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Obiettivo: un Parlamento per la Lombardia

Il Presidente del Consiglio Regionale, il varesino Attilio Fontana, chiede i poteri di un vero e proprio Stato all'interno di una Federazione Italiana.

Due Presidenti per un'unica Regione. E se al vertice della Giunta lombarda ormai da tempo c'è Roberto Formigoni, dallo scorso anno a presiedere il Consiglio Regionale è il varesino Attilio Fontana, avvocato penalista di 49 anni, già sindaco di Induno Olona dal '95 al '99 ed eletto nella lista della Lega Nord.
"E' fondamentale che siano rappresentati sia il potere esecutivo, e quindi la Giunta, sia quello legislativo - spiega Fontana -. Tanto più che il nostro obiettivo è di fare del Consiglio un vero e proprio Parlamento della Lombardia. Ecco allora la necessità della due presidenze".

E' indubbio, peraltro, che il ruolo di Formigoni appaia oggi, di fronte all'opinione pubblica, di maggior peso rispetto a quello del Presidente del Consiglio Regionale…
"Questo deriva da un'anomalia creata dalla legge costituzionale n. 1 del '99:
la nomina diretta del Presidente della Giunta, con una forte legittimazione popolare ha portato all'Esecutivo, infatti, una serie di competenze molto maggiori. Penso, per esempio, a quella sui Regolamenti, in precedenza propria del Consiglio.
I rapporti tra me e Formigoni sono ottimi, ma oggi manca di certo un bilanciamento dei poteri fra i due organi. C'è una sproporzione a favore della Giunta. Questo è uno degli argomenti di maggior peso di cui stiamo discutendo in sede di elaborazione dello Statuto".

A proposito di Statuto: entro quando sarà pronto? Quella iniziata lo scorso anno è stata definita una Legislatura Costituente…
"Elaborare lo Statuto della Regione Lombardia non è cosa di poco conto. Soprattutto se si vuole dar vita a una vera e propria Costituzione di quello che io indico come uno Stato Federato all'interno di uno Stato Federale.
E' chiaro che per far questo abbiamo bisogno che, finalmente, a Roma si decida che cosa si voglia fare di questo Paese. Una parte dello Statuto, quindi, non possiamo scriverla in questo momento senza sapere quali scelte adotterà il Governo che uscirà dalle urne il prossimo 13 maggio".

Eppure il Parlamento ha appena approvato una riforma della Costituzione in senso federale…
"E' una legge fatta molto male, nelle ultime ore di vita del Parlamento, che non risolve nessun problema.
E in più ha la grave colpa di andare a toccare la Costituzione senza prevedere un'idea organica di come si voglia cambiarla.
Anche per il rispetto che si deve alla Carta Fondamentale dello Stato, la Costituzione non può essere modificata come ogni mattina si cambiano i calzini!
Guardi che questo giudizio mi è stato espresso pure da costituzionalisti d'area ulivista durante un recente convegno cui hanno partecipato i Presidenti di tutti i Consigli Regionali.
Spero proprio che quella legge sia bocciata in sede di referendum…".

Quali sono, a suo giudizio, le competenze che dovrebbe avere la Regione?
"Deve essere chiara una cosa: la Regione, come dicevo in precedenza, deve avere i poteri di uno Stato Federato all'interno di una Federazione Italiana.
Al potere centrale devono rimanere la difesa, la giustizia - ma con qualche limitazione -, la politica internazionale - lasciando, comunque, alle singole Regioni la potestà di dialogare con le varie aree mondiali -, una capacità fiscale residua rispetto a quella delle Regioni e la moneta, almeno finché in Europa ci sarà una politica monetaria nazionale. Nient’altro".

Cambiamo argomento. Non c’è nessun varesino in Giunta. Come spiega questa forma di penalizzazione della nostra provincia?
"Non parlerei di una diminutio. Essendo una Giunta che è stata in buona parte confermata, penso ci siano state delle difficoltà oggettive a inserire personaggi espressi dai voti dei cittadini della nostra provincia. Oltretutto non è escluso che, nell’immediato futuro, qualche varesino possa entrare nell’Esecutivo regionale".

Il criterio territoriale, quindi, non è fra quelli presi in considerazione nella ripartizione degli incarichi in Giunta…
"Non mi pare. Penso, piuttosto, che si guardi alle competenze delle singole persone. Certo, poi, ci sono criteri di natura politica".

Milano, però, spesso sembra assumere il ruolo di asso pigliatutto, escludendo dal gioco le altre zone della Regione. Basti pensare alla Pedemontana: si voleva trasformarla in un’ulteriore tangenziale del capoluogo lombardo…
"E’ fuor di dubbio che l’importanza economica, politica di Milano sia tale da attirare un gran numero di risorse e maggiori attenzioni.
Negli ultimi tempi, però, non mi sembra che la parte varesina della Lombardia sia stata penalizzata.
C’è un esempio, che a me pare significativo, in ambito agricolo: la nostra provincia in un primo tempo era stata esclusa dall’elenco nazionale delle zone dichiarate disagiate e dai relativi benefici fiscali, piuttosto che finanziari. Ciò avrebbe comportato la morte del 90% delle aziende del settore. L’impegno della Regione, invece, ha fatto sì che questo pericolo fosse scongiurato. Lo stesso percorso della Pedemontana definito recentemente mi pare un buon compromesso tra le esigenze milanesi e quelle di un collegamento veloce fra Varese e Bergamo".

Visti dal suo osservatorio milanese, quali sono allora i punti di forza e di debolezza del Varesotto?
"Nonostante le difficoltà che sta attraversando - soprattutto sul piano imprenditoriale e, in particolare, nella parte nord della provincia -, Varese appare pur sempre un’area a elevata vitalità.
Le difficoltà maggiori mi paiono quelle di tipo infrastrutturale e, forse, quelle legate alla necessità di una riqualificazione di parte del tessuto economico".

04/19/2001

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