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Con il petrolio sotto ai piedi

Nel territorio varesino potrebbe esserci il metano o addirittura il petrolio. Chi e perché è contrario alle trivellazioni.

Che sotto ci sia il petrolio ancora nessuno lo sa. Ci potrebbe essere anche "solo" metano. Oppure si potrebbe nascondere, appunto, l'oro nero. A Malnate come a Binago. Nel Varesotto come nel Comasco, la ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi teoricamente potrebbe iniziare come ha stabilito la giunta regionale con una delibera del 12 luglio scorso. Ma tutto, ancora, è al condizionale. Al condizionale c'è la possibilità reale che perforando la terra nel comune confinante con Varese si trovi petrolio, al condizionale c'è la stessa possibilità che le società petrolifere (ma che si occupano anche di elettricità e comunicazione) inizino a trivellare, a scavare, ad andare sotto. Già, perché alla parola "ricerca di petrolio in località denominata Malnate", apriti cielo. Gli ambientalisti sono già sul piede di guerra, il sindaco ha snocciolato parole durissime di danno all'ambiente, lo stesso consiglio provinciale varesino ha rispedito al mittente la delibera del Pirellone, chiedendo senza mezzi termini di tornare sui propri passi. Ma quali sono le paure? C'è chi parla di disastro ambientale da evitare, chi di decisione inutile visto che già anni fa, sulla linea di confine tra le due province un tentativo era stato fatto dall'Agip ma niente era venuto a galla (idrocarburi compresi), chi di sperpero di denaro. Se da un lato anche i residenti in città hanno annunciato "proteste e manifestazioni" all'urlo di "no" al petrolio, dall'altro ci sono timidi tentativi di sollevare il caso, contrario, di "un'occasione unica da sfruttare, per una volta, in terra varesina".
Ma andiamo con ordine. Il 15 giugno 1999 le società Edison Gas SpA e Enterprise Oil SpA avanzano una richiesta a Roma al Ministero per le attività produttive. Scopo: ottenere il "permesso per la ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi". Permesso da rilasciare per la zona compresa tra Malnate e Binago, in un'area comprendente 22 comuni della provincia di Como e 44 della provincia di Varese. Passano due anni (gli iter burocratici, tra una stanza e l'altra dei Ministeri, si sa, sono lunghi) ed ecco che il dicastero, analizzati i termini della richiesta assolutamente "nella norma, in base a tutti i requisiti ambientali richiesti in operazioni di trivellazione ed escavazione", dicono dal Ministero, "gira" la richiesta alla Regione Lombardia. Dopo 12 mesi di analisi arriva la delibera: sì alla ricerca. Ora la palla ripassa al Ministero, per l'approvazione definitiva richiesta dalla legge. Edison Gas e Entreprise Oil sono dunque a un passo dal ricevere il permesso. La Edison (attiva nell'energia elettrica, nel gas naturale, nelle telecomunicazioni e nei servizi idrici integrati, 2.300 dipendenti, nel 2001 ha realizzato ricavi netti per circa 3.400 milioni di euro), nel comparto Gas, ha un'esperienza ventennale alle spalle nella ricerca e nel trattamento di perforazione per la raccolta di idrocarburi. Nel 1987 entra in esercizio, infatti, la piattaforma per l'estrazione del grezzo da Vega, il più importante giacimento petrolifero italiano. "Questo significa - spiegano alla sede Edison Gas di Roma - massima competenza in ogni ambito della ricerca di gas, senza nessun pericolo per l'ambiente".
Ma come verrà effettuata la ricerca? Per ora, di certo, c'è poco. Non si conoscono la zona precisa in cui tecnici, ingegneri e scienziati si potrebbero mettere al lavoro (il progetto preliminare si basa su rilievi geologici, di caratteristiche "fisiche" del terreno idonee, potenzialmente, alla presenza di idrocarburi gassosi e liquidi, e quindi anche del petrolio), se non l'indicazione generica di piana di Malnate, né le eventuali modalità di trivellazione. I lavori, comunque, dovrebbero essere pianificati in sei anni. "Il tutto realizzato in tempi e modi precisi", fanno sapere sempre alla Edison. Innanzitutto ci sarebbe una prima fase di esplorazione e studio: l'Edison (nel caso tutto procedesse secondo i piani) deve acquisire duecento chilometri di "linee sismiche" realizzate dall'Agip negli anni scorsi durante le prime ricerche di idrocarburi tra Varesotto e Comasco. La linea sismica serve per capire quale potenziale di "energizzazione" si nasconde sotto il terreno, attraverso misurazioni assicurate dai geofoni. Dispositivo utilizzato appunto nei rilievi sismici terrestri per rilevare l'energia riflessa dai diversi strati del sottosuolo. Una volta analizzate le linee sismiche si passa alla fase delle ricerche topografiche per capire se nel terreno ci sono giacimenti, accumuli cioè di petrolio o gas in quantità e condizioni tali da permetterne l'estrazione con una convenienza economica. "Un accumulo di idrocarburi - spiegano gli addetti ai lavori - comporta l'esistenza di una roccia serbatoio, porosa e permeabile, in cui possano confluire gli idrocarburi e di una roccia di copertura impermeabile, sovrastante la roccia serbatoio". Solo al termine di questa minuziosa analisi del terreno, in caso di riscontri positivi, inizia la perforazione a una profondità di 5 chilometri e 500 metri sotto terra.
