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A Ranco un parco-museo dei trasport

Allestito da Francesco Ogliari, il museo all'aperto documenta l'evoluzione dei mezzi di trasporto. Un'infinità di cimeli, dalle mastodontiche locomotive a vapore fino alle macchinette obliteratrici.



Il Museo Europeo dei Trasporti Ogliari di Ranco è un grande parco-museo gratuito, fedele al principio della libera fruizione della cultura come occasione di crescita e arricchimento collettivo. Il museo è frutto dell'espressione di uno spirito "umanista": nasce infatti circa cinquanta anni fa per volontà dell'avvocato e professore Francesco Ogliari, uomo di lettere che cita a memoria la Divina Commedia, nonché uomo di scienza che, tra le altre cose, è stato per anni presidente del Museo della Scienza e della Tecnica di Milano e autore di più di 300 titoli.
Il museo di Ranco, entrato a far parte nel 2001 del programma Unesco Memoria del Mondo, ha una grande aspirazione: quella di offrire ai visitatori l'idea della contemporaneità della Storia attraverso la ricostruzione della storia dei mezzi di trasporto. L'evoluzione dei trasporti italiani ed europei è qui esposta in termini cronologici: si inizia dalle portantine nel settore del "Tempo del cavallo", dove si segnala tra l'altro la presenza di una vettura originale dell'Ipposidra del Cattaneo (di cui Varesefocus ha trattato nel n°4 di quest'anno). Segue il settore del "Tempo del vapore", con una ricchissima collezione di motrici realmente funzionanti e di un'infinità di oggetti provenienti dal mondo delle ferrovie; quindi il "Tempo dell'elettricità", che va dai primi tram elettrici fino alla metropolitana di Milano; parallelo a questo settore c'è quello del "Tempo del motore" con gli autobus, le motociclette, le automobili e l'interessantissima sala dedicata a Flaminio Bertoni (designer, architetto e artista nato a Masnago che disegnò per la Citroën, tra le altre, la Due Cavalli e la mitica DS). Infine chiudono l'esposizione i settori della "Scalata al cielo", con le funicolari e le cremagliere, "Dalla terra allo spazio", e "Viaggiare sulla neve" con una raccolta di funivie, tralicci e carrelli. Ma il semplice elenco dei diversi settori non rende l'idea della quantità di oggetti qui esposti: le fotografie d'epoca, le stampe, i quadri, le targhe, i cartelli, le obliteratrici, le grandi ruote delle navi, gli ingranaggi, i segnalatori, gli attrezzi più disparati fino al grande plastico della Città Ideale fanno della visita al Museo dei Trasporti un'esperienza unica.

