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Acqua passata non macina più

Breve itinerario fra natura, arte e storia per i mulini dell'alto Varesotto, dove il tempo s'è fermato… quasi per tutti


"Fino a una cinquantina di anni fa quella forza trasmessa serviva a macinare grano, segale, cereali, ma anche noci e semi di lino”, un'attività che "documenti conservati all'Archivio di Stato di Milano sembrerebbero - il condizionale è d'obbligo - attestarne l'esistenza fin dal 1449”. Così Gianni Pozzi nel catalogo della mostra che il Comune di Varese dedicò giusto un anno fa ad Innocente Salvini che di quell'attività - e di quel mulino - è stato e rimane l'anima artistica, il cantore umile (Innocente… di nome e di fatto) ed infuocato (i gialli, i rossi, i verdi smaglianti dei suoi quadri…). Da quasi mezzo secolo la figura del mugnaio è un ricordo anche qui, in quest'angolo bloccato dal tempo che segna il confine tra i comuni di Coquio Trevisago e Gemonio (da qualsiasi parte si giunga a Gemonio, i cartelli gialli conducono in loco), ammantato dal verde dei boschi e dalla voce cristallina del torrente Viganella. Eppure, la grande ruota del mulino gira ancora, bene inteso solo in occasione di qualche mostra d'arte ambientata nei locali che furono di lavoro e d'abitazione povera, ma dignitosa. Ed è uno spettacolo frammisto della natura e dell'uomo, lasciarsi trascinare dai sensi (la vista, certo, ma anche l'olfatto e, soprattutto, l'udito) nel rumore straziante delle pulegge che trascinano ingranaggi costruiti quando la civiltà era ancora contadina e il sistema industriale muoveva solo i primi passi. Del resto, "i mulini hanno rappresentato il primo modello della fabbrica, in quanto è in queste strutture che si ha un abbinamento di macchina ed edificio, associazione legata ad evidenti esigenze di economicità e razionalizzazione degli sforzi, al fine di ottenere il massimo sfruttamento delle condizioni geomorfologiche, con il minor costo possibile”, scriveva Renata Castelli in occasione di una mostra sull'archeologia industriale che ancora il capoluogo ospitò nel 1989. In quasi vent'anni, la sensibilità collettiva verso questo genere di manufatti è indubbiamente cresciuta.
La stessa famiglia Salvini ha costituito l'Associazione Museo Salvini e trasformato il luogo in museo, con l'impegno di conservare in perfetta efficienza mole, ruote, ingranaggi, nastri trasportatori, canali, chiuse, ma anche il lavatoio, il forno per il pane, il camino… e col buratto sempre pronto a far sentire la sua voce metallica e insistente. E' bello aggiungere anche questi frammenti di storia ad una visita consapevole al museo-mulino (tel. 0332.602161).

I BERNASCONI, FAMIGLIA MOLINARA DA CINQUE SECOLI
A Malnate, proprio ai piedi della salitella che, provenendo da Varese o da Cantello, conduce in paese, sembra di fare un salto da… "albero degli zoccoli” stile Ermanno Olmi. In via Zara sopravvive per merito di Piernatale Bernasconi, di papà Giovanni e dello zio Luigi il mulino che nella catalogazione del 1989 viene denominato "la Folla”, dalla località omonima dove avveniva la follatura dei tessuti, "raro esempio, tuttora funzionante, di struttura produttiva conservatasi nei secoli”, essendo la prima attestazione ufficiale del 1722. La bellezza del luogo (originali la grande ruota in ferro, la pavimentazione in beole, la disposizione dei locali e gran parte dei macchinari, ma vale la pena fare quattro passi anche lungo la roggia Molinara derivata dal fiume Lanza) è aumentata proprio dal fatto che non ci si trova in un museo, ma dentro un manufatto "vivo”, nel quale (più per passione secolare -iniziò il bisnonno Giovanni, e siamo dunque alla quinta generazione- che per tornaconto economico) gesti, ritmi, odori (la media è di un quintale di grano macinato a pietra in un'ora) sono gli stessi di sempre. Qui si possono chiudere gli occhi ed immaginare il tempo che fu, mentre… si ordina un po' di farina gialla da polenta, derivata dal migliore grado "rosso” piemontese. E' utopia sperare che l'ente pubblico intervenga a salvare questo patrimonio prima che la vecchiaia avanzi e la passione lasci spazio alla stanchezza? Chissà, forse anche la ferrovia della Valmorea, che passa proprio accanto al mulino e viene riattivata proprio in queste settimane di primavera, potrebbe dare un mano in tal senso.