Criteri, dunque, precisi, che secondo le società non mettono assolutamente a repentaglio lo stato di salute dell'ambiente (di avviso opposto associazioni verdi e residenti). Anche perché, se il Ministero dicesse il "sì" definitivo, la Regione controllerebbe con rigore il rispetto delle procedure necessarie, nel corso degli anni previsti dal piano. "Nessun lavoro - precisano al Pirellone - potrà partire senza la presentazione di tutta la documentazione necessaria a tutti gli enti locali competenti, dalla Regione al Ministero dell'ambiente al Ministero per le attività produttive, oltre che agli enti locali interessati ai lavori". In questo caso il Comune di Malnate (considerando il Varesotto) e la Provincia di Varese. Poi ci sono modi di lavorazione sul terreno che non devono essere "aggressivi". Sono banditi, per esempio, gli esplosivi per la perforazione. Il tutto sottoposto alla "regia" di una Valutazione di Impatto Ambientale preventiva che sarà studiata da esperti e consulenti della Regione. Nel caso di ritrovamento, ci sono procedure rigide da seguire. La maggiore o minore facilità di estrazione dipende dal grado di fluidità del greggio e dalla permeabilità della roccia porosa che lo racchiude. La pressione che gli permette di risalire in superficie è data dalla presenza in soluzione di idrocarburi gassosi. Una volta effettuata la trivellazione della roccia, la spinta si distribuisce in tutte le direzioni e non solo verso l'alto, determinando la cosiddetta perdita di carico inevitabile. Esaurito il giacimento, resta una roccia spugnosa vuota. Ma a livello ambientale, i livelli di guardia e salvaguardia negli ultimi anni sono cresciuti in maniera esponenziale. Un tempo si recuperava solo il petrolio che usciva spontaneamente dal sottosuolo, invece oggi si procede al recupero secondario mediante i sistemi di gas injection oppure di water injection che consistono nel pompaggio sotto terra di gas o acqua, allo scopo di spingere verso l'alto il greggio rimasto nella roccia spugnosa e ormai privo di pressione.
Nonostante le rassicurazioni, chi abita a Malnate non ci sente. Il petrolio, da queste parti, è diventato il mostro. La campagna che gli ambientalisti stanno portando avanti è "di massima allerta contro un pericolo enorme, di rischio ambientale". Dal sindaco di Malnate, Olinto Manini, che ricorda il passato ("Furono fatte ricerche anni fa, non fu trovato nulla, non si può continuare a martoriare il nostro territorio, senza parlare del fatto che nessuno ci ha avvertito della possibilità di tornare a cercare il petrolio", ha spiegato), a consiglieri regionali dei Ds e di Rifondazione, che hanno fatto proprie le istanze dei malnatesi presentando mozioni al Pirellone. Esattamente come successe negli anni '90. La zona, come già detto, era stata interessata in passato da ricerche condotte dall'Agip (campagna "Castelseprio"). Si erano infatti già manifestate forti opposizioni all'insediamento di attività estrattive "in un'area - si disse allora - densamente popolata e gravata da un forte carico viabilistico". Si aprì un forte contenzioso tra amministrazioni locali e comitati ambientalisti, da una parte, e Agip dall'altra, fino alla decisione dell'Agip di abbandonare la ricerca nel 1999. I punti di maggiore contestazione e preoccupazione riguardavano il fatto che, secondo i Comuni interessati, "l'autorizzazione all'attività estrattiva era stata concessa sulla base di documentazioni catastali a datate (anni '50), e non rispondenti allo stato di fatto dei luoghi che nel frattempo avevano subito un forte processo di antropizzazione e di consumo del territorio". A queste voci si è aggiunta anche la posizione della Provincia di Varese: il Consiglio provinciale ha infatti chiesto alla Regione Lombardia di sospendere il permesso e di riaprire l'istruttoria coinvolgendo gli enti locali e le associazioni interessate. Pochi, invece, si sono fatti avanti per appoggiare la ricerca. Pochi hanno fatto i conti con le possibilità di lavoro e di investimenti da sfruttare in terra varesina, tenendo conto che i giacimenti petroliferi in Italia (sempre che esistano a Malnate, ma finché non si cercano…) sono pochi e che l'estrazione sul territorio, allo stato attuale, è pari solo al 5% del fabbisogno. Le risorse mondiali di petrolio sono abbastanza limitate, secondo stime del 1990, ammontavano a circa 135.000 milioni di tonnellate (23 miliardi di barili), corrispondenti al consumo di 45 anni. Ogni anno è anche vero che si scoprono nuovi giacimenti e che la tecnologia per sfruttarli diventa sempre più raffinata. Il tasso di recupero è salito al 55%: il greggio è, infatti, mescolato con rocce spugnose e fino ad alcuni anni fa si riusciva ad estrarre appena un quinto del petrolio nascosto nel sottosuolo, oggi si è arrivati a più di metà. Da Malnate e Binago, insomma, potrebbe derivare parte del petrolio (ma anche del metano, dal momento che il più delle volte dove si trova uno c'è anche l'altro) utile, in Italia, non solo a far andare macchine e motorini e termosifoni, ma anche a costruire frigoriferi e sacchetti per la spesa, fibre tessili, calze e farmaci. Oggetti della vita quotidiana. Che, se ben utilizzati e smaltiti, non inquinano e non sporcano.

11/21/2002

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