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L'Eremo si fa ancora più bello

Tante le novità messe in atto e i progetti previsti per riportare agli antichi splendori l'Eremo di Santa Caterina del Sasso. Il restauro della Sala Capitolare brillante esempio di questo impegno.


L'Eremo di Santa Caterina del Sasso venne fondato intorno al 1170 dal commerciante Alberto Besozzi in un luogo assai impervio quanto affascinante sulla costa del lago Maggiore, il Sasso Bàllaro dove, tra storia e leggenda, pare che questi fosse approdato fortunosamente durante una tempesta. Per anni perla grezza del patrimonio artistico del territorio varesino, oggi l'Eremo sta rivestendosi di un nuovo splendore grazie ai grandi lavori di recupero strutturale ed artistico intrapresi dalla Provincia, proprietaria del complesso dal 1979, e portati avanti dall'entusiasmo dell'Assessore provinciale al Patrimonio, Beni Artistici ed Architettonici, Giovanni Battista Gallazzi, al fine di restituire valore e potenzialità ad un sito che ospita più di 100.000 turisti l'anno.
Si è provveduto al consolidamento della montagna ove è sito l'Eremo e al suo continuo monitoraggio, alla riprogettazione delle aree di parcheggio, al recupero, con una spesa preventivata di 1.800.000 euro, delle Cascine del Quiquio che ospiteranno entro il 2007 diverse strutture turistiche ricettive, alla realizzazione di un ascensore a pozzo per agevolare l'accesso all'Eremo. Ma soprattutto va apprezzata la grande opera di restauro conservativo degli affreschi iniziata nel 2003, per una costo complessivo di 430.000 euro, ormai in fase conclusiva. Perché se è vero che tutti gli altri interventi sono stati necessari affinché il monastero non cadesse in rovina crollando nel lago insieme alla montagna, e per anni si è disperato che accadesse, è anche sì vero che scendere 267 gradini e trovarsi immersi in un'atmosfera rarefatta tipica dei paesaggi lacustri calpestando secoli di storia, circondati da affreschi dai colori nuovamente brillanti, è una sensazione tra le più piacevoli che si possano provare.
Il caso più interessante fra i lavori di recupero che hanno interessato gli affreschi, è sicuramente rappresentato dalla Sala Capitolare, impropriamente chiamata così anche se in realtà si trattava del refettorio trecentesco dell'Eremo. Sono stati innanzitutto necessari interventi in profondità sui muri e la ricostruzione totale del soffitto ligneo. La copertura più antica, rappresentata da una volta a crociera di tipo pensile tipica del gotico lombardo, è andata distrutta con la trasformazione della Sala in foresteria nel XVI secolo e con la suddivisione in due piani distinti. Il restauro ha voluto mettere in evidenza i quattro sguinci della volta per permettere allo spettatore di immaginare la copertura originaria, la cui ricostruzione risulta tanto più semplice se ci si reca nella Chiesa attuale di Santa Caterina e si guarda al grande spazio rettangolare a sinistra dell'altare maggiore, un tempo presbiterio dell'antica chiesa orientata (n.d.r. orientata ad est, come nella tradizione della Chiesa antica) di S. Nicolao. L'Eremo visse due momenti molto importanti e fortunati, in secoli lontani tra loro, che ritroviamo nella diversità degli affreschi compresenti nella Sala Capitolare. Al primo periodo, agli inizi del Trecento, grazie al priore Gaspare De Rogiatis, si ricollega la bellissima Crocifissione con armigeri, oggi molto sacrificata ma che un tempo, con la sua fiabesca bellezza, occupava probabilmente l'intera parete orientale della sala. Il grande affresco, opera di un artista legato alla tradizione lombarda riconducibile a Michelino da Besozzo, forse lo stesso autore degli affreschi della Rocca di Angera, fu voluto insieme alla chiesa di S. Nicolao dal De Rogiatis e forse ci tramanda un ritratto dello stesso priore nelle figura vestita di rosso posta tra gli armigeri. Il secondo periodo importante per l'Eremo invece risale alla prima metà del Seicento, prima con il priore Guazzo, il cui nome e stemma è ben leggibile nella decorazione ad affresco della cappa del camino nella parte alta della Sala. Quindi con il priore Giulio Cesare Martignoni e suo nipote Francesco entrambi ritratti in veste monacale all'interno del sacello del Beato Besozzi. Come spesso avveniva in passato i committenti di un'opera artistica, qualunque essa fosse, ci tenevano non poco alla loro visibilità pubblica e al ricordo dei posteri. Nonostante la loro comprensibile vanità, i Martignoni arricchirono di affreschi tutto l'Eremo. In particolare la Sala, ormai trasformata in foresteria, venne decorata da motivi più leggeri e graziosi come decorazioni floreali e tendaggi tromp l'oeil. Tra questi due momenti fondamentali per la storia di Santa Caterina del Sasso si può ricostruire, con un divertente gioco di immaginazione, la vita passata dell'Eremo attraverso gli altri affreschi presenti e fortunatamente tornati ad uno splendore inimmaginabile, soprattutto se si ha ben presente lo stato di abbandono in cui versava l'Eremo, a nostro avviso un gioiello unico nel suo genere. Tra questi tesori vogliamo almeno ricordare, per la complessità dei lavori resi necessari al recupero dell'opera, la bella pala d'altare di Giovanni Maria Crespi, pittore bustocco vicino al più noto Bernardino Luini, una Crocifissione che prima era collocata sopra l'affresco trecentesco di S. Nicolao e che ora è stata appropriatamente collocata nella Sala Capitolare. Visitare oggi S. Caterina del Sasso e scoprirne la sua rinnovata bellezza ci permette anche di ricostruire le diverse fortune, i brevi splendori e i successivi abbandoni di una piccola sala che può essere presa a simbolo della storia dell'Eremo. Sopravvissuta miracolosamente ai secoli, all'incuria degli uomini e alla ben nota umidità lacustre, se si volesse raccontare la storia completa della Sala Capitolare di Santa Caterina del Sasso, si dovrebbe anche dire che tutti gli affreschi vennero coperti da una mano di calce, che il camino del piano superiore venne trafugato insieme a molti altri tesori, che questo trecentesco refettorio, quindi foresteria come tutto l'Eremo non venne abitato da religiosi dal 1769, per editto dell'Imperatrice Maria Teresa d'Austria, fino al 1970, che venne usata anche come osteria e che l'ostessa, fino a non molti anni fa, abitava al piano superiore della sala adibita ai commensali. Finché un giorno caddero un po' di massi dall'alto del Sasso Bàllaro, sfondarono il tetto malconcio e l'ostessa cadde rovinosamente dal proprio letto giù, fino al piano inferiore. Miracolosamente non si fece nulla. Il Beato Alberto Besozzi deve avere messo, nonostante tutto, una buona parola.

06/10/2004

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