PIERO, GHIRLA E LA "CHICCA” DI SANT'AMBROGIO
Una sessantina sono le ruote da mulino ancora esistenti in provincia, anche se spesso ridotte in cattivo stato; ci limitiamo a segnalarvi ancora quelle dei Mulini di Piero lungo il torrente Giona (si lascia l'auto alla stazione della funivia, quindi ci si incammina per cinque minuti verso la frazioncina del comune di Curiglia e si seguono i cartelli per altri dieci minuti), oggetto di un intervento congiunto di recupero firmato da Comunità Montana Valli del Luinese e Provincia per un museo contadino che ricordi il lavoro concluso che qui venne concluso nel 1962. Infine, ma certo non ultimo, i più famosi mulino e maglio Rigamonti a Ghirla, poco distante dalla strada provinciale che si dirama fra Cunardo e Ponte Tresa, anche in questo caso perfettamente funzionanti e rimasti tali e quali all'interno di un contesto architettonico in pietra e legno di straordinario fascino per i quali vale il medesimo "appello” lanciato sopra.
Terminiamo con una chicca. C'è una via, a Varese, intitolata ai Mulini Grassi, dal nome della famiglia che ne fu l'ultima proprietaria. Si trova poco discosta dal rione di Sant'Ambrogio, il primo balzo con cui si lascia la città e si sale verso il Sacro Monte, ma prendendo a destra verso Induno Olona. Strada che per qualche centinaio di metri pare avvilupparsi su se stessa, contorcersi, avvilupparsi in mezzo ai prati e ad un gruppetto di case la più parte, ahimè, ridotta in malo stato. Ma una di esse è stata di recente ristrutturata a dovere e al suo interno (proprietà privata) conserva l'atmosfera della casa-mulino ed è un vero gioiello di storia; all'esterno è ancora la grande ruota che una volta serviva a ridurre in farina il frumento, la segale, il granturco. A due passi dal caos della città, qui sembra davvero che il tempo si sia fermato. Ma si tratta di "acqua passata”, che "non macina più”.

Dove mangiare e cosa leggere… pensando ai mulini

Qualche buona proposta per unire la visita storica alla gastronomia genuina non manca e senza scordare una buona lettura. Se vi trovate in Val Veddasca, potete accomodarvi in una delle tanti aziende agrituristiche della zona; "violini” e formaggi di capra sono le specialità da gustare, per esempio, all'agriturismo Kedo (0332.568501) della frazione Piero (ricordatevi che da Ambrogio troverete il miglior miele della valle e non solo) oppure al ristorante Barchet di Monteviasco (0332.568402), raggiungibile a piedi dopo 1.400 gradini nel bosco (tre quarti d'ora) o in funivia (5 minuti). In Valganna c'è un ristorante famoso, il "Tre Risotti” (Ganna, centralissima via Roma, che è poi la provinciale per Luino), dove ovviamente il risotto la fa da padrona sotto le specie più diverse, da quello alle ortiche a quello ai fichi (prenotare allo 0332.719720). A Malnate si può scegliere fra l'Osteria degli Angeli (cucina casalinga, anche per celiaci, 0332.427614) ed il Crotto Valtellina in località Folla (0332.427.
258), dove i pizzoccheri e la selvaggina sono di casa. Infine, il suggerimento letterario: Laura Rodolfi ha pubblicato per Macchione "Cascine, mulini e C, 7 itinerari alla scoperta delle architetture rurali”, agile volumetto che in meno di cento pagine vi fa scoprire gli ultimi reperti architettonici di civiltà contadina nel Varesotto.

La valle Olona è una delle aree di maggior pregio ambientale a artistico della provincia di Varese. Ed è stata una delle culle del processo di industrializzazione d'Italia. Una storia legata alla presenza dei mulini che, da luoghi ove avveniva la macinazione dei cereali, diventarono strumenti di produzione e di energia al servizio delle nascenti manifatture industriali. Motori dunque della modernizzazione.
Il volume di Luigi Carnelli, già sindaco di Gorla Maggiore, ha per argomento il fiume Olona e tutto quanto esso rappresenta dal punta di vista antropologico, industriale, umano ed affettivo per tutti gli insediamenti che nella storia si sono sviluppati lungo il suo corso.

Luigi Carnelli
Il fiume Olona.
Le acque, la storia, i mulini
Comune di Gorla Maggiore, 2006

05/11/2007

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