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Terre cotte e colorate

Lo spazio artistico del Centro Camelot di Gallarate ospita le speciali opere ceramiche del varesino Claudio Calzavacca, realizzate con una tecnica di antica derivazione asiatica.

Claudio Calzavacca, Insubrico, 2003 - Piatto ceramica raku, diametro 38 cmUna trentina di opere ceramiche del varesino Claudio Calzavacca sono in mostra dal 26 giugno nello spazio artistico della struttura Camelot. Nella residenza per anziani, sita ai Ronchi di Gallarate, l'arte è da sempre di casa, nelle opere di autorevoli firme che ornano gli ambienti, ma anche attraverso le rassegne che vi si organizzano con cadenze regolari. A Camelot Calzavacca è noto anche per la presenza di alcuni suoi bei lavori e per le apprezzate mostre. Questa volta si offre al suo pubblico con la rassegna "Calore colore di terrae" che ha già riscosso grande successo a Fiorano Modenese, nel castello di Spezzano, nel corso della quinta Biennale dedicata alla ceramica (ove erano anche Cucchi, Della Casa, Echaurren, Guerriero e Paladino). Docente di discipline artistiche, un diploma Superiore di belle arti conseguito a Brera, dal 1996 al 2000 nella Commissione di gestione della Galleria di Arte Moderna di Gallarate, pittore e artista poliedrico, Calzavacca ha intensificato sempre più la sua frequentazione con la ceramica, esponendo poi il frutto della sua ricerca in numerose personali e in collettive che lo hanno portato in giro per l'Italia.
Particolare interesse rivolge da tempo alla ceramica Raku, tecnica antica di derivazione asiatica, nata in Giappone nel sedicesimo secolo, che prevede che il biscotto venga smaltato e cotto per una seconda volta. Al momento del raggiungimento della temperatura di fusione dello smalto l'oggetto viene tolto dal fuoco e lasciato raffreddare, generando così colori ed effetti molto particolari.
Non è forse casuale che tanto amore per la terracotta e per le suggestioni che ne derivano tocchi a un figlio di Golasecca. Così, questo antico amore che risale a civiltà lontane ma ancora tangibili e ben visibili nelle sedi museali del territorio, trova sfogo nella "scoperta" di altre civiltà lontane eppure vicine nella comune passione per l'arte, per l'uso della terra e del fuoco, per l'empatia verso la brillantezza e il gioco dei colori. Osservare le opere di Calzavacca significa entrare in un mondo inesplorato per la sapienza degli accostamenti cromatici, per l'esaltazione degli smalti, dell'oro e dell'argento, per la ricerca di preziosità ed eleganza di segno che contrasta felicemente con la povertà del materiale ceramico. Annota Achille Ghidoni nel catalogo della mostra modenese: "Alcune strane figure proposte da Calzavacca non possono che stupire. Entità mediate dall'inconscio che affiorano sotto forma di umanoidi immaginari o appartenenti ad altri mondi, sembrano in mostra per porre dei quesiti complessi che eludono la semplificazione e ai quali è impossibile dare una risposta immediata. Lo stupore indica, e solo in parte, il desiderio dell'artista di comunicare una ricchezza interiore, attraverso gli enigmi delle forme improbabili e dei colori difficilmente ripetibili. Questi esseri arcani non appartengono al mondo reale, e le loro membra cave sono talora segnate da fori e canali armoniosi, come per emettere suoni misteriosi durante la notte, al buio, e marcare così la solitudine dell'essere unici".
Mentre Ettore Ceriani sottolinea accanto alla linea fluida e intimizzante che pare circoscrivere significati arcani, la raffinata tavolozza cromatica "con colori sedati dal tempo", il senso letterario "che si somma a una vivace cultura visiva", la "meditata e intelligente rivisitazione in cui i richiami della classicità (intesa anche come cultura nativa), si coniugano sorprendentemente con l'esigenza del moderno".

06/17/2005

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