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Busto Arsizio e i suoi artisti

A Busto Arsizio un Museo completamente rinnovato con una Raccolta Civica organizzata per percorsi tematici e cronologici e sezioni artistiche: il tutto nell'antica cornice di palazzo Marliani Cicogna.

Il recupero dell'antica struttura edilizia e di nuovi spazi espositivi nell'ala est di palazzo Marliani Cicogna ha restituito alla città di Busto Arsizio il suo museo civico, la cui prima apertura era avvenuta nel 1990 per dare sistemazione al patrimonio artistico di proprietà comunale.
Ospitato nell'antico palazzo che fu dimora dei conti Marliani (tra il XVII e il XVIII secolo) e dei Cicogna (tra il 1799 e il 1822), il museo, grazie anche a un cospicuo contributo della Regione, appare coerentemente rinnovato nella veste. E' stato ricostruito, su progetto dell'architetto Augusto Spada, l'ambiente settecentesco; sono stati ripristinati alcuni elementi cinquecenteschi e messi in risalto i caratterizzanti elementi decorativi, come i soffitti a cassettoni dipinti e gli intonaci originari. Nell'insieme il museo risulta più godibile, anche nel percorso, offerto da un allestimento organico e ragionato, suddiviso per sezioni, secondo criteri tematici e cronologici. E nuovi spazi espositivi, per il deposito di opere e l'allestimento di esposizioni temporanee, sono stati ottenuti accanto agli ambienti per la esposizione permanente.
Alle più importanti e datate donazioni pervenute nel corso degli anni, frutto della generosità di cittadini e collezionisti o di acquisizioni volute dallo stesso Comune, si è potuta inoltre aggiungere una nuova sezione dedicata alla produzione più recente di artisti del territorio o vincitori delle edizioni del Premio Città di Busto. Segno di quel fermento artistico che ha sempre caratterizzato la vita del museo, dove si sono succedute rassegne ed eventi dedicati a maestri contemporanei o a maestri dell'800 legati alle tematiche delle collezioni presenti.
Seguendo la successione cronologica è la sezione dedicata alla pittura devozionale ad aprire il percorso museale di palazzo Marliani-Cicogna, con begli affreschi del Cinquecento e Settecento staccati da edicole, chiese o cascine e alcune tele provenienti dall'Oratorio di San Bernardino, sito in località Cascina de' Poveri, ove ebbe i natali la beata Giuliana: una Deposizione e una Crocefissione si segnalano tra i primi, un'Andata al Calvario, un'Annunciazione di Antonio Crespi Castoldi (1680), e una Circoncisione del Battista tra le seconde.
A queste opere s'è affiancata, in occasione della presentazione del nuovo allestimento, la recente donazione del pittore Carlo Farioli, diciotto acquerelli riproducenti dipinti un tempo presenti in angoli di cortili o lungo le strade della città, a testimonianza di una devozione vissuta nel segno dell'antica religiosità popolare.
La Deposizione o estensione del corpo di Cristo, pervenuta nel 1956 come lascito dell'avvocato Antonio Vitali, rappresenta la prima, cospicua donazione al museo cittadino in ordine cronologico e costituisce una sezione a se': di attribuzione finora non definita, ma, secondo le più recenti valutazioni, da ascriversi probabilmente alla cerchia dei manieristi lombardi e ad un ambito cronologico tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo, è tra le opere più importanti di palazzo Cicogna, assieme al bel Ritratto del Conte Ambrogio Nava (1852), significativo olio su tela in deposito dalle collezioni dell'Accademia di Brera firmato dall'Hayez.
L'opera dell'Hayez (1791-1882) è inserita nella sezione dedicata all'Ottocento romantico e verista che comprende tra l'altro anche un interessante Ritratto del pittore Domenico Morelli di Francesco Lojacono (1841-1915), una bella Marina di Attilio Pratella (1856-1949) e un intenso Volto di Popolana di Giacomo Favretto (1849-1887).
Riporta invece ancora al tema sacro e alla preziosa arte del Seicento e Settecento lombardo la donazione Don Marco Rossi ('94), comprendente quattordici dipinti collocabili tra il XVI e il XIX secolo, alcuni dei quali attribuiti a Polidoro da Caravaggio (1499-1543), ad Ambrogio Figino (1548-1608) e a Giacomo Cavedoni (1660). Notevoli anche le due pale di ambito milanese del XVIII secolo, Un Santo vescovo guarisce un cieco e Miracolo di San Biagio.