Durante i giorni festivi, inoltre, si può avere la fortuna di incontrare Francesco Ogliari e scoprire curiosità interessantissime sul suo museo, così come personalmente ci ha raccontato: "L'idea e la realizzazione del Museo Europeo dei Trasporti sono coeve, nel senso che un museo non sarà mai finito e viene solo avviato, come primo momento storico, attraverso un pezzo, un oggetto. Nell'istante in cui l'idea si concretizza, quello è il momento in cui nasce il museo. Un museo è il luogo dove le muse si appartano per dare ciascuna il meglio di sé: questo è il mio sogno". Camminando tra le macchine e gli oggetti esposti si resta colpiti dal legame che unisce ciascuno dei diversi pezzi presenti: questi infatti non sembrano essere stati accumulati, quanto collocati in uno spazio scelto seguendo un preciso disegno. Eppure ci si stupisce di fronte ad alcune macchine immense, come il locomotore all'ingresso del museo, o la funicolare Como-Brunate, o l'elettromotrice Abbiategrasso, o il Gamba de Legn, del 1892, il più antico esemplare oggi esistente. Ci si chiede come possano essere arrivati fino a Ranco: "Ho girato molto, agli inizi, per recuperare i singoli pezzi. Poi, in un secondo tempo, i pezzi sono arrivati da soli. Per il trasporto e per l'allestimento dal punto di vista pratico, però, devo molto alla ditta Ossola di Gavirate" spiega Francesco Ogliari "sia al padre che al figlio, al loro ingegno e alla loro perizia tecnica. Il museo, avrà notato, è stato realizzato all'aria aperta, e non in un capannone. È stata una decisione che molti hanno osteggiato, ma sono convinto della sua bontà. Prima di tutto perché la visita al museo vuole essere un'esperienza piacevole per le famiglie che qui si recano per vivere, nel vero senso della parola, una delle zone più belle del mondo: il Lago Maggiore. Poi anche perché i treni, gli autobus, i mezzi di trasporto in generale, si trovano all'aperto ed è giusto che all'aperto vengano riproposti. E che vengano riproposti gratuitamente, soprattutto! Anche questa scelta
è stata contestata: la prima obiezione che mi veniva rivolta era che essendo gratuito, la stessa persona poteva tornare più volte. E che male c'è? Se un visitatore torna più volte, non significa che si sta impossessando della cultura? E quale successo migliore per un museo?"
Ma il successo del museo non dipende solo dalla presenza di macchine grandiose o di oggetti rari che il tempo avrebbe inevitabilmente disperso, se non fossero stati qui raccolti per la gioia dei visitatori, quanto dagli spunti che questo luogo offre per riflettere sull'uomo attraverso i mezzi di trasporto che questi ha usato per vivere, per lavorare e per spostarsi. Così assume un'importanza profonda la bella frase che compare all'ingresso della miniera, ricostruita nel settore del "Tempo del cavallo", dove, leggiamo "muoiono anche i pensieri": la miniera viene qui presentata sia come il luogo tragico in cui gli uomini hanno faticato in condizioni terribili, sia come il primo luogo di nascita del binario, prima in legno e poi in ferro, lungo il quale i cavalli accecati trasportavano carrelli carichi di carbone. Ma è soprattutto la lapide commemorativa dei "700.000 italiani rimasti là, tra il Carso, l'Isonzo e il Piave fiume sacro alla patria" a colpire la sensibilità del visitatore. Francesco Ogliari, a tale proposito, si accende in un'accorata considerazione: "Bisogna dirle queste cose. I sassi su cui poggia la lapide sono i veri sassi del Piave: 700.000 sono rimasti là. Questa è la nostra umanità: noi proveniamo da qualcosa e lasciamo qualcosa. Non si può cancellare tutto solo perché ci siamo qui noi. Non saremmo qui se non ci fosse stato quel lungo treno che porta al confine, proprio come fa la canzone: 'O macchinista metti il carbone/quel macchinone fallo viaggiare/fallo viaggiare come un diretto/al nostro distretto vogliamo andare'. Qui al museo ho raccolto la cremagliera di Asiago e anche il convoglio mimetizzato per truppa e ufficiali che portava verso il nemico. Ma è poi vero che quello era il nemico? Là non c'era il nemico, ma solo povera gente che era stata mandata a morire in un paese straniero."
Il Museo Europeo dei Trasporti Ogliari offre molto: curiosità, insegnamenti e divertimento in un bellissimo contesto paesaggistico. E se è vero che gli uomini dovrebbero essere giudicati per quello che fanno, lo dovrebbero essere soprattutto per le opere che realizzano in funzione di coloro che verranno dopo. Il Museo Ogliari è un caso esemplare di buone intenzioni concretizzate in un'opera che resterà ai posteri: "Perché il denaro" dice il professor Ogliari "bisogna utilizzarlo e non contemplarlo. E l'uomo, ricordiamocelo sempre, si eterna solo nel suo interesse e nell'interesse altrui".

Museo Europeo dei Trasporti Ogliari
Via Alberto 99 - 21020 Ranco (VA)
Tel. Custode: 0331975198
Marco Pasquali (G.M.A.V.): 3358441341
Fax c/o G.M.A.V.: 0332617343
Biblioteca: Direttrice Dott.ssa Paola Trinca Tornidor - 338/8395482
L'ingresso al museo è gratuito.

09/21/2007

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