti. Una macchina dunque molto più snella, che può puntare al meglio e con meno costi. D'altra parte la sanità privata deve camminare sulle sue gambe, per cui deve giocoforza offrire un servizio eccellente. Non tutto però è rose e fiori, anche le strutture private soffrono della carenza di personale infermieristico, acuita negli ultimi anni, dopo la chiusura dei corsi per infermieri che di solito si svolgevano sul campo, presso gli stessi ospedali. Ora invece, per avere la qualifica di infermiere professionale occorre una scuola universitaria biennale, il che ha scoraggiato molti ad abbracciare un lavoro così impegnativo. Il problema viene affrontato ricorrendo a collaboratori esterni, che in caso di necessità si affiancano al personale fisso, come fanno al "San Nicola" di Tradate, oppure gratificando il personale ed andando incontro alle esigenze dei singoli, assicurano alla Mater Domini di Castellanza, dove sottolineano la gravità della questione. "Il sistema - a loro giudizio - sconterà ancora per qualche anno questa carenza. Occorre incentivare la formazione di infermieri professionisti, anche perché la loro vita lavorativa è più breve rispetto ad altre professioni". Tuttavia, anche se la pretesa della minilaurea ha portato ad una flessione quantitativa di personale infermieristico, è sicuramente cresciuta la qualità della preparazione che risulta molto più elevata che in passato, sottolineano a "La Quiete" di Varese, dove auspicano "l'introduzione di figure intermedie che possano agire sotto la supervisione di medici ed infermieri professionali". Il compito della formazione è demandato allo Stato ed in particolare a specifici interventi del mondo politico, a cui la sanità privata chiede anche e soprattutto regole certe, parità con il pubblico ed un occhio di riguardo alle strutture non accreditate, che sono pur sempre una risorsa importante per il Paese.

Le precedenti puntate sulla sanità:

03/28/2002

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