Di particolare interesse la presenza di Biagio Bellotti (1714-1789) e di Giuseppe Bossi (1777-1815), entrambi nativi di Busto. Il primo, ben noto nella società del suo tempo, fu autore di testi teatrali e musicista. Artista poliedrico, si distinse nel campo delle arti figurative, come dimostrano anche due suoi lavori in mostra a palazzo Cicogna: una Deposizione e Vergine col bambino dormiente e il Progetto per basamento di pala di altare, disegnato a china. Il secondo, di antica famiglia bustese, fu poeta e saggiatore, oltre che pittore di riconosciuti meriti, protagonista tra i protagonisti del neoclassicismo lombardo. Suoi, tra altre opere, il bel Ritratto virile (1810) e il Sacrifizio di Lucrezia romana.
Notevolissima tra le sezioni quella dedicata alla donazione Crespi Legorino, pervenuta nel 1991 da Gaetano Crespi Legorino, nipote dell'omonimo poeta e studioso del dialetto milanese, fratello a sua volta di Enrico e di Ferruccio Crespi, rispettivamente pittore e scultore. Figli dell'industriale cotoniero Giovanni Crespi, i due artisti lasciarono Busto per Milano, dove vissero e lavorarono intensamente, senza interrompere mai il legame con la città natale. Gli spazi loro dedicati a palazzo Cicogna ripropongono il clima della Milano di fine Ottocento in cui vissero. Si veda il ritratto di Enrico eseguito da Gioacchino Banfi (1851-1885), ma anche quelli di Gaetano e di Ferruccio, di mano di Cesare Tallone (1853-1919), pittore con cattedra alla Accademia Carrara di Bergamo e poi a Brera, ritrattista celebrato e ricercato nel capoluogo lombardo come caposcuola del genere. O infine il bel ritratto giovanile della madre, la contessa Agnese Rusconi, di autore ignoto. E dello stesso Enrico sono i ritratti della figlia Aurora, del padre Giovanni, e ancora della madre e della zia. Enrico Crespi (1854-1929), in quanto rappresentante eccellente dell'arte lombarda della seconda metà dell'Ottocento, è presente nel percorso museale anche a fianco di Emilio Magistretti (1851-1936), altro allievo dell'Hayez. La Filatrice del 1906 e l'Autoritratto giovanile del primo s'affiancano ai nudi del Magistretti, tra cui spicca la Bagnante (1921).
Un posto a se' nel percorso museale è stato giustamente riservato alla produzione di un altro figlio di Busto, quell'Arturo Tosi (1871-1956), raffinato pittore di paesaggi e nature morte, che fu amico in gioventù di Margherita Sarfatti, di cui frequentava il celebre salotto. L'arte di Tosi prelude a quella di altri validi colleghi bustesi, brillanti e originali interpreti dell'arte di inizio Novecento: come Angelo De Bernardi, Angelo Bottigelli, Giovanni Giavini, Giuseppe Rebesco, Mario Somasca, Waifron Torresan, Umberto Montini e Pierino de Bernardi, attivi nei primi decenni del Novecento. O come Dino Baranzelli, Carla Galdabino, Pietro Giavini, vivaci e originali animatori dell'arte degli anni Sessanta.
Tra gli artisti ancora attivi sul territorio s'incontrano Aldo Alberti e Aldo Neri, protagonisti di alto livello delle vicende artistiche più recenti. Neri ha contribuito ad accrescere le collezioni di Palazzo Cicogna con una donazione di 22 suoi lavori. Fanno parte inoltre della sezione dedicata alla contemporaneità anche alcune opere sparse, ma significative, di autori come Brindisi, Migneco, Maccari, Salvini, Tavernari, Treccani.
La visita del museo, destinato ad accogliere sempre nuove donazioni e acquisizioni grazie alla spinta dell'intensa attività che lo caratterizza, rappresenta dunque un importante momento per chi desidera conoscere vicende e protagonisti dell'arte di un territorio non secondo ad altri. Per bravura e impegno degli artisti che in Busto ebbero, e ancora hanno, i natali. Ma anche per l'attenzione riservatale per tradizione dai suoi cittadini, convinti sostenitori degli artisti, e non di rado munifici, appassionati collezionisti.

06/20/2002

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